Il Cloud Manufacturing nasce dalla convergenza di processi di riorganizzazione aziendale già in atto nel settore industriale, determinati dalla spinta generata dai progressi compiuti dalle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni.
Il mondo della produzione potrà presto sfruttare i nuovi paradigmi dell’Information & Communication Technology al fine di cambiare il modo di produrre, con grandi vantaggi per le aziende. Le riflessioni di Giuseppe Padula, ci consentono di intravedere le strade del Cloud Manufacturing e le sue potenzialità, affrontando una sfida che, se vinta, può permettere ad ogni impresa di rimanere competitiva.
di Luca Bastia
L’estensione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione al controllo delle macchine utensili e dei processi produttivi è un’area in grande sviluppo. L’incontro delle due discipline – meccanica ed elettronica – ha dato origine alla meccatronica, un’area autonoma di studi universitari e di applicazioni industriali che vede nella Germania la patria di riferimento. Ultimamente, si riflette molto sulle possibilità offerte dalla digitalizzazione dei processi manifatturieri e, quando si parla di digitalizzazione, si discute spesso delle applicazioni innovative legate alla simulazione virtuale dei processi manifatturieri e della migrazione dei relativi software su piattaforme Cloud. Ovviamente, molti punti sono ancora da chiarire: il più importante è quello relativo alla gestione corretta delle informazioni sensibili e della loro protezione, come riferisce Giuseppe Padula, docente di Tecnologie dell’Integrazione Aziendale nel biennio di specializzazione in Ingegneria Gestionale all’Università di Parma e professore di Progettazione Meccanica per Design Industriale all’Università di San Marino (giuseppe.padula@unirsm.sm).
Il Cloud Manufacturing è un’architettura produttiva con un potenziale di crescita stimato da un recente rapporto McKinsey ad un valore di 300/400 miliardi di dollari/anno per il prossimo decennio.
LE POTENZIALITÀ DI CRESCITA
I corsi di specializzazione di Giuseppe Padula assicurano informazioni importanti su quanto intendiamo approfondire in questo articolo grazie proprio al suo aiuto, in particolare sul Cloud Manufacturing, un’architettura produttiva con un potenziale di crescita stimato da un recente rapporto McKinsey al valore di 300/400 miliardi di dollari/anno per il prossimo decennio, come evidenziato nell’allegato 1.
Il Cloud Manufacturing nasce dalla convergenza di processi riorganizzativi aziendali, già in atto nel settore industriale, determinati dalla spinta generata dai progressi compiuti dalle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni. “È bene ricordare”, afferma Padula, “che un’attività manifatturiera è sempre più un nodo d’elaborazione complesso e coordinato di due flussi: quello dei materiali e quello delle informazioni. Tecnologie e architetture quali il Network Manufacturing – la collaborazione tra reti di imprese –, il Digital Manufacturing, l’Internet of Things per il monitoraggio dei flussi materiali e il Cloud Computing favoriscono l’utilizzo dei servizi Cloud in area produttiva”. L’obiettivo è digitalizzare le varie fasi di un processo produttivo per utilizzare risorse remote e integrare il flusso d’informazioni su una piattaforma Cloud dove gestire l’operatività corretta del network delle risorse produttive associate. Anche in questo caso, come per i i servizi acquisibili su Cloud, si vira verso una produzione intesa come servizio (MaaS, Manufacturing-as-a-Service): collegandosi a Internet, sarà possibile consentire ad un cliente la realizzazione di tutto o di una parte del suo ciclo produttivo, dalla progettazione alla realizzazione del prodotto, fino alla consegna, senza necessariamente disporre degli strumenti di tipo software e hardware utili per realizzare le diverse fasi, ma acquistando tutte le risorse come servizio dalla rete, in modalità “pay per use”.
Non tutto è però così semplice. Procediamo dunque per gradi. “Nei processi di virtualizzazione delle risorse produttive”, spiega Padula, “si lavora su un problema molto importante nell’ambito delle macchine utensili a controllo numerico – soluzioni che rappresentano la convergenza analogica del complesso processo produttivo digitalizzato –: la fase di modellizzazione fisica della materia”. Attualmente, le informazioni di forma e lavorazione di un prodotto, incluse quelle di ispezione, contenute nei file CAD/CAM, si degradano nel momento in cui si va a realizzare fisicamente il prodotto su macchine tradizionali a controllo numerico. Ciò avviene, in particolare, quando si trasferisce il file del prodotto digitalizzato sul centro di lavoro: è in questo momento che si perdono numerose informazioni contenute nel file durante la fase di post processing, al cui termine si ottiene un codice d’istruzioni sul percorso che l’utensile deve seguire, insieme ad altri dati di lavorazione. In altri termini, la macchina sa come muovere gli utensili, ma non sa quale forma realizzare: se un foro con una determinata tolleranza o un profilo con una particolare curvatura. Il collo di bottiglia nasce dall’attuale modalità d’elaborazione dei dati, effettuata dal controllo numerico della macchina, che restituisce, in sequenza, informazioni elementari circa il percorso che l’utensile deve effettuare in riferimento alla posizione del prodotto in lavorazione, secondo i codici di istruzione G/M Code. A seguito della proliferazione di questi codici, spesso adattati dai costruttori alle proprie macchine utensili, risulta difficile procedere ad una standardizzazione delle interfacce di comunicazione, per realizzare lavorazioni lontano dalla macchina su cui si opera, e, conseguentemente, anche ad una possibile virtualizzazione dei processi.
Nel settore aerospaziale, Boeing costruiva in casa l’80% dei componenti di un aereo; oggi, ne realizza solo il 20-25%, e il resto lo affida a produttori esterni.
MACCHINE PIÙ INTELLIGENTI
“Sulla necessità di rendere le macchine utensili più intelligenti, ovvero che sappiano cosa devono realizzare, si sta lavorando da tempo: una delle strade più interessanti è data dall’utilizzo di uno standard di trasferimento dati chiamato Step NC, un estensione dello standard Step da tempo usato per lo scambio dei file CaX. In tale modalità, le macchine effettuano fasi di lavoro successive, denominate working-step, durante le quali realizzano singole entità geometrico/produttive elementari, quali un’asola, un foro, una spianatura, riconosciute confrontando il file in ingresso con una libreria di entità predefinite, dette features”, racconta Padula. “Il CNC della macchina si ‘organizza’ conseguentemente per generare il percorso utensile e gli altri parametri di taglio necessari per realizzare quell’entità secondo le tolleranze richieste”, aggiunge Padula, che sottolinea come: “un ulteriore vantaggio sia quello di poter interagire direttamente con i file in ingresso, in versione Step, per generare quelle modifiche migliorative che emergono nella fase di lavorazione e che rendono più efficaci i processi di Product Lifecycle Management”.
“In Italia, diverse aziende innovative nel campo delle macchine utensili stanno già dotando i propri sistemi di controllo di ‘interpreti’ per la gestione di file conformi allo standard Step NC”, continua Padula. “Una volta che la macchina riesce ad operare in questa modalità, sapendo ciò che deve fare, sono virtualizzabili anche le sequenze di lavorazione. È così possibile ‘separare’ il processo reale da quello virtuale che lo simula completamente, facendo intervenire quello reale solo alla fine, quale realizzazione della precedente elaborazione virtuale”.
Una necessità, questa, subito avvertita dai settori in cui si opera in condizioni collaborative. Nel comparto aerospaziale, ad esempio, Boeing costruiva in casa l’80% circa dei componenti di un aereo, 130.000 pezzi unici; oggi, praticamente è l’opposto: nel caso del Dreamliner 787 realizza in casa il 20-25% dei componenti, mentre la produzione dei rimanenti componenti viene affidata a produttori esterni. La progettazione avviene però in modalità collaborativa tra più uffici dislocati che lavorano sugli stessi file: disegni di componenti che devono essere poi assemblati. Le risorse esterne da coordinare sono dunque notevolmente aumentate, fattore che ha accelerato l’impiego di architetture integrate di reti di fornitori e l’utilizzo di processi di sviluppo di nuovi prodotti, affinando quindi gli strumenti disponibili sul web per gestire il lavoro in team. Il network, in tale situazione, risulta di tipo stellare, ovvero gravita intorno a un nodo principale, rappresentato da Boeing, interessata soprattutto a presidiare il coordinamento in qualità di system integrator, oltre che skill tecnologiche chiave (vedi allegato 2).
Integrazione di sistemi CaX con CNC ed ERP, via Cloud.
ARCHITETTURE STABILI
“Strumenti per la gestione di processi di lavorazione in rete – in pratica l’organizzazione di risorse remote e lavorazioni esterne – sono disponibili da tempo, sviluppatisi lungo le architetture organizzative di reti stabili di produttori. Il cosiddetto Network Manufacturing è una realtà collaudata, che, in Italia, si è principalmente tradotta nelle architetture dei distretti industriali, sistemi adattativi e flessibili”, approfondisce Padula.
Spostare su Cloud i processi collaborativi rappresenta un naturale passaggio evolutivo delle architetture Internet. Il vantaggio è l’organizzazione, sotto la gestione di un unico web service, dei diversi software e servizi necessari al Manufacturing: da quelli per lo sviluppo di nuovi prodotti, come i sistemi CAD/CAM/CAE (in generale i CaX), ai successivi pacchetti di tipo logistico/gestionale, gli ERP. Questo genera un’architettura aperta, ed eventualmente accessibile anche a nuove risorse non partecipi alla rete iniziale (vedi allegato 3).
“Sul web potrei utilizzare un CAD in modalità ‘pay per use’, disegnare la mia parte, eventualmente verificarla con un processo guidato di analisi a elementi finiti, simulare il processo produttivo con un software CAM e, successivamente, individuare una risorsa produttiva remota disponibile a realizzare il mio prodotto”, sottolinea Padula. “Sul versante della risorsa produttiva, è poi possibile spingere l’interazione con la richiesta del cliente in profondità, integrando il sistema gestionale contenuto in un pacchetto ERP, al fine di verificare la disponibilità temporale della capacità produttiva e dei materiali, interrogando i propri database”, continua Padula. “Dal livello gestionale si può infine scendere fino al livello operativo del MES, Manufacturing Execution System, nel quale le macchine utensili dotate di controllo numerico con abilitazione allo Step NC possono riconoscere dal file del prodotto le lavorazioni da effettuare e generare il necessario piano di produzione, anche in funzione delle tolleranze richieste”. In tale fase, la funzione dello standard Step NC all’interno delle macchine CNC è fondamentale, perché consente di gestire le informazioni che gli standard G ed M Codes perdono nella fase di post processing.
“Tutte queste fasi di processo di dati e informazioni sono le medesime che vengono attualmente eseguite nei processi produttivi, ma la progressiva digitalizzazione e integrazione dei processi permette d’interagire in maniera interattiva e sempre più sincrona sui versanti cliente-produttore e produttore-shop floor”, precisa Padula. “Il potenziamento di questi nuovi processi di produzione aumenta se ci muoviamo dalle tecnologie di lavorazione ad asportazione di truciolo alle crescenti potenzialità offerte dalle tecnologie dell’Additive Manufacturing, ovvero ai prodotti ottenibili per addizione successiva di materiale, quali quelli realizzati con le stampanti 3D. Tali tecnologie sono spesso controllate in via digitale in forma nativa, e le enormi potenzialità di disegnare in origine un prodotto composto da componenti lavorabili ad asportazione di truciolo e stampa tridimensionale favoriscono la fabbricazione del prodotto su risorse remote dotate di queste diverse tecnologie. Tutto ciò investe anche i processi organizzativi interni alle aziende, come il Design Management di cui mi occupo nel corso di Industrial Design (vedi allegato 4)”, aggiunge Padula.
È però necessario mantenere una visione critica su questi processi di trasformazione. La disponibilità di risorse remote che il Cloud può fornire tenderà ad esternalizzare le lavorazioni tipicamente standard, mentre rimarra strategico mantenere il presidio sulle lavorazioni chiave e sul know-how distintivo, rafforzando le specificità di ogni azienda sui processi di riferimento. Inoltre, vanno ancora risolti problemi importanti attinenti la conservazione dei dati sensibili e di conoscenze critiche: se, per esempio, bisogna lavorare componenti standard sarà possibile trovare la risorsa produttiva più idonea per la lavorazione attraverso il Cloud, ma se si devono produrre le pale del rotore di una turbina con profili aerodinamici innovativi nasceranno problemi di protezione di dati nella fase di consegna dei file aziendali alla rete. Problemi comuni ad ogni trasferimento di dati su Cloud, come, per esempio, per le cartelle ospedaliere personali. È questa un’area di lavoro critica per espandere l’utilizzo dei servizi della nuvola su larga scala.
Per il comparto produttivo, la cessione su Cloud di capacità produttiva virtualizzata può rappresentare un beneficio per l’utilizzazione efficiente di risorse sottoutilizzate. “Per esempio”, commenta Padula, “un’azienda del settore calzaturiero ha dovuto dotarsi di una macchina tecnologicamente molto evoluta per soddisfare le richieste di alcuni importanti clienti. La macchina opera in regime insaturo, e dunque potrebbe essere resa disponibile per altre richieste, nei momenti di non utilizzo. Non una modifica dei flussi di lavoro esistenti, bensì un incremento di ordini di lavorazione”.
COME ARRIVARE AL CLOUD MANUFACTURING
“Il primo passo per l’utilizzo dei servizi Cloud nell’area manifatturiera è indubbiamente la fruizione di applicazioni software specifiche in modalità on demand. Stiamo lavorando con aziende produttrici di software, e penso che in un paio d’anni saranno già disponibili realtà mature”, evidenzia Padula, “Per esempio, AutoCAD ha proposto una propria versione Cloud. Quello che interessa immediatamente il mondo della produzione sono proprio i software specifici per la produzione (CAD, CAM, Analisi ad Elementi Finiti, simulatori di processi produttivi), che, attualmente, sono licenziati in versione on premise: il loro costo, di fatto, esclude quegli utenti che ne fanno un uso sporadico, e renderli disponibili in modalit “pay per use” allargherebbe le possibilità d’impiego”.
La migrazione di applicazioni specifiche per il manufacturing su Cloud è la fase attualmente più matura per questo settore. Come detto, il Cloud Manufacturing è il punto di convergenza di diverse aree: i processi di digitalizzazione e simulazione virtuale dei processi produttivi, il Digital Manufacturing; l’evoluzione progressiva del Internet of Things, la possibilità nella pratica di poter monitorare e tracciare tutti i flussi fisici dei processi attraverso i dispositivi e i sensori che sono collegati alla rete, quali la fine o l’inizio di una lavorazione, grazie ad un sistema di monitoraggio completo delle fasi di processo in real time; il Cloud Computing, la disponibilità dei servizi Cloud; il Network Manufacturing, la collaborazione tra aziende in rete. Un esempio dell’integrazione dei primi due processi è rappresentato dal progetto XAM 2.0 della Digital Factory che è stata presentata alla scorsa edizione di Mecspe.
Al momento, il Cloud Computing viene utilizzato soprattutto come outsourcing delle risorse ICT, quindi come una gestione e uno storage di dati, di tipo passivo, mentre il Cloud Manufacturing rappresenta una gestione/elaborazione di dati di tipo dinamico, che elabora preventivamente tutte le informazioni relative ai processi fisici, individuando e correggendo le eventuali non fattibilità e collocando al termine la lavorazione di forma su materiali o di assemblaggio di parti. Ovviamente, il coordinamento dei flussi dei materiali in ingresso e uscita tra le risorse remote vedrà lo sviluppo anche del ruolo delle aziende logistiche in tale area.
Ma il Cloud Manufacturing futuribile ha già qualche esperienza in atto? “Sono stati avviati dei progetti pilota”, racconta Padula, rispondendo alla nostra curiosità, “In Europa, è la Germania che spinge queste applicazioni, grazie a un’infrastruttura produttiva caratterizzata da un elevato costo del lavoro”. “Negli USA, durante il Summit estivo di San Jose di NetSuite, il CEO Zach Nelson ha indirizzato lo sviluppo dei servizi della sua società, leader nelle applicazioni in area business via Cloud, al settore del Manufacturing. Ma chi si sta muovendo anche in questa direzione è la Cina, il cui sistema produttivo è organizzato in macro distretti che conducono diversi esperimenti pilota sull’utilizzo del Cloud su reti di risorse remote, chiamate anche DMN, Dispersed Manufacturing Networks”.
LA REALTÀ IN ITALIA
“Come è noto, nel campo delle macchine utensili l’Italia è all’avanguardia e alcune imprese del nostro Paese stanno portando avanti delle interessanti applicazioni per quanto riguarda le architetture software applicate ai centri di lavoro. Tali iniziative prevedono l’intervento di più parti: le istituzioni, i centri di ricerca universitari e le associazioni di imprese che agiscono secondo linee di sviluppo programmatiche e condivise per accelerare i passaggi alla fase applicativa dei risultati delle ricerche pre competitive”, evidenzia Padula. “I processi sono sempre più complessi e trasversali e richiedono delle competenze di informatica, logistica e meccanica, e non sempre una singola azienda può avere competenze complete e avanzate in tutti questi settori. Ma pur con maggior difficoltà, rispetto ad altre realtà, anche in Italia ci muoviamo. Vi sono delle esperienze interessanti proprio nell’ambito delle macchine utensili con programmazioni avanzate e moderne, che sono le colonne sulle quali appoggiare questa rete integrata, collaborativa e dispersa che sfrutta il Cloud”, spiega Padula.
“Potrebbero esserci dei vantaggi significativi sul tessuto industriale italiano, in particolare a livello di distretto; la flessibilità che può garantire un’architettura Cloud, in termini di gestione equilibrata di carichi produttivi, in Italia potrebbe essere facilmente recepita da un tessuto industriale organizzato in network”, continua Padula. “In Italia parte sempre tutto dallo spirito imprenditoriale”, commenta Padula. “La ricerca deve svolgere il proprio lavoro e guardare un poco più avanti rispetto a quanto può fare un singolo imprenditore. Le istituzioni devono generare i contesti dove si possono inserire le aziende. A mio parere, gli importanti cambiamenti economici che attualmente stanno attraversando l’Europa favoriscono la concentrazione industriale, ma la creazione di network di imprese, anche temporanei, e l’utilizzo e lo sfruttamento di capacità produttiva non pienamente occupata potrebbero riaggregare la piccola e media imprese su dimensioni competitive”.
“Dal punto di vista tecnologico siamo già pronti”, continua Padula. “La tecnologia è pronta, i provider offrono la capacità computazionale e stanno entrando in Italia in maniera massiccia, e il Cloud, sia computazionale sia Manufacturing, interessa da vicino la piccola e media dimensione. Dal punto di vista tecnologico siamo vicini a progetti pilota, non più solo alle sperimentazioni”.
L’Unione Europea, racconta il professore, all’interno dei programmi quadro Horizon, ha lanciato dei progetti di finanziamento sul Cloud Manufacturing, e tra questi, lui stesso collabora con programmi coordinati da una Istituzione di ricerca tedesca e da un’Università inglese.
Ma il fatto di utilizzare macchine di altri competitor, fornire i progetti ad altre imprese che potrebbero essere concorrenti non potrebbe generare un po’ di preoccupazione, soprattutto considerando la cultura imprenditoriale italiana? “È importante non perdere le conoscenze distintive di processo che sono fondamentali per imprese di piccole e medie imprese. In Italia, siamo troppo gelosi e ‘padronali’, per cui ci muoviamo sempre da soli e in certe aree dove si potrebbe effettivamente collaborare non lo si fa”, afferma Padula. “È fondamentale mantenere i presidi sul know-how, ma tutto ciò che non fa parte delle competenze dell’impresa è possibile affidarlo all’esterno in completa tranquillità, come in parte già si fa oggi. Si potrebbe però farlo in maniera molto più radicale e granulare quando certe risorse sono state virtualizzate e spostate sul web. Il Cloud Manufacturing potenzia enormemente la ricerca e la collaborazione in rete di aziende subfornitrici, sviluppando una maggiore efficienza, e rientra nelle strategie di potenziamento delle economie manifatturiere in Paesi a elevato costo del lavoro”.
Ma quando vedremo la prima azienda che opera con il Cloud Manufacturing in Italia? “Sono già avviati dei progetti avanzati”, conclude Padula, “per cui penso che entro due o tre anni potremo assistere a qualche risultato operativo”.
Schematizzazione del processo di Network Manufacturing, realizzato da Giuseppe Padula,