Ogni giorno che passa, viviamo in un mondo sempre più automatizzato. Che siano i robot che puliscono casa nostra, gli assistenti vocali che ci ricordano gli appuntamenti della giornata o i navigatori che ci suggeriscono scorciatoie senza traffico per arrivare in tempo al lavoro, la “rivoluzione” dell’intelligenza artificiale è già qui.
Ma se gli effetti sul quotidiano ci sembrano evidenti e, a pensarci bene, anche poco rivoluzionari, gli impatti delle nuove tecnologie sono molto più vasti e profondi sia a livello sociale sia aziendale. Nell’immaginario collettivo le speranze e i timori legati a queste innovazioni sono diversi e vanno da scenari dominati da una devastante disoccupazione di massa a scenari caratterizzati da una proficua distruzione creativa.
Gli interventi degli oltre 20 autori ed esperti intervistati nel “Quaderno Robot, l’automazione è collaborativa”, sembrano comunque convergere sull’idea che “ci sarà sempre una soglia oltre la quale il ruolo dell’essere umano sarà insostituibile” (Carlo Napoli). L’ampiezza dello spettro di professioni e background, che include fisici (Massimo Temporelli), giornalisti (Luca De Biase), filologi (Luca Toschi), manager (Gianpaolo Barozzi, Renato Dorrucci), filosofi (Stefan L. Sorgner) e bioingegneri (Alessandro Vato), per citarne alcuni, sottolinea la pluralità di opinioni necessaria per inquadrare gli sfocati confini di un tema tanto attuale quanto controverso.
Cristina Favini, Strategist, Manager of Design di Logotel (www.logotel.it) e responsabile del progetto Weconomy (www.weconomy.it), ricorda come ci sia la necessità “di tornare a farci delle domande scomode per capire in profondità gli impatti e la posizione da prendere in merito a queste nuove tecnologie, per capire cosa le macchine possono fare o, meglio ancora, non fare. Perché quello che non fanno esalta il nostro modo di essere persone. […] Invece di cimentarci in una perdente corsa contro le macchine, investiamo in una collaborazione con loro, nella quale il ‘fattore umano’ viene allenato, sviluppato e valorizzato”.
Del resto, come afferma Massimo Temporelli, Presidente e co-founder di The FabLab: “la nostra specie è il risultato di una riuscita coevoluzione dinamica e in continuo mutamento tra il nostro organismo, la biologia e la tecnologia, tra natura e cultura”. Secondo l’autore infatti: “la tecnologia è umanizzante. [...] Per questo i robot e l’AI non solo non devono farci paura, ma devono essere accolte con attento entusiasmo”. Per ottenere dei risultati concreti e positivi comunque, sottolinea ancora Cristina Favini, “[...] servirà sempre più investire su nuovi modelli di formazione e apprendimento che insegnino non le soluzioni, ma a risolvere i problemi”.