COMPONENTI – PMI, ISTRUZIONI PER L’USO
Quali sono le caratteristiche a cui un’azienda italiana di piccole o medie dimensioni non può rinunciare per essere competitiva sul mercato globale? In che misura il successo di un’impresa dipende dalle modalità della sua conduzione manageriale? E che consigli dare alle nuove generazioni di giovani manager? Lo abbiamo chiesto a Eraldo Bianchessi, CEO di Rollon Group.
di Anna Guida
Non ha bisogno di biglietti da visita l’ingegner Eraldo Bianchessi. Il suo passato parla da solo: dai primi anni Ottanta fino al 2003 ha ricoperto ruoli di sempre maggior responsabilità in Brembo, fino a diventarne Vice-President Sales & Marketing e membro del consiglio di amministrazione. È stato parte di quella squadra di manager-azionisti che ha affiancato il presidente Alberto Bombassei e ha trasformato una piccola officina bergamasca a conduzione familiare in una società quotata in Borsa, oggi leader mondiale nel settore dei freni a disco per veicoli. E dopo un ventennio di successi, si è lanciato con entusiasmo e sapienza in un’altra sfida: oggi l’ingegner Bianchessi è CEO di Rollon Group, un’azienda di Vimercate con forte vocazione internazionale che progetta e produce guide lineari industriali di alta precisione per molteplici settori, dal ferroviario all’aeronautica, dalla logistica fino all’energia. E anche qui ha compiuto un piccolo miracolo: veicolare l’azienda fuori dal periodo di crisi economica in ottima salute. Tanto che il fatturato del gruppo per quest’anno è previsto in aumento a 54 milioni di euro, quasi il doppio rispetto al 2009, con una crescita organica dell’8% sul 2011.
D. Dati alla mano, sembra che Rollon sia uscita rafforzata dalla crisi. Come avete fatto?
R. La crisi l’abbiamo sentita anche noi, in particolare nel 2009, che è stato sicuramente il nostro “annus horribilis”. Ma il tonfo del 2009 ci è servito per rinnovarci, imparare a gestire in maniera più efficiente stock e circolante, snellire i processi produttivi grazie all’introduzione del sistema “lean” e allargare la rete dei distributori a Russia, Brasile, Cina, India, Sudafrica. Abbiamo cercato di ristrutturare per generare quel cash-flow necessario per rispettare gli impegni che avevamo con gli istituti di credito. Inoltre, siamo riusciti a non distruggere gli asset dell’azienda, non abbiamo licenziato né fatto ricorso alla cassa integrazione. È stata una strategia vincente che ci ha consentito, l’anno scorso, di ampliare la gamma di prodotti grazie all’acquisizione di El.More, una piccola realtà specializzata nella produzione di unità lineari e tavole lineari di precisione per l’automazione industriale.
D. Se dovesse riassumere in tre parole chiave la ricetta del successo di Rollon?
R. Specializzazione, internazionalizzazione e una produzione “lean” ben gestita da manager di alto livello.
D. Quanto è importante in questo momento l’internazionalizzazione per una media azienda italiana?
R. Moltissimo. Rollon fa l’85% del suo fatturato all’estero, soprattutto in Germania. Questo ci ha permesso di beneficiare di un effetto trascinamento sconosciuto alle aziende che operano solo all’interno dei confini nazionali: cresciamo grazie alla domanda della grandi multinazionali tedesche, a sua volta trainata dagli ordini che arrivano dai mercati emergenti.
D. Come si inserisce all’interno di questo discorso la politica delle acquisizioni?
R. Per un’azienda che vuole pensare in modo globale e agire localmente una politica di acquisizioni è fondamentale. Ma altrettanto importante è anche la strategia di marketing e di comunicazione post-acquisizione. Per esempio, un anno fa quando abbiamo acquisito il 100% di El.More ci siamo trovati di fronte al dilemma: mantenere il marchio oppure no? Abbiamo ritenuto che non fosse conveniente né corretto eliminare un marchio che, in Italia, ha una sua storia e una sua nicchia di clienti ben definita e fedele. Per il momento lo abbiamo affiancato al marchio Rollon e in futuro magari lo sostituiremo in modo molto graduale. Sui mercati esteri invece, dove godiamo di una notorietà ben più consolidata di El.More, ci siamo presentati con il marchio Rollon. Saper gestire piccole e medie imprese significa anche avere la sensibilità necessaria per capire le diverse anime ed esigenze che convivono in un’azienda in seguito a un’acquisizione.
D. Qual è stata in tutta la sua carriera la sfida più difficile, quella che l’ha coinvolta di più e le ha dato maggiori soddisfazioni?
R. Sicuramente per la mia storia professionale Brembo è stata la sfida più complessa e più avvincente. E anche quella da cui ho imparato di più. Quando nel 1983 l’azienda ha concordato l'ingresso nel capitale sociale della Kelsey-Hayes, multinazionale statunitense, a livello gestionale tutto è cambiato. Il gruppo dirigente italiano ha continuato a definire autonomamente le strategie aziendali ma, trovandosi improvvisamente a stretto contatto con una multinazionale quotata in Borsa, ha subito acquisito la consapevolezza di dover rendere conto a un mercato finanziario internazionale che non ragionava con le logiche del piccolo imprenditore italiano. Allora eravamo ancora un’azienda piccola, ma abbiamo cominciato a ragionare come i grandi. I partner americani ci hanno richiamato al rispetto dei loro parametri finanziari, a una governance più rigorosa e più trasparente. A quel punto l’azienda ha fatto un salto di qualità notevole e io con essa.
D. Quanto è rimasto di questo imprinting nella conduzione di una realtà molto diversa come il Gruppo Rollon?
R. Quando si ha un certo tipo di formazione lo si può applicare anche in aziende diverse per dimensioni e settore. Sono molte le caratteristiche del mio stile di conduzione manageriale che risalgono ai vent’anni passati in Brembo. Tra tutte, direi sicuramente l’importanza che do alla coerenza delle linee strategiche dell’azienda, la tendenza a definire costantemente target specifici, la prontezza nel riconoscere i miei errori e nel cambiare direzione.
D. Quanto contano le persone in un’azienda?
R. Fanno la differenza. In un'azienda che ha investito pesantemente sulla qualità totale i dipendenti sono uno degli asset strategici. Ecco spiegato l'accordo sindacale che abbiamo siglato pochi mesi fa per riconoscere a tutti i nostri lavoratori un premio di produzione. Ed ecco anche spiegato il motivo di alcuni cambiamenti o ristrutturazioni a livello di quadri e dirigenti. Per esempio, abbiamo fatto in modo che i direttori delle varie filiali diventassero direttori centrali, perché ci siamo resi conto che alcune scelte dovevano necessariamente essere centralizzate per risultare più omogenee e coerenti rispetto a una linea strategica generale. Ora la gestione delle filiali funziona molto meglio e i direttori si sentono molto più responsabili di tutto il processo decisionale.
D. Come definirebbe il suo stile di leadership?
R. È da sempre basato su alcuni principi base: scegliere manager di grande valore, attorniarmi di persone valide e delegare loro determinati obiettivi condivisi. Conoscere bene il prodotto e il mercato. Trasmettere ai colleghi un messaggio chiaro di coerenza e di condivisione. Richiedere sempre, su ogni progetto, un feedback estremante veloce e significativo.
D. Alla luce della sua lunga esperienza, ma anche delle difficoltà della situazione attuale dell’industria italiana, che consigli darebbe alle nuove generazioni di manager?
R. Innanzitutto, oggi è assolutamente indispensabile un’esperienza internazionale. Ogni azienda, anche di piccole dimensioni, è un attore su un mercato globale. Per comprenderlo e affrontarlo nel modo giusto è necessaria una cultura e una preparazione (anche universitaria, se possibile) internazionale. Un altro consiglio, sempre valido per i manager di ogni generazione e formazione, è quello di avere sempre un approccio umile, onesto, professionale. Per gestire bene un team bisogna farne parte, non si può chiamarsene fuori.
D. Consiglierebbe ai giovani aspiranti manager italiani di “fuggire” dal nostro Paese?
R. No, c’è assoluto bisogno di manager di qualità in questo Paese. Però consiglio di non rinunciare per nessun motivo a un’esperienza all’estero, da vivere con curiosità, apertura e voglia di crescere. Essere un manager di caratura internazionale oggi è un grosso plus, per se stessi e per le aziende che ci si troverà a dirigere. Ma è anche importante riportare in Italia le proprie competenze, a servizio delle tante aziende - anche PMI - d’eccellenza del nostro Paese.
“Essere un manager di caratura internazionale oggi è un grosso plus, per
se stessi e per le aziende che ci si troverà a dirigere. Ma è anche
importante riportare in Italia le proprie competenze, a servizio delle
tante aziende d’eccellenza del nostro Paese”.
“Being a world-class manager today is a big plus, for yourself and for the company you will guide. But it is also important to bring your skills and expertise back to Italy, to serve so many excellent companies, including SMBs, based in our country”.
COMPONENTS – SMB, INSTRUCTIONS FOR USE
Which are the must-have features for a small and medium company to be competitive in the global scenario? To what extent does the success of a business depend on its management’s style and conduct? What advice can be given to the new generation of young managers? We asked Eraldo Bianchessi, CEO of Rollon Group.
by Anna Guida
Eraldo Bianchessi needs no introduction or business card. His history speaks by itself: from the early Eighties to 2003, he took more and more important jobs at Brembo, until he became Vice-President Sales & Marketing and member of the board. He was a member of the team of managers-shareholders that supported president Alberto Bombassei and transformed a small mechanical workshop in Bergamo into a company listed on the stock exchange and a global leader in the industry of disk brakes for vehicles. And after twenty years of success, he has embarked enthusiastically on another enterprise: today, Mr. Bianchessi is the CEO of Rollon Group, based in Vimercate, with a strong international vocation, specializing in the design and production of high-precision linear guides for several industries, from railway to aerospace, from logistics to energy. And he has made another small miracle: drive the company out of the economic crisis in full health. This year, the group turnover is expected to grow up to 54 million Euros, almost twice as much as in 2009, with 8% organic growth over 2011.
Q. Figures clearly show that Rollon has got out of the crisis even stronger. How did you do that?
A. We also felt the crisis, especially in 2009, which was definitely our horrible year. But the 2009 drop was on opportunity to renovate, to learn to manage stock and working capital, to streamline manufacturing operations with the introduction of a lean system, and to expand the distribution network to Russia, Brazil, China, India and South Africa. We tried to restructure our organization to generate the necessary cash flow to meet our commitments to banking institutes. We were also able to avoid destroying the company's assets, we did not cut our staff and we didn't use any redundancy fund. It was a successful strategy that enabled us to expand the product portfolio, with the acquisition of El.More last year, a small business specializing in the production of linear units and linear tables for industrial automation.
Q. If you should sum up Rollon’s success recipe in three words...?
A. Specialization, globalization and “lean” production, adequately driven by high-level managers.
Q. How important is globalization for a medium Italian company in this phase?
A. It’s very important. Rollon generates 85% of turnover abroad, especially in Germany. This has triggered a beneficial effect unknown to companies that are constrained to the domestic market: our growth is driven by the demand of big German corporations, which in their turn are supported by orders from the emerging markets.
Q. How does your acquisition strategy fit into this scenario?
A. For a company that wants to think globally and act locally, an acquisition strategy is essential. But also the post-acquisition marketing and communication strategy is just as important. For instance, when we acquired 100% of El.More one year ago, we faced a dilemma: should we keep the brand or not? We considered it was neither effective nor correct to eliminate a brand that, in Italy, has its own story and a clearly defined and loyal customer base. For the time being, we put it next to Rollon, and maybe in the future we will replace it very gradually. On foreign markets, instead, where our reputation is much stronger than El.More, we presented the Rollon brand. Managing small and medium companies efficiently also means having the necessary sensibility to understand the different souls and requirements that live together within a company after an acquisition.
Q. What was the toughest challenge in your career, the most involving and most satisfactory undertaking?
A. In my professional life, Brembo was definitely the most complicated and exciting challenge. And the one I learnt the most from. When the company merged into the stock of the US corporation Kelsey-Hayes in 1983, everything changed in the management. The Italian managing team was still independent in the definition of business strategies, but being in close contact with a multinational corporation listed on the stock exchange, it was immediately clear that we had to take into account the logic and the demands of an international financial market that does not have the same philosophy of a small Italian entrepreneur. We were a small company at that time, but we began to think as a big one. Our American partners asked us to comply with their financial parameters, to adopt a stricter and more transparent governance. As a result, the company made a huge quality leap, and I did the same.
Q. What’s the heritage of that imprinting as you manage a totally different organization like Rollon Group?
A. When you acquire certain skills, you can apply them to companies of different size and industries. There are many elements in my management style that come from twenty years at Brembo. Among them, I would mention the focus on consistent strategic guidelines, the definition of specific targets and the readiness to recognize my own errors and change direction.
Q. How important are people in a company?
A. They make the difference. In a company that has invested much in total quality, employees are a strategic asset. That’s why we signed an agreement with trade union a few months ago, to give a productivity prize to all our workers. And that’s why we made some changes and reorganization at the direction and management levels. For instance, we changed the role of branch managers to central managers, because we realized that some decisions had to be centralized to be more consistent and homogeneous with the overall strategy. Now the branch offices are managed much better and their managers feel more involved in the entire decision-making process.
Q. How would you call your leadership style?
A. It’s always been based on few key principles: select valuable managers, get valid people around you and transfer shared goals to them. Know your product and your market well. Transfer a clear message of consistent vision and shared values to your staff. In all project, always request quick and significant feedback.
Q. Based on your long experience, as well as the difficult situation of the Italian industry, what would you suggest to the new generation of managers?
A. First of all, today international experience is absolutely mandatory. Any company, however small, is an actor on a global stage. To understand and face this scenario effectively, you need an international culture and training, including university, if possible. Another piece of advice for managers of any age and education, is to maintain a humble, honest and professional approach. To manage a team properly, you must be part of it, you cannot step outside.
Q. Would you tell young potential managers to “run away” from our country?
A. No, we are desperately in need for quality managers in this country. But I recommend not to give up, for any reason, a period abroad, an experience to be faced with curiosity, openness and the desire to improve. Being a world-class manager today is a big plus, for yourself and for the company you will guide. But it is also important to bring your skills and expertise back to Italy, to serve so many excellent companies, including SMBs, based in our country.
“Per un’azienda che vuole pensare in modo globale e agire localmente una politica di acquisizioni è fondamentale. Ma altrettanto importante è anche la strategia di marketing e di comunicazione post-acquisizione”.
“For a company that wants to think globally and act locally, an acquisition strategy is essential. But also the post-acquisition marketing and communication strategy is just as important”.