Laboratorio INRiM per interferometria a lunghe distanze.
Presso l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, INRiM, un team di ricercatori è particolarmente attivo nello sviluppo di strumenti e dispositivi per l’industria aerospaziale. Ma che cosa fanno esattamente i metrologi dello spazio?
di Francesco Villon
“Molti dei problemi che si incontrano quando si progetta uno strumento destinato a operare in ambiente spaziale sono di natura squisitamente metrologica e il nostro Istituto possiede le competenze necessarie per proporre soluzioni innovative”, spiega Marco Pisani, fisico e responsabile all’INRiM del Settore “Metrologia della Lunghezza”.
“Per le aziende il nostro contributo significa anche che il prodotto realizzato insieme potrà vantare la certificazione di un ente metrologico: un valore aggiunto che rende il dispositivo più competitivo sul mercato”, aggiunge Pisani.
L’INRiM coopera abitualmente con l’European Space Agency (ESA), l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e con molte aziende. Di recente l’Istituto è anche entrato a far parte del nuovo ESA Business Incubation Centre (BIC) di Torino, concepito per offrire sostegno e assistenza alle startup che muovono i primi passi nel settore aerospaziale.
Misure d’angolo per la caratterizzazione di accelerometri usati in missioni spaziali ESA.
PROGETTI SPAZIALI
Uno dei progetti più importanti cui l’INRiM partecipa è senza dubbio Galileo, il programma di navigazione satellitare europeo per il quale si occupa del monitoraggio e della caratterizzazione degli orologi atomici a bordo dei satelliti.
L’Istituto è inoltre coinvolto nell’esplorazione del cosmo: ha collaborato, per esempio, allo sviluppo della missione Gaia, che ha lo scopo di fornire i dati per costruire una mappa tridimensionale della nostra galassia e che sta ottenendo informazioni su oltre un miliardo di stelle, con un’accuratezza duecento volte maggiore rispetto alla precedente missione astrometrica Ipparco.
GLI STAR TRACKER
Conoscere con tanta accuratezza la posizione di corpi celesti è importante per orientarsi nello spazio. I primi astronauti osservavano con i loro occhi le stelle per regolare la rotta dei veicoli spaziali proprio come i primi naviganti guardavano il cielo per capire dove andare. Curiose immagini d’epoca ci mostrano alcuni astronauti con un occhio coperto: non si tratta di un goliardico tentativo di emulazione del costume dei pirati, ma di un espediente per abituare la vista a scrutare l’oscurità del cosmo alla ricerca dei suoi punti luminosi di riferimento. Oggi l’industria aerospaziale ha sostituito l’occhio umano con quello elettronico dei sensori spaziali o star tracker, che ci dicono dove si trovano navicelle, sonde e satelliti, cioè qual è la loro orientazione (o assetto) in base alla posizione delle stelle.
Rappresentazione artistica del primo passaggio di BepiColombo sopra il Pianeta Mercurio. ©ESA/ATG medialab
SENSORI INTELLIGENTI
“Gli astri continuano insomma ad essere il nostro riferimento, ma è cambiato l’occhio che li osserva: un occhio artificiale da sviluppare, caratterizzare, tarare ed è qui che entra in scena l’INRiM. Gli star tracker, queste speciali telecamere, che osservano l’universo al nostro posto, sono fondamentali per la navigazione stellare e infatti sono presenti in quasi ogni missione spaziale e quindi, ad esempio, sui satelliti che ruotano intorno alla Terra”, prosegue Pisani.
Qual è la funzione di uno star tracker a bordo di un satellite? Quando un razzo lascia un satellite nell’orbita prefissata, quest’ultimo non si trova quasi mai nella posizione utile per svolgere le funzioni che gli sono state assegnate o per comunicare con la Terra e ricevere istruzioni su quello che deve fare. Occorre allora che sia in grado di orientarsi da solo. Per tale motivo è dotato di sensori che calcolano la sua posizione rispetto a quella degli astri, fornendo i dati che gli servono per sistemarsi da sé e iniziare a comunicare con la Terra. Qualche esempio? I satelliti terrestri addetti alle telecomunicazioni, una volta approdati nella loro orbita, devono ruotare in modo da rivolgersi verso il nostro pianeta e dirigere l’antenna verso una zona precisa per concentrare il segnale là dove occorre.
PARTNERSHIP TECNOLOGICHE
Proprio in questo periodo l’INRiM sta sviluppando un nuovo star tracker in collaborazione con l’azienda piemontese EICAS Automazione, impresa hi-tech di Torino, ma i sensori spaziali non sono il suo unico campo d’azione. L’Istituto si è anche occupato della taratura di un accelerometro ad alta sensibilità (ISA - Italian Spring Accelerometer), sviluppato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e da Thales Alenia Space - Italy (TAS-I), per l’ambiziosa missione interplanetaria BepiColombo iniziata nel 2018 con il lancio di due sonde spaziali. La loro destinazione, prevista nel 2025, è Mercurio, di cui dovrebbero studiare l’origine e le caratteristiche. La taratura dell’accelerometro, che servirà per misurare il campo gravitazionale del pianeta più vicino al Sole, permetterà di ottenere dati accurati e quindi significativi. “Tarare sulla Terra, in condizioni di gravità, un dispositivo che deve operare nello spazio, in assenza di gravità, rappresenta la difficoltà principale, che siamo comunque riusciti a superare. L’INRiM si è infatti occupato in seguito anche dell’accelerometro da utilizzare nella missione ESA JUICE, che esplorerà Giove e le sue lune ghiacciate”, conclude Pisani. ©TECN’È
Strumentazione scientifica a bordo della sonda Mercury Planetary Orbiter (MPO). ©ESA/ATG medialab