Vista aerea della sede MCM di Vigolzone, in provincia di Piacenza.
A due anni dal passaggio di proprietà, il noto costruttore di macchine utensili MCM di Vigolzone, in provincia di Piacenza, può affermare che il bilancio della transizione nel gruppo RIFA sia estremamente positivo: l’azienda ha mantenuto la propria identità e il radicamento nel territorio, conservando un rapporto con la controllante di tipo economico-finanziario, con modeste relazioni industriali.
di Federica Conti
Il gruppo RIFA (www.rifapm.com), composto da circa 11.400 dipendenti e attivo in svariati settori è grande e diversificato: dall’allevamento di cavalli da corsa al bestiame, dai trasporti via elicottero all’automotive, dall’IT all’immobiliare. Il gruppo ha avuto origini nella costruzione di macchinari per il campo tessile, da cui 18 anni fa è nata la società produttrice di macchine utensili Zhejiang Rifa Precision Machinery, quotata in borsa e attiva in Europa grazie all’acquisizione di MCM S.p.A. (www.mcmspa.it) e successivamente di Colgar International s.r.l.
La grande novità è stata la creazione di RIFA Aerospace Digital Equipment, circa tre anni fa, che si dedica alla costruzione di macchine utensili per la lavorazione di materiali compositi per il settore aeronautico e attrezzamenti a controllo numerico per l’assemblaggio di strutture per velivoli. L’azienda rappresenta una rilevante opportunità per MCM, che, oltre a fornire una parte consistente del loro parco macchine, avrà modo di generare una buona referenza sul mercato cinese, in cui attualmente non è molto presente, oltre a ottenere un’oggettiva riconoscibilità relativa alle prestazioni delle sue macchine.
Gian Luca Giovanelli, Amministratore Delegato di MCM S.p.A., oggi parte del Gruppo RIFA.
UN’AZIENDA IN CRESCITA
L’aumento dei volumi di lavoro e il miglioramento dell’efficienza aziendale hanno portato al raggiungimento di trend economici molto buoni. Elemento essenziale è stato riuscire a trasmettere al mercato il fatto che l’azienda ha mantenuto tutti gli asset precedenti e, di fatto, che è riuscita a migliorare la propria performance proprio perché è entrata a far parte di un gruppo più grande.
Gli ultimi fatturati sono stati rispettivamente di: 42 milioni di euro nel 2014 e di 56 milioni di euro nel 2015; per l’anno in chiusura è stata valutata la prospettiva di crescita con un fatturato forse superiore ai 70 milioni di euro. Di pari passo sono cresciuti anche i relativi utili. Ad oggi, la società gode di un portafoglio ordini rilevante che copre più di un anno di lavoro, sfiorando il limite della capacità produttiva e, per questo, il management aziendale si attende un 2017 in linea con il 2016, se non migliore.
Alcuni importanti investimenti hanno permesso di implementate migliori efficienze aziendali: i dipendenti della sola MCM S.p.A. sono aumentati da 194 a 284, ai quali vanno aggiunti altri 30/40 dipendenti di altre aziende controllate. Tuttavia l’aumento non è stato proporzionale, poiché, pur essendo fiduciosi, i dirigenti dell’azienda ritengono che una crescita troppo rapida non permetterebbe di mantenere gli stessi livelli di competenze e professionalità.
La volontà di crescita è stata supportata anche da investimenti in spazio occupato, con un aumento della superficie dedicata al montaggio delle macchine di quasi 3000 metri quadrati, oltre il 50% del potenziale precedente. A ciò vanno aggiunte le opere di ristrutturazione e ampliamento degli uffici, una nuova sala metrologica equipaggiata da tre macchine di misura e un programma di rinnovamento degli strumenti informatici aziendali: ERP, PDM e CAD.
La presenza aziendale nel mondo rimane la stessa: non sono state aperte nuove filiali, ma potenziate sia la neo costituita MCM Shanghai in Cina, sia le precedenti unità ubicate in Francia, Germania, USA e quelle non direttamente dipendenti in Russia e Spagna.
Lo stand MCM alla recente 30.BI-MU.
AL CENTRO LA FORMAZIONE
“Abbiamo puntato molto sui giovani, creando sinergie e accordi con i principali istituti di Piacenza: istituti professionali, istituti tecnici e la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano, che ha portato a generare una vera e propria nursery dedicata alla formazione di nuove competenze e figure professionali. Al termine del progetto di alternanza scuola-lavoro abbiamo assunto sei neo diplomati e sei neo laureati per formarli e dar loro il tempo di acquisire il know-how necessario per renderli concretamente indirizzabili da un punto di vista professionale.
MCM ha inoltre “adottato” un’intera classe di informatica dell’istituto tecnico con cui ha lavorato, per sviluppare un progetto di automazione di un “giocattolo”, controllato mediante un software da loro stessi ideato e che permette la visualizzazione da remoto sui loro smartphone.
La società crede e investe anche sul trasferimento di conoscenze provenienti da progetti europei: da poco ha infatti concluso due dei dodici progetti terminati negli ultimi vent’anni, che, non solo hanno sviluppato molti PhD, ma hanno condotto alla generazione di soluzione alternative per riconfigurare i sistemi di assemblaggio e programmare una manutenzione opportunistica: un caso concreto fornito e applicato da uno dei clienti in Italia che opera in ambito aeronautico.
“La società”, dicono in MCM, “ha intenzione di sfruttare maggiormente anche le capacità di problem solving provenienti da istituti di ricerca come il MUSP, Macchine Utensili e Sistemi di Produzione, di cui è socio fondatore. Il primo passo sarà quello di organizzare una sorta di happening in cui sarà possibile far colloquiare figure tecniche che potrebbero avere dei bisogni soddisfabili dai ricercatori con i ricercatori stessi, abbassando così le barriere culturali e incrementando il livello di interazione tra le parti”.
La cella di lavoro “Multitecnological Integrated Manufacturing”, realizzata da MCM in collaborazione con FANUC, consente di realizzare la lavorazione completa di completa multitasking di camme, a 4/5 assi.
DECLINAZIONE DI INDUSTRY 4.0
“Il tema “Industry 4.0” è oggi molto discusso, ma in numerosi casi il rischio è quello di trovarsi di fronte a eccessive semplificazioni”, sostengono in Casa MCM. “Non è sufficiente mettere qualche sensore sulle macchine per essere in linea con i nuovi concetti, bisogna anche possedere grande esperienza e capacità di avere una visione complessiva dei problemi e saper gestire al meglio la mole di dati che si raccolgono”.
“Sono necessari un soggetto con una capacità trasversale e interdisciplinare per raccordare le macchine dotate di CN, non difficili da rendere coerenti con questa politica, e le numerose software house che realizzano gli strumenti tecnico-informatici utili per farlo”, aggiunge il team aziendale. “Le nostre capacità, attitudini ed esperienze, accumulate per la necessità di fondere più contributi per cogliere le opportunità sottese alla logica di connettere le macchine, ci hanno portato ad applicare il concetto di Industry 4.0 con grande anticipo, con un buon numero di history cases reali in diversi settori”.
Lo strumento e la chiave con cui MCM può raccogliere la sfida di Industry 4.0 – avvicinare tecnologia dell’informazione e tecnologia dell’organizzazione e del controllo – si chiama MCE, la controllata di MCM che si occupa dello sviluppo di sistemi software, guidata dal dott. Giuseppe Fogliazza.
“Questo percorso per MCM è cominciato nel 1986, quando l’azienda ha deciso di assumere un informatico in un’azienda dominata dalla meccanica, scelta che, nel corso del tempo, si è rivelata lungimirante: a oggi contiamo dodici informatici che sviluppano esclusivamente servizi software a supporto delle attività di automazione e dell’organizzazione aziendale”, sottolinea Fogliazza.
“Abbiamo scelto di rimanere vicini alla ‘ferita sanguinante’ dell’evoluzione tecnologica, abbiamo cercato di tenere aggiornate le nostre competenze in un settore che ha viaggiato a velocità altissima, tanto che possiamo citare con orgoglio che, dal 1990, tutte le celle di produzione di MCM hanno un bus di coordinamento della produzione su Ethernet, mentre dal 1998 tutte le interfacce utente, attraverso le quali gli operatori lavorano, usano un browser di Internet per accedere ai servizi offerti”, aggiunge Fogliazza.
“Oggi siamo nelle stesse condizioni in cui eravamo dieci anni fa: c’è una nuova tecnologia dell’informazione che sta avanzando e ci sta rendendo capaci di trattare, memorizzare ed elaborare quantità di informazioni in ordine di grandezza superiore a quelle che gestivamo fino all’altro giorno”, conclude Fogliazza, “e quindi stiamo cercando di acquisire la competenza necessaria per tenere aggiornata la nostra tecnologia dell’informazione. Trent’anni di esperienza in MCM e poi in MCE ci hanno permesso di capire con precisione quali sono i modelli necessari per sostenere i servizi che offriamo ai nostri clienti”.
In tutto questo processo è stato fondamentale il rapporto privilegiato di MCM con gli istituti di ricerca: da vent’anni la società persegue progetti di ricerca europei, finanziati e non, dai quali sono risultati una serie di prodotti innovativi a servizio delle macchine utensili e delle lavorazioni meccaniche.
La “Multitecnological Integrated Manufacturing” dimostra come sia possibile chiudere il ciclo fresatura-tempra-rettifica all’interno di un’unica cella, ottimizzando il processo di lavorazione.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA
MCM ha recentemente progettato e costruito in stretta collaborazione con i propri clienti soluzioni tecniche complete per comparti strategici nei quali è essenziale la capacità di innovare e integrare.
La linea ideale portata come esempio alla 30.BI-MU è basata su un impianto progettato per un importante cliente che opera nel settore energetico, dove le macchine MCM rappresentano il 25% del valore dell’impianto, mentre un altro 25% è costituito dall’automazione offerta da robot antropomorfi utilizzati per spostare grezzi, semilavorati e finiti da una macchina all’altra. La rimanente percentuale è composta da macchine di altri fornitori: macchine per elettroerosione, foratrici a tuffo, isole di sbavatura, magazzini verticali, macchine di misura e impianti di lavaggio. L’intero impianto è governato dal software di controllo e supervisione jFMX, appositamente sviluppato e implementato dalla divisione MCE per integrare i mezzi di produzione tra loro e per farli dialogare all’interno della rete aziendale.
La gamma di tecnologie utilizzate è di altissimo livello e viene esemplificata nei deu esempi seguenti che dimostrano le attitudini poste in campo.
Allo stand MCM della 30.BI-MU, in collaborazione con FANUC, era possibile vedere un esempio di “Multitecnological Integrated Manufacturing”. Nella pratica, una cella per la realizzazione completa di camme a 4/5 assi, è stata realizzata con una macchina Clock Dynamic a 5 assi, multitasking, abbinata a un robot antropomorfo. Il sistema ha consentito di integrare processi di fresatura e rettifica con la compensazione tridimensionale della figura utensile e, attraverso una sorgente laser, trattamenti termici di tempra od operazioni di riporto materiale, il cosiddetto laser cladding. Questa soluzione di MCM dimostra come sia possibile chiudere il ciclo fresatura-tempra-rettifica all’interno di un’unica cella, ottimizzando il processo di lavorazione.
Un’altra interessante e importante applicazione è risultata la “Flex robot”, soluzione con la quale è possibile simulare virtualmente non solo le operazioni di handling o machining del robot, ma anche le lavorazioni di fresatura, prevenendo potenziali danni alla macchina o al pezzo.
L’UMAN CENTERED MANUFACTURING
Sempre nell’ambito della 30.BI-MU, allo stand MCM, realizzato in collaborazione con KUKA Roboter e Siemens, era visibile l’“Human Centered Manufacturing”. La soluzione rappresenta un impianto flessibile di produzione, integrante più processi di lavorazione meccanica, che dimostra, grazie anche all’impiego di robot antropomorfi, la realizzazione del processo di sbavatura ad alta precisione.
Raccogliendo tutto il necessario per la gestione di una linea all’interno di una workstation, separata rispetto alle macchine, è stato liberato l’utilizzatore da qualsiasi attività automatizzabile, in modo tale che lo stesso operatore venga chiamato ad eseguire solo operazioni a elevato valore aggiunto. Questo approccio permette di aumentare notevolmente la produttività del personale e, allo stesso tempo, consente allo stesso personale di interagire con il processo da una postazione più semplice.
Allontanare gli operatori dalle macchine, il cosiddetto “closed door machining”, è uno degli obiettivi che il gruppo Safran, uno dei clienti più importanti di MCM, sta promuovendo all’interno delle proprie officine: il contributo offerto da MCM è quello di evitare che l’operatore debba “entrare” in macchina, interrompendo il processo. Risultato ottenuto attrezzando ogni postazione di carico/scarico con un video terminale che assicuri una presentazione il più possibile chiara ed evidente delle operazioni che devono essere eseguite, e che consentano all’operatore di risolvere immediatamente ogni possibile problema. In alternativa, l’operatore può rimandare la decisione a quando sarà presente la persona in grado di risolvere il problema, senza un impatto diretto sulla produttività della macchina, aumentando la resa complessiva del processo.
Spostare l’operatore e dotarlo di avanzati strumenti informatici che gli presentino la lavorazione a un livello più alto rispetto al codice ISO, gli consente di avere accesso a molte informazioni rilevanti – features prodotti o da produrre, step tecnologici eseguiti o da eseguire –, interagendo con il processo e influenzando ciò che la macchina farà in un secondo momento, quando, secondo le logiche di ottimizzazione del livello di produttività, la saturazione e lo sfruttamento di tutte le risorse sarà ideale.
Infine, MCM, nella soluzione esposta alla 30.BI-MU ha potuto sfruttare l’opportunità offerta dalla collaborazione con KUKA Roboter e Siemens di ottimizzare le problematiche d’interfacciamento di un robot all’interno della produzione, equipaggiando la cella di un CN dotato di Sinumerik Run My Robot che permette la programmazione in autoapprendimento, in formato ISO, direttamente dal controllo numerico, evitando così una scolarizzazione sul linguaggio e l’operatività da parte degli operatori a bordo macchina.
L’“Human Centered Manufacturing” (anche nella foto in home page), realizzato da MCM in collaborazione con KUKA Roboter e Siemens, è un impianto flessibile di produzione che integra più processi di lavorazione meccanica, equipaggiato con robot antropomorfo, ideato per il processo di sbavatura ad alta precisione.