Secondo Ollum va bene il riciclo, ma bisogna anche innovare la produzione. Il settore siderurgico è sotto pressione per ridurre le proprie emissioni di CO? e contribuire agli obiettivi di neutralità climatica senza compromettere la qualità e la disponibilità dell’acciaio.
Ma tra acciaio vergine e acciaio riciclato, quale rappresenta la scelta più sostenibile ambientalmente ed economicamente? Con l’Europa impegnata nella transizione ecologica e nell’adozione di strategie di economia circolare, il dibattito su quale sia il percorso più sostenibile si fa sempre più acceso.
Processo ad alte emissioni di CO?
La produzione di acciaio vergine attraverso l’altoforno e il convertitore a ossigeno è tra i processi industriali più impattanti in termini di emissioni. Questo è dovuto alla necessità di materie prime come pig iron, ferronickel e calce viva, la cui lavorazione comporta una significativa combustione di carbone e gas metano.
In Europa, le emissioni per ogni tonnellata di acciaio vergine prodotto possono variare da 2,5 a oltre 5 t di CO?, considerando l’intero ciclo produttivo. Il materiale preso in esame in questa comparazione è un acciaio basso legato (low-alloyed), che contiene cromo o nickel in basse percentuali, una tipologia molto diffusa nella manifattura europea.
L’acciaio riciclato
L’acciaio riciclato rappresenta un’opzione più sostenibile, soprattutto per i settori che non richiedono materiali ad alta resistenza meccanica. Questo materiale, conoscendo i suoi componenti, può essere rifuso e riutilizzato infinite volte con un impatto ambientale significativamente inferiore rispetto all’acciaio vergine.
Il processo di riciclo consente infatti di ridurre il consumo energetico fino al 70% e l’utilizzo di acqua del 40%, oltre a limitare la necessità di estrazione di nuove materie prime e la produzione di rifiuti industriali.
È davvero più economico?
Sebbene l’acciaio riciclato possa offrire un risparmio sui costi di produzione, attualmente l’acciaio vergine risulta spesso più competitivo. La volatilità dei prezzi dell’energia e la limitata economia di scala del riciclo influenzano la convenienza dell’acciaio riciclato, rendendone il costo variabile e rallentando la transizione verso una siderurgia più sostenibile.
A questo proposito, l’Unione Europea ha preso la situazione in mano con il Clean Industrial Deal in cui è incluso il Steel and Metals Action Plan una strategia dedicata a garantire la sostenibilità economica della produzione di acciaio sostenibile. Il piano verrà rilasciato il 19 marzo 2025 con conseguente probabile inserimento di incentivi che andranno probabilmente a premiare riciclatori, fornitori e utilizzatori di acciaio riciclato.
Limiti dell’acciaio riciclato
Tuttavia, l’acciaio riciclato non è una soluzione sufficiente per decarbonizzare l’intero settore siderurgico. “L’acciaio è uno dei materiali più riciclati al mondo, con un tasso di recupero superiore al 99% in Europa, ma, nonostante ciò, il rottame disponibile non basta per coprire il fabbisogno industriale”, spiega Saverio Lapini, CEO di Ollum.
“La ragione principale è che l’acciaio ha una vita utile molto lunga: le infrastrutture costruite negli ultimi decenni non sono ancora giunte a fine vita e i principali mercati in crescita, come l’India e il Sud-Est asiatico, non dispongono di abbastanza materiale da riciclare”, spiega Lapini.
Inoltre, l’acciaio riciclato presenta limiti tecnici. Nonostante possa essere rifuso infinite volte, la sua composizione chimica si modifica progressivamente. L’acciaio è sempre una lega, con una base di ferro intorno al 97% e una piccola percentuale di altri metalli come cromo, nickel o manganese.
Durante il riciclo, però, non è possibile controllare con precisione la composizione della lega, poiché i rottami fusi insieme provengono da diverse fonti con elementi chimici differenti.
Questo significa che, se riciclato troppe volte senza un’accurata selezione dei materiali, l’acciaio può perdere alcune delle sue proprietà meccaniche, rendendolo meno adatto a impieghi strutturalmente impegnativi.
Non solo il riciclo
Per questi motivi, la decarbonizzazione della siderurgia non può basarsi esclusivamente sul riciclo, ma deve includere anche innovazioni nella produzione di acciaio vergine. Una delle tecnologie più promettenti in questo campo è la riduzione diretta del ferro con idrogeno (DRI-Direct Reduced Iron), che consente di eliminare il carbone dal processo produttivo, riducendo drasticamente le emissioni di CO?.
“Questo è un passaggio fondamentale per ridurre l’impatto del settore”, dice Lapini, “e l’Europa può giocare un ruolo chiave”. La transizione verso un’acciaieria a basse emissioni passa quindi attraverso un doppio binario: massimizzare il riciclo dove possibile e, al tempo stesso, investire in tecnologie pulite per la produzione di acciaio vergine, garantendo un futuro sostenibile per il settore senza compromessi sulla qualità dei materiali.