I robot industriali venduti in Italia nel 2016, dati elaborati da SIRI, sono stati 6.740, in aumento rispetto ai 6.657 venduti nel 2015.
L’ultimo scorcio del 2017 si è distinto come un periodo chiave per il settore della robotica industriale che, nel 2016, ha fatto registrare una forte crescita nel mondo e anche in Italia. Una spinta decisiva è arrivata anche dal Piano Industria 4.0.
di Riccardo Oldani
Se c’è un mercato che ha mostrato una grande vitalità nello scorcio finale del 2017 è stato quello dei robot industriali. La IFR, la Federazione Internazionale della Robotica (www.ifr.org), che raggruppa i maggiori produttori mondiali del settore, ha parlato di una forte crescita generalizzata ma, soprattutto, del consolidarsi di trend mai verificatisi prima d’ora. Il dato più notevole è che nel 2016, per la prima volta nella storia, sono stati i settori elettrico ed elettronico a registrare il maggior numero di installazioni superando il comparto tradizionalmente leader, l’automotive. Quest’ultimo mantiene un ruolo di potente driver del mercato, ma sono le dinamiche che si registrano nel mercato cinese a segnare questo storico cambiamento. Sempre la IFR ha evidenziato come in Cina la vendita di robot nel 2016 sia cresciuta di botto, del 27%, con 87.000 unità installate, che portano il parco complessivo del Paese a 340.000.
In Cina la vendita di robot nel 2016 è cresciuta del 27%, con 87.000 unità installate, che portano il parco complessivo del Paese a 340.000 unità.
ANCHE L’ITALIA CRESCE
Di fronte a queste cifre “monstre” i numeri italiani impallidiscono. Però segnano una decisa crescita. Lo ha sottolineato Domenico Appendino, Presidente della SIRI (www.robosiri.it), l’Associazione Italiana di Robotica e Automazione, intervenuto l’11 settembre scorso a Pisa in un convegno organizzato nell’ambito del Festival Internazionale della Robotica (www.festivalinternazionaledellarobotica.it).
Appendino ha spiegato come i robot industriali venduti in Italia nel 2016, dati freschissimi appena elaborati da SIRI, siano stati 6.740, in aumento rispetto ai 6.657 venduti nel 2015. In questo modo il parco macchine robotiche installate nel nostro Paese è salito a 68.000 unità (meno di quelle assorbite in un anno dalla Cina), sufficienti per consolidarci al settimo posto nel mondo nella classifica dei Paesi più robotizzati. Va detto che soltanto pochi anni fa eravamo quarti, ma poi il lungo periodo di buio dell’industria italiana successivo al 2008 ci ha fatto regredire in graduatoria. L’anno di svolta, ha evidenziato Appendino, è stato il 2014, quando in un solo anno gli acquisti di robot industriali sono cresciuti del 32%. E il trend non si è più fermato.
Un impatto positivo proviene, in questa crescita, dal Piano Calenda che ha introdotto l’iperammortamento del 250% sugli acquisti di macchinari “Industry 4.0 ready”. Secondo stime di UCIMU-Sistemi per Produrre il provvedimento ha indotto nel 2017 una crescita del 6,7% del valore della produzione italiana di macchinari per l’industria, robot compresi, e ha dato una bella spinta al PIL del Paese. Ora la curiosità di tutti è rivolta a capire se il provvedimento verrà rinnovato anche nel 2018. Lo stesso Ministro dello Sviluppo economico, all’assemblea UCIMU-Sistemi per Produrre, ha ribadito che “se il piano Industria 4.0 non dura almeno per i prossimi 10 anni non servirà assolutamente a nulla. Cercherò di rafforzarlo, non solo per non concluderlo in un anno, ma anche perché serve una visione di lungo periodo per risolvere problemi che durano nel tempo”.
Che la robotica possa diventare un settore trainante per l’Italia lo pensano anche gli scienziati e i ricercatori che sviluppano nuovi automi, non soltanto quelli per l’industria ma anche quelli “di servizio”.
MOTORE PER LO SVILUPPO
Che la robotica possa diventare un settore trainante per l’Italia lo pensano, del resto, anche gli scienziati e i ricercatori che sviluppano nuovi automi, non soltanto quelli per l’industria ma anche quelli “di servizio”, destinati alle nostre case, agli uffici o comunque ad ambienti di lavoro dove sono in stretto contatto con l’uomo. La diffusione di prodotti di questo tipo potrebbe dar vita a una nuova industria manifatturiera per la quale abbiamo già le conoscenze e le competenze. Alla presentazione del Festival Internazionale della Robotica di Pisa il concetto è stato ribadito con forza da Paolo Dario, uno dei massimi scienziati italiani del settore, direttore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e noto a livello mondiale. Basti pensare che a giugno, a Singapore, in occasione della ICRA, la conferenza internazionale di robotica e automazione, Dario è stato insignito del Ras Pioneer Award, considerato un po’ il Nobel del settore. Ebbene, lo scienziato toscano ha ricordato a Pisa che “In Italia i robot li sappiamo ideare, sviluppare e costruire, e di questo dobbiamo essere consapevoli e orgogliosi”. L’idea del Festival, realizzato per la prima volta e pensato per avvicinare il pubblico a queste macchine del futuro, “risale al 1992 – ha spiegato Dario – quando organizzammo la prima mostra di robotica nell’Aula Magna della Scuola Superiore Sant’Anna, su una linea che nel corso dei decenni abbiamo sempre perseguito: essere alla frontiera dell’innovazione tecnologica, ma prestando sempre attenzione alla sua dimensione sociale ed etica. Facevamo bene: sono in molti oggi a temere i robot, non tanto come nemici dell’uomo quanto come ‘ladri di lavoro’. In realtà diventare costruttori, e non solo utilizzatori di robot è per il nostro Paese un’opportunità concreta per mantenere e persino aumentare i posti di lavoro”.
Il Piano Calenda, che ha introdotto l’iperammortamento del 250% sugli acquisti di macchinari “Industry 4.0 ready”, secondo stime di UCIMU-Sistemi per Produrre ha indotto nel 2017 una crescita del 6,7% del valore della produzione italiana di macchinari per l’industria, robot compresi.
LE AZIENDE CHE INVESTONO
Anche le aziende ci credono. In Toscana, che è il terzo polo della robotica italiana dopo quello piemontese e quello lombardo, sono state censite 83 imprese che lavorano in questo settore, tra cui 28 spinoff di centri di ricerca. Ma si tratta ancora di realtà piccole, che lavorano su un mercato territoriale, con fatturati medi di 5,5 milioni di euro e 25 dipendenti. Misure come il Piano Calenda hanno aiutato queste piccole imprese a far crescere il lavoro, ma occorre una spinta decisiva affinché tali realtà possano affermarsi anche sul mercato internazionale. All’evento pisano si sono viste società che operano in campo medicale, per esempio sviluppando strumenti da utilizzare su robot chirurgici o software che consentono di pianificare in modo virtuale gli interventi, dando la possibilità agli specialisti di studiare in anticipo le operazioni che devono realizzare, riducendo al minimo eventuali sorprese che potrebbero trovare sul tavolo operatorio.
Ma anche i grandi gruppi continuano lo sviluppo. Primi fra tutti Comau, che al Festival era presente con un progetto sviluppato insieme all’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna per la realizzazione di un endoscopio di nuova generazione. Per realizzarlo è stato usato un braccio robotico rivestito con una “pelle” sensibile, in grado non soltanto di riconoscere il tocco di una persona ma anche la sua vicinanza. Questo nuovo tipo di rivestimento è frutto di una complessa tecnologia che Comau ha deciso di adottare anche su una nuova linea di robot collaborativi per l’industria, denominata AURA (Advanced Use Robotic Arm) e presentata per la prima volta lo scorso aprile alla Hannover Messe, l’importante manifestazione tedesca sull’automazione industriale. ©TECN’È
Al recente Festival Internazionale della Robotica di Pisa si sono viste società che operano in campo medicale, sviluppando, per esempio, strumenti da utilizzare su robot chirurgici.