Dopo un 2009 da dimenticare, è positivo il bilancio 2010 dell’industria italiana costruttrice di beni strumentali e tornano a crescere i principali indicatori economici del settore rappresentato da Federmacchine. È in sintesi la fotografia presentata da Alberto Maria Sacchi, Presidente uscente di Federmacchine, in occasione dell’assemblea annuale che ha ospitato l’incontro incentrato sul tema “Il settore dei beni strumentali in Italia e Germania: due leader a confronto”, cui sono intervenuti Roberto Crapelli, Amministratore Delegato Roland Berger, e Gregorio De Felice, Responsabile servizio studi e ricerche di Intesa San Paolo.
Secondo i dati elaborati dal Gruppo Statistiche Federmacchine, nel 2010, la produzione è cresciuta a 34 miliardi di euro, il 13,5% in più rispetto all’anno precedente. Principale motore della ripresa è risultato l’export che, cresciuto del 16,2%, si è attestato a 23 miliardi di euro. Principali mercati di sbocco dell’offerta italiana di settore sono risultati: Cina (2 miliardi di euro), Germania (1,9 miliardi), Francia (1,8 miliardi), Stati Uniti (1,3 miliardi). Più debole, pari all’8,2%, è risultato invece l’incremento delle consegne sul mercato interno che hanno raggiunto il valore di 11,1 miliardi di euro, trainate dal consumo che, in crescita del 12%, si è attestato a 17 miliardi di euro. Sebbene i dati siano positivi, occorre evidenziare che il terreno perso con la crisi del 2009 non è stato ancora recuperato. D’altra parte, le rilevazioni emerse dall’indagine previsionale condotta su un campione rappresentativo di imprese del comparto, evidenziano, nel primo trimestre del 2011, la discrepanza tra l’andamento delle vendite sul mercato interno ed estero. A fronte di una debole domanda interna, giudicata bassa dal 33,4% degli intervistati, si rileva la soddisfazione per la performance della domanda estera valutata “alta” dal 43% degli interpellati. “L’analisi dei dati di lungo periodo individua in due fattori la ricetta delle imprese del settore per sconfiggere la crisi e mantenere alto il livello di competitività: sguardo rivolto all’export e salvaguardia del capitale umano”, ha sottolineato Sacchi.
Va posto in evidenza un dato: nel primo decennio del 2000 il rapporto export/produzione è cresciuto dal 61% al 67%. L’incremento della quota di produzione destinata ai mercati stranieri non ha comportato una significativa crescita dimensionale delle imprese il cui numero medio di addetti si è mantenuto intorno alle 28-29 unità, per un fatturato medio pari a 4-5 milioni di euro. D’altra parte, considerando il numero di addetti impiegati nel settore del bene strumentale, emerge chiaramente come, dopo la riduzione dovuta alla grande crisi, le imprese del comparto abbiamo avviato un processo di assunzione interrompendo il trend negativo rilevato a partire dal 2008 e che, al contrario, interessa tuttora l’industria manifatturiera italiana intesa nel suo complesso.