Eyewear di Luca Lulleri, Silvia Miscoria, Samuele Nucaro: stampante per la produzione di occhiali.
Insegnare agli studenti il passaggio dal concept design al prodotto ingegnerizzato: questo l’obiettivo del corso di Product Development Studio della Facoltà del Design del Politecnico di Milano, la cui terza edizione è prevista nel 2017 con una piccola variazione sul tema centrale. Del corso di progettazione, e di limiti e opportunità della stampa 3D, abbiamo parlato con Riccardo Gatti, docente e titolare della cattedra.
di Elisa Maranzana
Nel suo “Makers. Per una nuova rivoluzione industriale”, Chris Anderson scriveva che oggi viviamo in una cultura del “remix”, dove “tutto è ispirato da qualcosa che è venuto prima, e la creatività si vede nella reinterpretazione di opere preesistenti non meno che negli originali”. Vero? Probabilmente sì. Quel che è certo è che open source, condivisione e collaborazione sono le parole chiave della quarta rivoluzione industriale, il cambiamento epocale del nostro millennio che vede al centro le cosiddette tecnologie abilitanti e l’Internet delle Cose.
Dentist di Corrado Andrea Bertoli, Riccardo Cambò, Léopold Le Moigne: macchina per la realizzazione di calchi per odontoiatria.
La reinterpretazione di opere preesistenti è stata anche la linea guida seguita dal Politecnico di Milano (www.polimi.it) e in particolare dal corso di Product Development Studio della Facoltà del Design, tenuto nella prima metà del 2016 da Riccardo Gatti, titolare della cattedra e docente insieme a Claudia Marano e Dagmara Siemieniec, con la collaborazione di Marco Rozzoni e Stefano Airoldi. Una terza edizione del corso è prevista per il 2017.
Lens di Straccia Massimiliano, Valianti Andrea, Viviani Giovanni: progetto finalizzato all produzione di lenti per occhiali.
CONCEPT, DESIGN E INGEGNERIZZAZIONE
Come nel 2015, obiettivo primario del corso è stato il passaggio dal concept design al prodotto ingegnerizzato e ancora una volta gli studenti si sono cimentati nello sviluppo di un progetto attraverso le tre fasi canoniche: concept, design definitivo e ingegnerizzazione. “Abbiamo cercato di insegnare ai ragazzi ad affrontare e risolvere le problematiche tipiche della messa in produzione di progetti industrialmente realizzabili”, ci ha spiegato Gatti. “E poiché il paradigma aziendale della segretezza e dei brevetti si sta modificando e sta lasciando spazio al nuovo paradigma dei componenti open source, vogliamo orientare anche le edizioni future di questo corso allo sviluppo di prodotti open source per l’industria”.
Per mettere in pratica questo insegnamento, ancora una volta il Politecnico di Milano ha scelto di attingere dall’universo della stampa 3D, ma con una differenza sostanziale. Mentre nel 2015 cuore del corso era stata la tecnologia FDM-Fused Deposition Modeling – consistente nello spingere un filamento di materiale plastico (o non) in un estrusore riscaldato da cui poi colerà il materiale fuso in strati per andare a comporre l’oggetto – la tecnologia scelta nel 2016 è stata la cosiddetta DLP-Digital Light Processing.
Earing Aid di Fabio D’Arcangelo, Carlo Antonio Leone, Bruno Maurizio Pitasi: macchina per produrre protesi auricolari.
“Funzionando attraverso la proiezione di un’immagine, la stampa DLP consente di realizzare pezzi molto velocemente, polimerizzando uno strato in ogni passaggio”, ci ha raccontato Gatti. “La velocità di stampa dipende quindi unicamente dall’altezza del pezzo e di conseguenza diventa molto più semplice prevedere il tempo di produzione”.
Con questa tecnica è possibile produrre anche più parti contemporaneamente, riducendo i tempi generali di produzione e, quindi, i costi. Le resine utilizzate per questo processo di stampa sono ancora piuttosto costose (si parla di 100/150 euro per litro), soprattutto se messe in relazione a quelle utilizzate da altre tecnologie (a partire dalla FDM, dove il costo di una bobina di filamento varia dai 15 ai 60 euro a seconda del materiale). La elevata precisione, la qualità del risultato e la possibilità di stampare pareti molto sottili, però, rendono la tecnologia DLP molto efficiente.
Microfluidics di Bruno Lodovico, Frigerio Francesco, Mammi Walter: stampante ideata per la realizzazione di prototipi di apparati per la microcircolazione di fluidi.
PARTIAMO DA EMBER
Il progetto attorno a cui si è snodato tutto il corso di Product Development Studio è stata la Ember di Autodesk (www.autodesk.it), stampante 3D basata sulla tecnologia Digital Light Processing, rilasciata come open-hardware in licenza open source proprio con l’obiettivo di permettere ad ddetti ai lavori, appassionati e studenti di dare libero sfogo alla propria creatività, così come già aveva fatto in passato MakerBot con i suoi primi modelli.
“Per noi, studenti e docenti, questo significa poter avere le specifiche costruttive e tecniche esatte, disponibili e condivise senza vincoli di proprietà”, ha proseguito con entusiasmo Gatti. “Il progetto Ember, anteponendo lo scopo educativo a quello commerciale, si è dimostrato immediatamente quale miglior candidato per il corso. Dal sito web https://ember.autodesk.com/overview#open_source è possibile ottenere tutte le informazioni necessarie, incluso il modello 3D completo di tutte le sue parti. Presentando scelte tecniche non pensate per la produzione industriale, il progetto originale ci è sembrato ideale per permettere agli studenti di cimentarsi in un completo ripensamento tecnico di tutte le strutture, dal telaio ai movimenti delle scocche”.
Educational di Mohammadishalmani Maryam, Naradas Umamaheshwar, Zatti Enrico: stampante 3D a scopo educativo.
Ember di Autodesk è stato quindi un ottimo banco di prova che ha permesso di far comprendere agli studenti le difficoltà e le complessità di realizzare un prodotto su scala industriale, simulando il processo di sviluppo prodotto di una PMI, tipico del nostro paese. “Ipotizzare di progettare per una startup o una PMI”, ha aggiunto Gatti, “aiuta gli studenti a comprendere come le decisioni a livello di design influiscano pesantemente sulla realizzabilità del prodotto e che, per ottenere una soluzione commercializzabile, sia necessario scendere a compromessi estremi”.
I PROGETTI DEGLI STUDENTI
Risultato del corso sono stati otto progetti destinati a settori applicativi differenti: Eyewear, stampante per la produzione di occhiali; Dentist, per la realizzazione di calchi per odontoiatria; Lens, finalizzata all produzione di lenti per occhiali; Earing Aid, per quella delle protesi auricolari; Microfluidics, ideata per la realizzazione di prototipi di apparati per la microcircolazione di fluidi; Educational, stampante 3D a scopo educativo; Handyman, macchina pensata per negozi di ferramenta e riparatori; e infine Sport, per la produzione di ausili sportivi, solette e paradenti.
Handyman di Michael Barocca, Jennifer Monclou, Hanife Yildiz: macchina pensata per negozi di ferramenta e riparatori.
FDM o DLP?
A consuntivo di due anni di insegnamento incentrati sul tema della stampa 3D, abbiamo infine chiesto a Riccardo Gatti per quale delle due tecnologie trattate (FDM e DLP) ritiene possano esserci maggiori sbocchi nel campo dell’industria manifatturiera e perché.
“L’industria manifatturiera sta subendo una forte trasformazione”, ci ha risposto. “La necessità di una produzione di massa con maggiore personalizzazione sta spingendo verso una sempre maggiore automazione alla ricerca di tecnologie produttive in grado di riconfigurarsi o di modificare il risultato della produzione in tempo reale. In quest’ottica la manifattura additiva è estremamente promettente, perché consente di produrre in serie elementi unici. Sia la tecnologia FDM sia quella DLP hanno potenzialità elevante e non del tutto esplorate. La vera differenza la faranno i materiali, gli investimenti che verranno destinati per svilupparli e la loro disponibilità”.
Per il resto la discriminante verrà dettata dal settore applicativo.
“La produzione FDM”, ha concluso Gatti, “consente di effettuare un processo estremamente pulito, senza polvere e con residui facilmente gestibili, e quindi potrebbe essere molto interessante per i settori in cui è necessario garantire un alto livello di igiene, come alimentari o medicale.
La produzione DLP invece si basa su un processo più complesso perchè, dopo la stampa, si rende necessaria una pulizia e una stabilizzazione dei pezzi. Questo procedimento più elaborato potrebbe essere più indicato per parti meccaniche su misura, ma anche per ricambi realizzati onsite. Di fatto i pezzi stampati in DLP richiedono maggiori operazioni di finitura, tutte operazioni estremamente semplici che possono essere portate a termine con materiale di facile reperibilità, senza che si rendano necessarie specializzazioni o particolari attrezzature. Tutto ciò rende così il processo interessante per negozi o artigiani”.
Sport di Koen Ouweltjes, Tomas Ottolenghi, Maarten van Rooij: progetto pensato per la produzione di ausili sportivi, solette e paradenti.