Il Festo Motion Terminal VTEM, il dispositivo Festo che ha rivoluzionato la pneumatica per l’automazione industriale integrandola alla filosofia Industry 4.0 grazie a una tecnologia basata sulle App.
Tra i primi promotori in Germania e nel mondo dell’idea di Industry 4.0, Festo ha imboccato con decisione la strada dell’innovazione lungo l’intera catena del valore. Ne parliamo diffusamente con Antonio Parodi, Managing Director di Festo Italia.
di Riccardo Oldani
Festo (www.festo.com/cms/it_it) produce e fornisce soluzioni di automazione industriale sulla scena globale da oltre 60 anni. Un’azienda fondata negli anni ’50 dalla famiglia Stoll, tuttora titolare, ubicata a pochi chilometri da Stoccarda e sviluppatasi rapidamente su scala mondiale, con un’organizzazione articolata su tutti i continenti. Tra i primi promotori in Germania e nel mondo dell’idea di Industry 4.0, Festo ha imboccato con decisione la strada dell’innovazione lungo l’intera catena del valore. Pilastri del percorso sono la crescente adozione di tecnologia digitale nella proposta di automazione e di intelligenza artificiale nei processi. Un impegno, spiega Antonio Parodi, Managing Director di Festo Italia, che non può essere disgiunto dalla diffusione della conoscenza, realizzata attraverso un’intensa attività di formazione e consulenza industriale. Ecco come uno dei principali Gruppi mondiali del settore vede il futuro.
Antonio Parodi, Managing Director di Festo Italia.
D. Cos’è oggi Festo e quali sono gli obiettivi della società alla luce delle nuove sfide di settore?
R. Festo è nata come azienda di automazione con la movimentazione pneumatica, sulla quale è stata sovrapposta una progressiva e costante integrazione di elettronica e digitalizzazione, aprendo così la strada allo sviluppo di un’architettura che abbraccia oggi molte delle esigenze nella parte control e motion delle piattaforme di automazione. Proponiamo e forniamo, infatti, soluzioni focalizzate alla produzione e al controllo della movimentazione, dotate della sensorizzazione di campo e dell’intelligenza distribuita o concentrata richieste dai progettisti e utilizzatori di impianto.
Nati nella Factory Automation, la cosiddetta automazione “discreta”, abbiamo ampliato la proposta di tecnologia anche nel mondo del processo, il “continuo”, grazie alla flessibilità delle piattaforme sviluppate in collaborazione con i nostri clienti. In termini di presidio, abbiamo una propensione fortemente internazionale e siamo organizzati in poli che investono e decidono in maniera autonoma per anticipare i trend e i bisogni specifici di ogni area geografica. Il polo asiatico, ad esempio, registra una crescita molto rapida nell’elettronica e nel light assembly di volume, settori in cui siamo presenti con proposte fortemente radicate. L’Europa, importantissima sia per la domanda di automazione sia per le dimensioni dell’industria manifatturiera, ha esigenze differenti, più orientate alla customizzazione e al posizionamento premium della tecnologia, e a questo rispondiamo con un laboratorio di sperimentazione permanente, indirizzato dalle esigenze dei nostri clienti. Gli Stati Uniti e le Americhe sono in una posizione di collegamento, che permette loro di intercettare i trend più interessanti di Asia ed Europa.
D. In che modo il paradigma della digitalizzazione favorisce lo sviluppo di nuovi prodotti? E soprattutto, in cosa vi distinguete rispetto ai competitor?
R. Il nostro viaggio all’interno del mondo Industry 4.0, la culla della digitalizzazione, è iniziato circa 5 anni fa, quando, insieme a un gruppo di aziende tedesche nel mondo IT e dell’automazione industriale, abbiamo creato e inaugurato il Consorzio Industry 4.0. Una partecipazione che ha indirizzato le scelte dell’azienda. Il nostro “digital journey” si è infatti caratterizzato per tre ingredienti: la ricerca di tecnologie che sfruttino al massimo le potenzialità della digitalizzazione, l’adozione di processi digitali nella ricerca e sviluppo, distribuzione e produzione e, infine, l’incremento, all’interno del nostro personale e con i nostri clienti, di competenze digitali.
Il vantaggio distintivo nella collaborazione con Festo risiede in un DNA fondato sul patrimonio tecnologico, da un lato, e sulla vocazione ad operare sulle competenze e sulla consulenza industriale. Combinata a quella vocata all’automazione, abbiamo un’anima Consulting Training e Education, Festo CTE, che interpreta le esigenze di formazione e innovazione organizzativa e di processo e le trasforma in progetti di consulenza e training per le imprese del settore.
Tre gli ingredienti dell’approccio Industry 4.0 di Festo: la ricerca di tecnologie che sfruttino al massimo le potenzialità della digitalizzazione, l’adozione di processi digitali nella ricerca e sviluppo, distribuzione e produzione e, infine, l’incremento di competenze digitali.
D. Quali saranno secondo lei le ricadute della rivoluzione in atto sulle piccole e medie imprese italiane?
R. I costruttori di macchine e la manifattura italiana sono i settori con cui collaboriamo quotidianamente; questi hanno intuito con largo anticipo che era fondamentale spostarsi verso le soluzioni high-end, premium, per sfruttare il patrimonio di conoscenze acquisite più difficili da replicare. Il punto di domanda, da vedere non come un rischio quanto come un’opportunità, sta nell’evoluzione dei modelli di business. Le potenzialità messe a disposizione della tecnologia potrebbero trasformare il concetto di vendita di un impianto, di un macchinario o di un bene in senso più esteso, in qualcosa di più vicino alla cessione di un servizio. Una delle questioni da risolvere potrà essere quindi quella dei flussi di cassa, oggi connessi alla vendita di un macchinario, ma che potrebbero diventare continui e fluidi e incidere in maniera significativa sulla gestione del rischio. E la sfida non è soltanto italiana, ma globale.
D. Come vi state preparando a questo cambiamento?
R. Con un’organizzazione estremamente verticale incentrata sui clienti e sui potenziali scenari di sviluppo. Dal 2009 non siamo più un provider di tecnologia che presidia il territorio, ma siamo organizzati in settori per concentrazione industriale e quindi di competenza applicativa: alimentare, packaging, automotive, assemblaggio, macchina utensile, plastica, ceramica, tessile…solo per citarne alcuni tra i più rilevanti nel nostro Paese. In questi ambiti gestiamo tutta l’attività, dal contatto quotidiano con il cliente alla ricerca e sviluppo, in forma verticale per captare i segnali di cambiamento e le richieste manifestate dai nostri clienti e tradurli in soluzioni adeguate. A livello mondiale l’organizzazione è identica, producendo un beneficio di competenza e network rilevante nel servire e connettere le realtà italiane ai loro mercati di destinazione nel mondo.
D. Il contributo delle vostre soluzioni nel promuovere lo sviluppo tecnologico nei diversi comparti industriali. Quali plus assicurate al mondo manifatturiero?
R. Gli sviluppi più brillanti riguarderanno l’integrazione della sensoristica, dell’elettronica e dell’intelligenza all’interno delle soluzioni meccaniche. La disponibilità di queste tecnologie rende possibile già ora la realizzazione di macchinari e architetture decisamente più flessibili rispetto al passato, più controllabili e capaci di rispondere a mutevoli esigenze, sia di volumi che di ricette produttive. Tutto ciò soprattutto in connessione a un approccio diverso nello sviluppo di nuove tecnologie, che per Festo è di natura modulare. I componenti della nostra gamma non sono oggetti a sé stanti, ma parti di un’architettura che rende possibile ai progettisti la “customizzazione standardizzata”, un paradigma impensabile nel passato e che oggi esalta flessibilità e controllo.
Un esempio emblematico è il lancio, in corso, della nostra piattaforma a matrice digitale, Festo Motion Terminal, che scompone un fluido continuo come l’aria compressa in “mattoni” digitali elementari e li ricompone secondo ricette applicative, sulla base di un concetto simile a quello delle App dei nostri smartphone. Ci apprestiamo quindi a condividere con i nostri clienti una soluzione che rivoluziona una grande porzione dell’automazione di campo.
I componenti della gamma Festo non sono oggetti a sé stanti, ma parti di un’architettura che rende possibile ai progettisti la “customizzazione standardizzata”, un paradigma impensabile nel passato e che oggi esalta flessibilità e controllo.
D. Quanto è importante il tema della sostenibilità?
R. Grazie alla lungimiranza dei proprietari di Festo, la famiglia Stoll, abbiamo anticipato le tematiche dell’efficienza energetica già agli inizi degli anni Novanta, quando la spinta della domanda richiese un forte incremento delle aree produttive. Il primo stabilimento di Festo in Germania per dimensioni, quello di Rohrbach, fu ampliato con soluzioni a impatto zero. Ne è nato un percorso di sviluppo esteso sui prodotti di automazione con obiettivo di costante riduzione dell’assorbimento energetico durante il funzionamento. La stessa attenzione è riversata nella scelta dei componenti, per la maggioranza recuperabili per valori prossimi al 100%: a fine vita rientrano nel processo produttivo.
D. Riguardo all’idea che l’automazione sottrarrà posti di lavoro come vi ponete?
R. L’interrogativo più significativo riguarda l’impatto dell’automazione e dell’intelligenza artificiale su molti lavori routinari, che si verificherà di sicuro e che impone la sfida di sviluppare competenze in grado di favorire nuove professioni, nuove mansioni, più legate alla creatività, cioè alla parte che non potrà essere riprodotta dalle macchine. Noi produciamo automazione e stiamo utilizzando in maniera crescente l’intelligenza artificiale, necessarie per essere più efficienti ma anche per costruire maggior valore aggiunto da ricondurre ai costruttori di impianti e loro utilizzatori. Questo percorso ha modificato in maniera sostanziale i profili di competenza dei collaboratori in ogni ruolo in Festo, ma con un saldo numerico fortemente positivo per numero di addetti. Vediamo, in sintesi, con certezza molte più opportunità che rischi.
D. Quali sono le direzioni di crescita per il mercato europeo? Pensate a un consolidamento o a un ulteriore sviluppo? E cosa vi aspettate dal mercato italiano per i prossimi anni?
R. Per noi l’anno 2017 è stato straordinario sia in termini di sviluppo assoluto che di salto rispetto all’anno precedente. Guardando ai dati di settore notiamo un’accelerazione da parte nostra più rapida rispetto alla concorrenza. Siamo cresciuti molto per fatturato, volumi e quota di presenza, confermando l’eccezionale trend degli anni precedenti. Ringraziamo per questo tutti i clienti e i partner che lavorano con noi, stimolandoci ogni giorno allo sviluppo di tecnologia “smart” per performance ed efficace per competitività produttiva.
Nel nostro mercato, il Piano Calenda si è rivelato un’iniziativa brillante nei tempi, nei modi e nella sostanza. Ci auguriamo, pensando a un modello tedesco, che questa misura possa raggiungere stabilità. Il principio dell’onda d’urto ha i suoi effetti benefici, ma risponde a una logica di primo soccorso, con risultati soprattutto di breve termine. Abbiamo necessità, invece, come comparto, di una misura strutturale. ©ÈUREKA!
Nel Technology Plant di Scharnhausen, in Germania, normali device come i tablet vengono usati con caratteristiche di realtà aumentata, e muovendosi nello spazio, interagiscono con i macchinari.