La capacità di gestire con efficacia e velocità il cambiamento in un’azienda può fare la differenza tra il rimanere concorrenziali e l’esser spazzati via dal mercato.
La capacità di gestire con efficacia e velocità il cambiamento in azienda può fare la differenza tra il rimanere concorrenziali e l’esser spazzati via dal mercato. La proposta di Bonfiglioli Consulting, descritta da Marco Brandalesi.
di Francesco Villon
“Covid-19 e le misure di contenimento della pandemia”, dice Marco Brandalesi, Principal di Bonfiglioli Consulting, esperto di Change Management, “sono stati l’ennesimo banco di prova dell’importanza di saper gestire il cambiamento in azienda, laddove solo chi è stato pronto ad avvalersi delle opportunità fornite dalle tecnologie digitali, dall’e-commerce al delivery, dal gestire a distanza le attività al raccogliere ed elaborare i dati in tempo reale, è riuscito a rispondere ai bisogni di clienti e consumatori, garantendo al personale continuità di occupazione e condizioni di lavoro in sicurezza”.
COME ATTIVARE IL CAMBIAMENTO NELL’ORGANIZZAZIONE?
Per rendere realmente sostenibile la trasformazione in azienda è necessario pianificare e guidare la transizione dallo stato esistente all’assetto desiderato, agendo contemporaneamente su persone, cultura aziendale, modello organizzativo, processi e tecnologie.
Il motore primo del cambiamento è un “senso di urgenza” che può manifestarsi nell’immediato, in seguito, per esempio, a un calo di fatturato che denota che l’azienda o un settore della stessa non stanno performando bene, oppure può manifestarsi in una proiezione futura, per esempio un’obsolescenza tecnologica all’orizzonte, un invecchiamento del brand, la necessità di crescere in volumi perché si è troppo piccoli e non si riesce a conquistare il mercato.
Molto spesso accade che chi avverte questa necessità è solo e ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a far emergere questa situazione in modo evidente.
Marco Brandalesi, Principal di Bonfiglioli Consulting, esperto di Change Management.
PRIMO STEP, LA CONSAPEVOLEZZA
Il primo step è la consapevolezza, che comprende coinvolgimento e comprensione e utilizza una serie di tecniche, tra cui i Best Practice Tour (Kaikaku), l’assessment dei processi organizzativi, decisionali e culturali e l’Hoshin Kanri, metodologia lean per definire quale sia lo stato futuro desiderato e strutturarsi per raggiungerlo.
“Mentre le aree aziendali più vicine al mercato, come quella commerciale o il marketing, sono abituate a cambiare con l’evolvere del mercato”, commenta Brandalesi, “i processi di operations e supply chain, per loro stessa natura, sono alla ricerca della stabilità e del suo mantenimento. Di solito a fronte di un problema o un’opportunità collegata alla crescita, si pensa di affrontarla reiterando le azioni che sono risultate efficaci in passato, investendo, ad esempio, in nuovi impianti, incrementando il numero dei turni piuttosto che intervenendo sulla struttura dei costi. Ecco perché i Best Practice Tour in cui portiamo i manager a vedere e a toccare con mano chi nel percorso della fabbrica agile è più avanti, come si attua questo tipo di cambiamento e quali risultati si ottengono, rappresentano uno degli strumenti più efficaci”.
SECONDO STEP, LA PREPARAZIONE
Uno dei principi cardine della metodologia lean è “pensare lentamente per agire poi in velocità”. Una volta emersa la consapevolezza, occorre dunque un momento per “pensare lentamente” in cui ci si prepara all’azione. Uno dei modi più efficaci per pensare piano è impostare la gestione del rischio, ossia mappare tutti i rischi connessi al cambiamento compresi gli stakeholder che poi questo cambiamento dovranno attuare, valutando la loro posizione rispetto allo stesso: se quindi, hanno compreso il commitment, se sono in grado di esercitarlo e se sono adeguatamente motivati a farlo e non rappresentano invece un fattore di preoccupazione.
TERZO STEP, LA TRASFORMAZIONE
Il terzo momento del cambiamento è la trasformazione e si articola in due momenti: organizzazione e azione. Organizzare il cambiamento vuol dire progettare e realizzare strutture, routine organizzative, meccanismi di coordinamento e processi efficaci, efficienti e tra loro coerenti. Il management team è l’inizio di tutto: è da qui che arriva il commitment. Ogni area, a partire da quella oggetto del cambiamento, avrà poi il suo core team, composto dal management di secondo livello. Man mano che si scende nell’organizzazione, ogni livello avrà la sua struttura. Per mettere i vari livelli dell’organizzazione in comunicazione tra loro e creare una partecipazione collettiva verso i nuovi obiettivi, vanno disegnati e formalizzati efficaci meccanismi di escalation e cascading. Infine, si definiscono i processi, ossia chi fa cosa e a chi risponde in condizioni normali e in condizioni di emergenza. Terminata la fase di organizzazione si entra nella fase di azione che è il regno della lean per eccellenza dato che l’obiettivo fondamentale della lean è individuare i problemi e risolverli, individuare gli sprechi ed eliminarli.
I quattro step per gestire il cambiamento in azienda secondo Bonfiglioli Consultin
QUARTO STEP, LA SOSTENIBILITÀ
L’ultima fase è quella della sostenibilità intesa come sviluppo delle competenze e mantenimento. “Il miglioramento è tale se è sostenibile”, spiega Brandalesi, “se non lo è, si rischia di cadere subito dopo. È necessario dunque creare le condizioni per sostenere le azioni intraprese e ancora una volta ciò ha a che fare con le persone e il loro sviluppo”.
In tal senso, un piano di education training strutturato unitamente alla celebrazione dei successi e a meccanismi di rewarding sono una soluzione ideale per rafforzare la fiducia degli individui nei confronti della strada intrapresa. L’auditing diffuso a ogni livello, infine, permette di monitorare costantemente i processi di trasformazione e condurli verso un miglioramento continuo. “È quello che la lean chiama kamishibai: andare a vedere sul campo se le cose funzionano. Chiusa così la fase della sostenibilità, se ne apre un’altra, il prossimo cambiamento, perché ciò che è stato applicato a un particolare settore e ha funzionato, può essere esteso a un’altra area o a un livello più alto, innescando un ciclo di kaizen che si ripete all’infinito”.
FOCUS: IL CASO GEA
Fondata nel 1881 e tra i principali fornitori dell’industria alimentare, GEA Group è una multinazionale tedesca specializzata nella progettazione, costruzione e installazione di macchinari e impianti per processi di produzione all’avanguardia. Con oltre 18.000 dipendenti e 50 stabilimenti in tutto il mondo, la società, che nel 2020 ha registrato un fatturato consolidato superiore ai 4,6 miliardi di euro, è una realtà lean da oltre vent’anni, con un dipartimento a livello mondiale, denominato Operational Excellences (OPEX), che si occupa della divulgazione e della formazione di questo pensiero all’interno di tutte le linee di business.
Il progetto di formazione in ambito Change Management, realizzato con il supporto di Bonfiglioli Consulting, si è focalizzato sul cluster italiano composto da undici realtà qualificate nella produzione di macchinari industriali per il settore alimentare e farmaceutico. “La società opera in un settore in costante evoluzione in cui le organizzazioni operative devono adeguarsi alle novità di mercato”, racconta Matteo Cavallo, Lean Coordinator Italy Cluster di GEA Group. “Da qui è nata la necessità di far fare uno step di eccellenza a persone che ricoprono un ruolo di responsabilità nel nostro sistema organizzativo, dando loro degli strumenti in più per approcciarsi al mondo del miglioramento continuo e per agire direttamente sui kpi aziendali”.
Studiato per formare personalità manageriali e responsabili di divisione in grado di realizzare il miglioramento continuo attraverso il completamento di progetti che avessero anche ricadute oggettive in termini di riduzione dei costi nella propria area di competenza, il percorso di formazione progettato per GEA da Bonfiglioli Consulting ha preso come riferimento il programma Lean Six Sigma Green Belt per poi essere adattato alle linee guida della multinazionale tedesca e alle specifiche esigenze dei reparti coinvolti, in modo da creare uno standard di formazione che fosse valido per tutti i siti produttivi. Al termine del percorso, articolato in 12 giornate – iniziato a marzo 2020 e concluso l’11 dicembre dello stesso anno –, ogni partecipante ha avuto modo di applicare le conoscenze acquisite a un project-work con obiettivi di cost saving oggettivi che hanno generato per l’azienda un risparmio intorno ai 200.000 euro.
“La lean non è un progetto”, conclude Cavallo, “ma un approccio che parte da una prospettiva top down e si realizza in uno scambio dal basso verso l’alto. Si tratta di una filosofia di pensiero che deve permeare la mentalità delle persone: solo così può far fare un salto a livello gestionale e di performance”. ©TECNeLaB
Il percorso formativo progettato per GEA da Bonfiglioli Consulting ha preso come riferimento il programma Lean Six Sigma Green Belt, adattato alle linee guida della multinazionale tedesca in modo da creare uno standard di formazione che fosse valido per tutti i siti produttivi