Nel mondo del software, molte realtà sono passate dall’acquisto permanente della licenza alla più snella e conveniente fornitura on demand.
La servitizzazione sta rapidamente cambiando il mondo dell’industria. A partire dalla gestione dei dispositivi più semplici per arrivare a interi impianti, assicura notevoli vantaggi agli utenti e fidelizza domanda e offerta.
di Andrea Pagani
Da acquisto a noleggio, da prodotto a servizio, il tema della servitizzazione non è certo nuovo. Tra i primi esempi in tal senso è necessario risalire agli anni Settanta, quando Bristol Siddeley Engines, successivamente confluita in Rolls-Royce, sviluppò il modello di business basato sulla fornitura dei motori aerei con pagamento in base alle ore di effettivo utilizzo anziché sulla vendita del prodotto in sé.
Oggi viene dato quasi per scontato, ma evidentemente all’epoca qualcuno si è posto una domanda cruciale: “Perché vendere un motore se possiamo offrire ore di volo, manutenzione inclusa, fidelizzando così il cliente?”.
La stessa domanda è stata poi riproposta in centinaia, addirittura migliaia di casi diversi. Stampanti o stampe? Telefoni o telefonate? Auto o mobilità? Computer o elaborazione dati? Hard disk o archiviazione dati? Caffettiera o caffè?
LE RAGIONI DEL CAMBIAMENTO
In alcuni settori la servitizzazione è figlia anche dei cambiamenti di mercato. In ambito consumer, per esempio, si è sempre alla ricerca di nuove esperienze anziché del possesso fisico dei beni, il tutto al netto di una capacità economica ben definita con la quale fare i conti.
Questa trasformazione rappresenta dunque una strategia fondamentale, capace di fidelizzare i clienti, usare le risorse in modo più consapevole (“pay per use”) e naturalmente generare profitti aggiuntivi.
Un approccio simile è quello legato al terziario e all’industria: l’accelerazione impressa dalla digitalizzazione e da Industria 4.0 ha ulteriormente spinto le aziende a valutare questa particolare abbinata tra domanda e offerta, al fine di ottenere ulteriori benefici e svincolare da investimenti importanti e talvolta rischiosi.
Per competere nel turbolento e volatile contesto economico, dunque, un numero crescente di imprese si trova ad affiancare alla tradizionale proposta di prodotti anche la vendita di servizi sempre più complessi e articolati.
Quello del leasing auto è una delle forme più conosciute di servitizzazione.
I NUMERI DEL FENOMENO
Sebbene per una questione storica le imprese del manifatturiero basino gran parte del proprio volume d’affari sulla vendita di prodotti, stiamo assistendo a una maggiore diversificazione del portafoglio con l’aggiunta di servizi di vario genere.
La proposta si distingue in due differenti tipologie: transazionali e pluriennali.
I primi vengono definiti per la condizione di erogazione legata a un singolo bisogno dei clienti. Un esempio in tal senso è la fornitura di una consulenza specifica che si esaurisce con la fornitura di un documento o un prototipo. I pluriennali, come il nome stesso lascia intendere, sono relativi alla vendita di servizi per i quali il cliente paga in base a specifici accordi o tariffe nel corso del tempo. Il contratto di manutenzione periodica di un impianto o il leasing di un’automobile rientrano in questa casistica.
ASAP, realtà italiana che si occupa di ricerca, formazione e organizzazione di workshop e convegni nell’ambito del service management, ha redatto l’interessante report “The Digital Servitization of Manufacturing Companies: the ASAP International Observatory”, che ha analizzato servizi provenienti da vari settori, in particolare consumer, IT & comunicazione e industria.
Ed è proprio quest’ultima che mostra l’offerta più diversificata, nella quale l’80% del campione intervistato ha confermato la disponibilità di servizi legati alla fornitura di ricambi, garanzia, manutenzione, retrofit e consulenze ingegneristiche. Meno presenti, ma pur sempre rilevanti, il leasing, il noleggio, il pay per use e i contratti basati sui risultati.
Un esempio tangibile di servitizzazione è rappresentato da quelle aziende che in passato si limitavano a produrre e vendere macchinari o attrezzature e che oggi, invece, offrono servizi di manutenzione programmata, monitoraggio remoto delle prestazioni, aggiornamenti software e formazione degli operatori. Il bene fisico rimane e viene proposto in maniera tradizionale, ma vi si affiancano servizi fondamentali per garantirne il corretto utilizzo e funzionamento nel tempo.
BENEFICI E LIMITI DELLA SERVITIZZAZIONE
È bene chiarire che la servitizzazione non si limita al semplice noleggio di un bene. Si passa infatti dalla vendita all’offerta di una soluzione pensata per rispondere a una serie di esigenze specifiche.
Un esempio sotto gli occhi di tutti è quello legato al leasing di automobili: alla fornitura di un veicolo vengono abbinati servizi quali l’assicurazione, la manutenzione ordinaria e straordinaria, la gestione di pneumatici estivi e invernali, la reportistica (km percorsi, carburante consumato), un mezzo sostituito in caso di necessità e altri servizi ancora.
Una proposta che altrimenti richiederebbe risorse addizionali da parte dell’utilizzatore del bene e che, dunque, rappresenta un valore aggiunto da considerare nel momento della scelta del tipo di contratto.
Gli esempi possono proseguire con casistiche di ogni genere. Nel settore della logistica ci si imbatte con sempre maggior frequenza in flotte di muletti e altri dispositivi non di proprietà per lo spostamento merci, per giungere fino all’intera fornitura del servizio di immagazzinamento, riordino e spedizione merci (un caso emblematico è quello dei poli logistici gestiti da Amazon).
La servitizzazione ha inoltre contribuito ad agevolare l’adozione di tecnologie di alto livello da parte di utenti di ogni genere e dimensione. Pensiamo, per esempio, a software specialistici molto complessi, il cui costo della licenza un tempo era fuori portata per piccoli studi, professionisti e startup. Oggi molte di quelle soluzioni sono disponibili anche sotto forma di abbonamento, da attivare all’occorrenza spendendo qualche centinaio di euro al mese anziché decine di migliaia di euro per una licenza permanente.
Lo stesso vale per l’hardware necessario a farli funzionare: il cloud computing e l’accesso via browser hanno delegato la fornitura della capacità di calcolo a centri di elaborazione specializzati, costantemente aggiornati e più affidabili dal punto di vista della sicurezza informatica.
Ma l’adozione della servitizzazione non è priva di sfide. Molte imprese devono superare resistenze interne al cambiamento e investire in nuove competenze e tecnologie. Inoltre, la gestione della transizione da un modello basato sulla vendita di prodotti a uno basato sulla fornitura di servizi richiede un’attenta pianificazione e una comunicazione efficace sia internamente, sia verso il mercato.
Allo stesso modo, le aziende che desiderano affiancare al proprio business tradizionale anche quello legato ai servizi dovranno dotarsi di opportuni mezzi e tecnologie per assicurare quella continuità di erogazione che il cliente si aspetta. ©TECN’È
A beni quali gli impianti industriali vengono quasi sempre abbinati servizi aggiuntivi, in grado di semplificarne e ottimizzarne l’uso e la manutenzione.