Alessandro Arrigo, co-fondatore e CEO dello Startup Studio italiano Startup Bakery.
Il modello di business legato alla creazione e all’acquisizione di startup offre un notevole potenziale per le aziende. Il parere di Startup Bakery.
di Andrea Pagani
Sono diverse le definizioni di startup, non tutte corrette e alcune addirittura in contrasto tra loro. Ma di cosa si tratta esattamente? Ci viene in soccorso la definizione di Paul Graham: informatico, imprenditore e saggista, Graham ha fondato Y Combinator, società che si occupa di finanziare il capitale iniziale delle startup (Dropbox, Airbnb e Stripe sono solo alcuni dei nomi eccellenti che ha contribuito a creare). La definizione di startup coniata da Graham parla di “un’azienda disegnata per crescere rapidamente”. Si tratta in altre parole di aziende in grado di svilupparsi sfruttando business ripetibili e, dunque, economie di scala che consentano di ottenere marginalità sempre crescenti.
Un modello molto diffuso all’estero, in particolare negli Stati Uniti, ma che genera numeri importanti anche in Europa e in Italia. Lo confermano i dati raccolti in un report realizzato da StartupItalia, che mostrano come a livello europeo nei primi 6 mesi del 2024 siano ben 11 i miliardi di euro destinati al finanziamento di startup di vario tipo. In Italia le cifre sono più modeste: poco meno di 500 milioni, una parte significativa dei quali destinati a due specifiche operazioni in private equity, ma comunque sufficienti a generare una certa vivacità nel settore.
La definizione di startup coniata dall’informatico, imprenditore e saggista Paul Graham è “un’azienda disegnata per crescere rapidamente”.
COME NASCE UNA STARTUP
Ma qual è il percorso che porta alla nascita e allo sviluppo di una startup? Ce lo spiega Alessandro Arrigo, co-fondatore e CEO dello Startup Studio italiano Startup Bakery. “Prima dell’avvento della metodologia Lean, ideata da Toyota negli anni ’80, le startup venivano create essenzialmente di pancia. Erano pochi gli imprenditori che applicavano un metodo scientifico nel lanciare nuovi business: tra questi possiamo citare Olivetti, che tra l’altro in molti pensano abbia ispirato aziende del calibro di Apple e aree significative come la Silicon Valley. Creare una startup significa in concreto partire dai problemi di un settore o di una nicchia, ideare una soluzione a tali problemi, testarla il prima possibile, imparare dai feedback ricevuti e correggerla per ritestarla subito, in un ciclo infinito di ottimizzazione. Nel caso la startup si accorgesse di aver sbagliato approccio o mercato, si parla di un pivot strategico. Per farlo occorre essere estremamente agili e con poca burocrazia: un concetto che molti attori dell’industria stanno assimilando proprio grazie alla vicinanza con il mondo delle startup”.
Sono infatti molte le aziende alla ricerca di soluzioni innovative, ma spesso sono inefficienti nel realizzarle (make) o nell’acquisirle (buy). L’Italia non è da meno: realtà come Startup Bakery si occupano proprio di creare startup sostenibili, nello specifico legate a software in cloud per i mercati B2B (come i gestionali) o B2B2C (CRM) sfruttando le potenzialità offerte dai dati e dall’intelligenza artificiale. “Lo facciamo seguendo la metodologia Lean”, prosegue Alessandro Arrigo. “Siamo co-fondatori di ogni nostra startup, nonché primi investitori, con l’obiettivo di portarle verso l’acquisizione da parte di aziende che necessitano di tali soluzioni. In questo modo tutti ottengono dei benefici: i nostri investitori ricavano molto più del capitale impegnato, i co-fondatori possono beneficiare di un formidabile ascensore sociale e i partner industriali dispongono degli strumenti, delle competenze e delle risorse umane già in seno alle startup”.
LA CHIAVE SONO I DATI
Oggi l’attenzione è rivolta verso l’intelligenza artificiale, ma senza un dato di qualità anche i modelli più avanzati possono dare risposte approssimative o addirittura inesatte. L’approccio delle realtà create da Startup Bakery si basa sull’utilizzo di dati di prima parte e su modelli proprietari.
“Anche le aziende tradizionali sono o dovranno diventare delle data company, non c’è alternativa”, prosegue Arrigo. “Così come 30 anni fa Internet ha rivoluzionato il nostro modo di accedere alle informazioni, oggi è l’AI a rappresentare quel cambiamento alimentato dai dati che ciascuno di noi genera quotidianamente. Il lato positivo è che già oggi qualsiasi azienda dispone di questi dati, manca solo la capacità e la volontà di utilizzarli e monetizzarli”.
Rispetto a percorsi più tradizionali, sviluppare le idee attraverso la creazione e l’acquisizione di startup spesso si rivela la scelta giusta per superare molti degli scogli e dei limiti dell’approccio make or buy.
Il make può fallire perché non sempre è sufficiente avere un team tech che sviluppi software per disporre di una soluzione funzionante. Ne sono dimostrazione evidente realtà come Apple, Google o Amazon, alle quali non mancano certo ingegneri del software, che però acquisiscono decine di startup ogni anno. Inoltre, le aziende tendono giustamente a restare concentrate sul proprio core business, anziché su attività disruptive.
Il buy invece spesso non va a buon fine, perché si verifica uno scontro tra culture: quella più impostata e definita dell’azienda che acquisisce e quella più agile e immatura della startup. Nonostante i “manager di integrazione”, infatti, l’85% delle M&A (Mergers & Acquisitions) fallisce entro 5 anni per i motivi più disparati.
“Sia il make che il buy defocalizzano dunque l’azienda che vuole innovare, creando spesso forti tensioni”, spiega Alessandro Arrigo. “Per questo noi proponiamo un percorso più graduale e suddiviso in fasi, al termine del quale acquisire una delle nostre startup risulta più semplice e senza molte delle criticità descritte”.
L’obiettivo ideale (e in genere piuttosto illusorio) di una startup è quello di conquistare completamente un mercato, diventando quello che in gergo viene definito un unicorno, ovvero un’azienda che vale 1 miliardo di dollari.
OPPORTUNITÀ DA SFRUTTARE
Da quando è nata, nel febbraio 2020, Startup Bakery ha contribuito alla creazione di 5 startup. Donux.com è l’unica società di servizi UX/UI, mentre Veterly.com, Condeo.com, Sencare.io ed EsgMax.io si basano sull’approccio SaaS.
“Per quantificare l’interesse che certe idee suscitano sul mercato, basti pensare che EsgMax ha siglato un accordo di exit con Zucchetti quando era solo un PowerPoint! Si tratta di un progetto che prevede la creazione o la raccolta di dati legati alla vita di un’azienda, funzionale a comunicarne la sostenibilità tramite report o output di vario tipo. Poiché nell’immediato futuro sarà sempre più cruciale stilare un bilancio di sostenibilità, EsgMax si rivela di grande interesse un po’ in tutti i settori, dal terziario fino all’industriale o a quello agricolo”, dichiara Alessandro Arrigo.
L’obiettivo ideale (e in genere piuttosto illusorio) di una startup è quello di conquistare completamente un mercato, diventando quello che in gergo viene definito un unicorno, ovvero un’azienda che vale 1 miliardo di dollari. Questo percorso è sostenuto principalmente da soggetti che apportano finanze alla startup e che seguono una legge paretiana dell’allocazione degli investimenti nota come Power Law: si investe in 100 startup, ma basta che una sola diventi un unicorno per ottenere il guadagno cercato.
“Questa logica da venture capital fatica a funzionare in Silicon Valley, figuriamoci in un ecosistema come il nostro dove finanza e cultura del fallimento sono molto meno diffusi”, conclude Arrigo. “Per questo, anziché a un fondo di quel tipo, le startup di Startup Bakery si rivolgono ai partner industriali per crescere, in un rapporto che risulti utile a entrambi i soggetti. Se c’è qualcosa che in Italia non manca è proprio la necessità di innovare. Noi siamo qui per renderla più accessibile a tutti”. ©TECN’È
EsgMax è un esempio di come una startup possa rispondere in modo concreto e flessibile a esigenze di grande attualità, quali appunto la raccolta e l’organizzazione dei dati per generare un report di sostenibilità.