Federico Visentin, Presidente di CUOA, Centro Universitario di Organizzazione Aziendale.
Come evolve il mondo della formazione per far fronte all’innovazione nell’ambito delle attività finanziarie delle PMI, ma non solo? La parola a Federico Visentin, Presidente di CUOA, una delle principali scuole di management del nostro Paese.
di Simona Recanatini
Scuola di formazione di elevato livello, tra le più “vicine” alle PMI, CUOA, Centro Universitario di Organizzazione Aziendale (www.cuoa.it/ita), è un’importante Business School con sede ad Altavilla Vicentina, in provincia di Vicenza. Da oltre 60 anni, precisamente dal 1957, è una delle principali scuole di management del nostro Paese, un incubatore di idee e relazioni, il luogo in cui il sapere e il fare si incontrano e dove aziende e persone possono trovare il giusto terreno per stabilire nuovi punti di partenza, grazie a una costante attività di monitoraggio degli scenari. Oltre a Master, Corsi Executive e MBA, CUOA propone progetti custom per le imprese e interventi individuali per le persone, è Centro di competenza sulle tematiche del Lean Management, propone Attività di formazione e consulenza per l’area Banking e Finanza, Digital Business e Pubbliche Amministrazione, progetti di ricerca in collaborazione con istituzioni estere. Morale: l’innovazione è realmente parte costituente di gran parte dei master svolti nell’istituto. Per provare a comprendere come si sta evolvendo il mondo della formazione per far fronte alla giusta innovazione nell’ambito delle attività finanziarie delle PMI (ma non solo) abbiamo incontrato Federico Visentin, Presidente di CUOA, oltre che Vicepresidente di Federmeccanica e imprenditore a capo di un’impresa ad alta tecnologia e innovazione, la Mevis di Rosà, in provincia di Vicenza, importante produttore di componenti metallici.
Dottor Visentin, ci racconta brevemente come è nata CUOA?
CUOA nasce nel 1957 per volontà di un gruppo di imprenditori del Veneto in collaborazione con l’Università di Padova. L’esigenza era quella di avvicinare il mondo del lavoro con quello universitario che, in quegli anni, erano veramente molto distanti. La nostra è la Business School più antica d’Italia: lo scorso anno ha festeggiato il 60° anniversario. Le aziende che ruotano intorno alla nostra realtà sono circa 1.500, ogni anno abbiano circa 6-7.000 studenti, tra percorsi di master per i neolaureati e corsi Executive.
Qual è stata la chiave del vostro successo?
Fare alta formazione era l’obiettivo principale con cui è nata la scuola e questo ancora oggi ci contraddistingue. La formazione dei manager è tuttora la chiave del nostro successo. Le aziende sono spesso guidate da imprenditori, alcune sono a conduzione familiare: c’è un grande bisogno, soprattutto nei nostri territori, di far crescere i manager e le loro competenze. Questo è il nostro “core”. Abbiamo esteso in Italia il concetto di “Lean”, che oggi soprattutto nelle imprese di tipo manifatturiero, è fondamentale.
Villa Valmarana Morosini, ad Altavilla Vicentina, in provincia di Vicenza, sede della Business School CUOA.
Qual era il punto di riferimento della scuola?
Il nostro riferimento erano le imprese del territorio, per portarle a percorsi di crescita del proprio staff in tutti gli ambiti aziendali e accompagnarle in questo cammino. Il fattore “crescita” è trasversale: uno dei limiti del nostro tessuto, per esempio, è che le imprese sono ancora troppo piccole e dovrebbero invece trovare dei fattori di aggregazione. Ma in un terreno come il nostro, fatto di grandi individualità, mettersi insieme è difficile. È un processo che cavalca ostacoli atavici…
L’innovazione è sempre stata un vostro asset?
L’innovazione tecnologica è sempre stato un tema molto sentito nella nostra scuola. Già dagli anni ’90, per esempio, facevamo un master tecnico e specifico su temi di ingegneria e automazione integrata, per capire quali dovevano essere le chiavi per sviluppare le imprese anche da quel punto di vista.
Qual è il ruolo della formazione per facilitare la digitalizzazione delle fabbriche?
Il tema di Industria 4.0 non può essere relegato a un fattore di competenze tecniche legate solo alle nuove tecnologie: sono necessarie, ma il discorso è più generale, ed è di tipo culturale. Per questo siamo a fianco dell’Università di Padova, che fa da capofila per il Competence Centre nel Nord-Est, Digital Hub e tutto quello che prevede dei finanziamenti al territorio a fronte di iniziative che vedono protagonista il trasferimento tecnologico, in vari ambiti (ricerca, automazione di processi…). L’avvento di Industria 4.0, del resto, costringe a ripensare tutto il business aziendale, quindi non solo l’automazione dei processi produttivi.
In che modo potete essere d’aiuto alle aziende?
Mettere in pratica i principi Lean si rivela utile sia che si tratti di processi automatizzati che manuali: in entrambi i casi si devono fare delle azioni supportate dalla logica del miglioramento continuo delle procedure, e del contenimento degli sprechi. Come CUOA possiamo essere al fianco delle nostre imprese e aiutare chi deve prendere le decisioni ad avere sempre questi principi chiari in testa. Sarebbe folle spendere molti soldi in automazione per poi accorgersi che ci sono altri processi aziendali poco efficienti o tralasciare ambiti come per esempio la vendita online o la fornitura di servizi. Ma l’aspetto più sfidante è ripensare le nostre imprese e questa è la nostra competenza.
Come la mettete in pratica? E qual è la reazione dei vostri “clienti”?
Intercettare i bisogni dove ci sono o stimolarli laddove non ci si sta nemmeno pensando: è questo che cerchiamo di fare, come Business School, insieme alle Università. Chi si rivolge a noi è già consapevole che c’è un percorso da seguire, magari non ha le idee chiare ma è già avanti di un passo. Abbiamo visto crescere in maniera repentina, negli ultimi tre anni, il numero dei nostri Soci Sostenitori. Tra le aziende con cui collaboriamo, infatti, ce ne sono un centinaio che hanno deciso di sostenere CUOA con un contributo economico importante e ripetitivo negli anni. E ciò a fronte di una collaborazione che diventa a lungo termine, una sorta di partnership in cui proponiamo una serie di servizi a loro riservati. Sottolineo questo perché dà il segno che c’è un reale bisogno di mantenere un rapporto continuativo con un’istituzione come CUOA. Non si tratta più di colmare semplicemente una lacuna e poi tutto finisce lì: no. Si crea una relazione. Le dinamiche dei business, del resto, cambiano in continuazione. L’Automotive, per esempio, fino a ieri era un comparto molto challenging, ma stabile, c’erano dei volumi che venivano più o meno garantiti e potevi investire con una certa serenità. Oggi con tutti gli sconvolgimenti produttivi (ibrido, elettrico, metano…) il disorientamento è fortissimo e bisogna saper anticipare i bisogni con le mosse giuste.
Tutto questo è un fattore determinante sulla crescita delle imprese.
Esatto. CUOA deve creare le condizioni perché gli Executive ci siano e la condizione è la crescita. In un’azienda di piccole dimensioni è difficile trovare lo spazio di sostenibilità economica per inserire un Executive e talvolta è anche una questione di cultura imprenditoriale. Se vuoi ripensare il tuo business nei termini di Industria 4.0 devi attorniarti di determinate competenze e per farlo devi crescere. Devi saper trovare i fondi, devi conoscere i sistemi bancari, l’apertura del capitale… Queste competenze non sembrano immediatamente connesse alla digitalizzazione dei processi ma tutto va inquadrato in un sistema. Ed è sempre da ricondurre alla crescita. Al di là dei Master specialistici che offriamo, ci viene chiesta sempre più una consulenza per la customizzazione dei processi di formazione: andiamo nelle imprese, stiamo al loro fianco, creiamo le Academy aziendali.
In quali scenari e su quali temi si confronteranno i protagonisti dell’industria manifatturiera?
Dobbiamo essere ottimisti. Chi dice che l’azienda manifatturiera in Italia è destinata a sparire deve ritornare sui propri passi e ce lo conferma la Germania, che dimostra che si può fare molto bene in quest’ambito. Ma c’è il tema del costo del lavoro. La manifattura è il comparto dove esiste ancora un alto contenuto di manodopera. Il paragone dei costi in Italia con quelli del resto d’Europa non è equo, e non solo in termini di cuneo fiscale, ma anche per il costo della vita che in Paesi come la Slovacchia è nettamente inferiore. Sono queste le realtà con cui si confrontano le nostre aziende. Ecco quindi che il 4.0, se ben introdotto e congegnato, permette davvero di fare la differenza. L’automazione vera e propria dei processi deve essere smart, il concept con cui vengono disegnate le linee di produzione deve essere efficace, con la massima attenzione alla riduzione degli sprechi e alle logiche di efficienza. Ancora una volta tutto si riconduce ai principi Lean, concetti importanti che valgono non solo per l’industria di tipo tradizionale. E non si progetta una linea efficace se a monte non ci sono i principi Lean.
FOCUS 1: COSA DOBBIAMO ASPETTARCI NEL FUTURO?
Sta cambiando la pelle dei nostri operatori: abbiamo bisogno di introdurre competenze sempre più elevate. Questa è un’ottima notizia per i nostri giovani, che hanno davanti delle belle prospettive. Dobbiamo aiutarli a comprendere che devono lavorare sulle proprie competenze. Ci vuole più alternanza scuola-lavoro, bisogna avvicinare i ragazzi al mondo della manifattura per far capire loro che è una realtà dove si chiede loro di inventare, di metterci la testa, di creare. In una parola: dove si ci può anche entusiasmare! Con la passione e le competenze sarà poi anche più facile ottenere livelli di stipendi più elevati. E sulle competenze più elevate non c’è grande concorrenza nei Paesi dell’Est.
FOCUS 2: LA STRADA DA PERSEGUIRE
Competere sul puro costo del lavoro è una battaglia persa in partenza…Bisogna invece lavorare sul CLUP (costo del lavoro per unità prodotta), che tiene in considerazione il costo puro della manodopera ma anche le condizioni di efficienza e produttività che si riescono a creare. E qui il 4.0 ci da davvero una grande mano. Le nostre imprese sono estremamente sensibili al risparmio: il Governo, se volesse, potrebbe individuare i giusti sistemi incentivanti. Lo abbiamo visto con Industria 4.0: gli investimenti sono cresciuti. Magari si è puntato al rinnovo del parco più che a un incremento delle capacità produttiva. La crescita ha avuto segnali positivi ma adesso si sta già raffreddando. Tutto ciò ha dato comunque maggior lavoro alle industrie produttrici di impianti e d’automazione, un comparto dell’eccellenza italiana. Ma oggi per far decollare l’economia i fattori devono essere altri: serve un’azione che renda stabile la crescita. Gli incentivi di Industria 4.0 hanno comunque permesso ad aziende che non ne erano consapevoli di affrontare il tema dell’innovazione. Le aziende cha vanno bene, in Italia, sono quelle che i ragionamenti sull’efficienza dei processi produttivi li stanno già facendo da anni. Il fatto che la crisi sia a macchia di leopardo evidenzia proprio questo… ©ÈUREKA!
Federico Visentin con un gruppo di neodiplomati MBA Imprenditori CUOA.