C’era attesa per la 77° edizione dell’Assemblea annuale Assomet, l’associazione che, a partire dal secondo dopoguerra, rappresenta l’industria italiana dei metalli non ferrosi: nello specifico, i produttori e i trasformatori di alluminio, piombo, rame, zinco, nichel, stagno, magnesio, metalli minori e metalli preziosi.
Il particolare momento storico – con la pandemia che ha lasciato spazio non si sa quanto provvisoriamente a un terribile conflitto europeo le cui gravi conseguenze a livello di approvvigionamento energetico, disponibilità di materie prime e fornitura di manufatti penalizzano praticamente qualsiasi settore produttivo – ha infatti aggiunto interesse e importanza a questo appuntamento.
Appuntamento svoltosi in presenza nella storica cornice del Grand Hotel Villa Torretta a Milano, ma decisamente partecipato anche via web da associati, tecnici e operatori del settore, responsabili di altre associazioni della filiera metallurgica, giornalisti e studenti.
Come di consueto, l’evento si è svolto in due distinti momenti: la mattinata – sessione privata – ha visto l’approvazione dei bilanci e il rinnovo del Consiglio Generale. Gli associati hanno espresso unanime soddisfazione per l’andamento del mercato nel 2021 e nei primi sei mesi di quest’anno, pur mostrandosi preoccupati per l’immediato futuro. Si teme un’inversione di tendenza, la contrazione della domanda, il pericolo che altri comparti, oltre all’automotive, subiscano cali il prossimo autunno.
Nel pomeriggio, la sessione pubblica è stata articolata su un convegno bitematico di estrema attualità, che si è arricchito, nella parte conclusiva, grazie a un vivace confronto tra i partecipanti.
Due gli interventi in scaletta: Gianluca Torlizzi, economista, editorialista de Il Sole-24 Ore, autore del recente volume “Materia rara” edito da Guerini e Associati, fondatore di T-Commodity, ha affrontato un aspetto al momento imprescindibile per l’intero sistema industriale italiano ed europeo, cioè quella dell’“Evoluzione dei mercati delle materie prime alla luce della situazione geopolitica attuale”.
A seguire, Roberto Pieroncini e Stefano Incrocci, rispettivamente Direttore e Responsabile della Certificazione di Prodotto di IGQ-Istituto italiano di Garanzia della Qualità, hanno illustrato motivazioni e percorsi che portano le aziende ad accedere ai “Servizi di certificazione del contenuto di riciclato e Carbon Footprint”.
Nella fase introduttiva del suo intervento, Torlizzi ha sottolineato la scomodità della posizione attuale dell’Unione Europea, stretta nel mezzo di una guerra fredda, nella volontà di supremazia (quanto meno economica) tra il blocco dell’Est di Cina e Russia e quello delle democrazie liberali, USA in testa, di cui l’Unione Europea fa parte.
“Il modello cui si sono ispirate le leadership occidentali era quello della globalizzazione”, ha detto Torlizzi, “e nel breve periodo faremo i conti con importanti difficoltà nell’ambito delle politiche energetiche e delle catene di fornitura che condizioneranno ancora i costi delle materie prime, per quanto in un regime di volatilità”.
A seguire ha preso la parola Pieroncini, illustrando il processo, laborioso e non privo di costi, attraverso il quale le aziende giungono a ottenere i riconoscimenti desiderati. “Le certificazioni, semplificando, non sono che un pezzo di carta cui le imprese ambiscono in quanto ritengono di poterlo scambiare in valore effettivo. Per ottenere tale risultato è necessaria la piena fiducia nell’ente o nell’organizzazione che le rilascia”, ha sottolineato Pieroncini.
Sulla certificazione delle emissioni di CO2, sia di Organizzazione che di Prodotto, si è basato l’intervento dell’ultimo relatore, Stefano Incrocci, Responsabile IGQ per la Certificazione di Prodotto. “La sostenibilità ambientale è uno dei criteri prioritari su cui si basa la scelta di un prodotto, allo stesso modo della qualità o delle prestazioni fornite”, ha detto Incrocci, “e la sua importanza viene confermata dagli investimenti previsti per raggiungere gli obiettivi del Green Deal Europe 2050”.