L’Italia è un Paese in cui chi fa impresa può ancora credere e investire? Sì, a condizione di dare concretezza a un nuovo patto tra istituzioni ed economia reale, basato su fiducia e trasparenza, coerenza tra le leggi e gli obiettivi, semplificazione della burocrazia e accessibilità alle risorse pubbliche. È quanto emerso dall’incontro “Reindustrializzare l’Italia si può”, promosso dall’associazione Assomec (www.assomec.eu) per assegnare i riconoscimenti “Dal dire al fare, Imprese di successo” a 80 piccole e medie imprese, in collaborazione con Confartigianato, Associazione italiana finiture metalli e Reimpresa e con il supporto degli sponsor Consulman, Spi Power, Milano Readytec, Led House, Tempor, Edenred e la nostra testata Tecn’è.
“Un premio per far sapere agli imprenditori e alle istituzioni che la recessione si può vincere, cogliendo tutte le opportunità finanziarie pubbliche, utilizzabili per far crescere il capitale umano e il know how tecnico delle imprese produttive”, ha spiegato Barbara Pigoli, presidente Assomec. “l 95% delle esportazioni italiane proviene dalla produzione industriale, ha un alto standard qualitativo e un posizionamento nella fascia premium del mercato. Ecco perché grandi gruppi come Whirlpool o Natuzzi hanno deciso di riportare in Italia importanti attività produttive e un colosso dell’automotive come Audi sceglie di investire quasi un miliardo di euro sull’indotto della nostra subfornitura di eccellenza”.
“Oggi (ndr: 17 dicembre) premiamo proprio le PMI che operano in queste filiere, che hanno chiari obiettivi di crescita e sono riuscite a trasformare in risultati concreti i contributi pubblici a sostegno delle attività economiche”, ha aggiunto Barbara Pigoli.
Perché allora tante piccole imprese restano escluse dalla grande disponibilità di incentivi pubblici? In gioco ci sono 43 miliardi di euro di fondi comunitari, 500 milioni di euro erogati dai ministeri italiani per investimenti in ricerca e sviluppo, altri 629 milioni di euro dei fondi interprofessionali per la formazione: “Perché l’imprenditore non capisce a chi rivolgersi e per cosa, perché i contributi dovrebbero servire per le imprese e per i lavoratori e non per pagare chi eroga i servizi, perché in sostanza l’eccessiva burocrazia sottrae solo tempo e senso a chi deve prendere ogni giorno decisioni importanti”, ha concluso Pigoli, ribadendo alcuni risultati raggiunti da Assomec: 450 imprese coinvolte, oltre 5 milioni di euro di finanziamenti, 47.000 ore di formazione erogata.
E non solo formazione: come ha sottolineato Daniele Respino della società di consulenza Consulman: “Le PMI manifatturiere chiedono interventi ben precisi, riguardanti nuovi piani industriali, programmi di riduzione delle perdite e progetti mirati di reingegnerizzazione dei processi”.
L’assessore all’Economia e Semplificazione della Regione Lombardia, Massimo Garavaglia, ha infine tirato le conclusioni rinnovando l’impegno ad avviare interventi di drastico abbattimento delle “barriere” burocratiche che rendono farraginoso l’accesso ai finanziamenti pubblici: “Crediamo che tutti i dispositivi di legge possano essere semplificati. Abbiamo cominciato con le modalità di accesso alle agevolazioni IRAP per le start up innovative e con la fatturazione elettronica nel sistema sanitario che garantisce pagamenti delle forniture entro 15 giorni. Stiamo passando rapidamente dalle parole ai fatti”.