L’elettrificazione dei trasporti è considerata la strada più veloce per abbattere la produzione di emissioni climalteranti, di cui l’attuale sistema di mobilità è responsabile in Europa per circa un quarto.
Il cambio di paradigma della mobilità verso l’elettrificazione sta mettendo a dura prova la tenuta delle aziende del settore automotive. È però possibile trarre grande beneficio da questa transizione, a patto di comprenderne le potenzialità.
di Alessia Varalda
Quella della mobilità elettrica è una rivoluzione in atto da più di dieci anni. Dopo un avvio in sordina, i numeri si sono fatti via via sempre più consistenti. Ma quando si parla di mobilità elettrica non ci si riferisce unicamente ad automobili e veicoli in generale: occorre tenere in considerazione le motivazioni di questa transizione e stabilire le condizioni affinché essa si verifichi.
L’elettrificazione è ritenuta universalmente la modalità ideale per ridurre la quantità di CO2 e di inquinanti che vengono immessi in atmosfera e invertire così la tendenza al riscaldamento globale. Secondo i dati pubblicati dalla Agenzia Europea dell’Ambiente, i trasporti contribuiscono alle emissioni totali di CO2 in Europa per circa un quarto. Di questa frazione, il 71,7% deriva dal trasporto stradale.
L’obiettivo prefissato è ambizioso ma non irraggiungibile: ridurre entro il 2030 le emissioni dei trasporti del 60% rispetto ai livelli del 1990, per arrivare al 2050 a una riduzione del 90% (sempre rispetto al 1990).
SUPERARE L’INERZIA
Costruire un veicolo elettrico porta con sé anche problematiche e sfide da affrontare. Innanzitutto, è importante che l’energia utilizzata provenga da fonti rinnovabili, altrimenti ci si limita a spostare il problema dal motore a scoppio alle centrali a carbone o a gas. In secondo luogo, l’elettricità va trasportata e resa disponibile in maniera capillare attraverso un numero sempre crescente di punti di ricarica pubblici e privati.
Non dimentichiamo, infine, che, se da un lato i veicoli elettrici sono concettualmente più semplici rispetto a quelli a combustione interna, dall’altro includono una serie di componenti e sottosistemi critici come le batterie, il motore e i pacchetti hardware & software per una gestione ottimale del mezzo. Un grande cambiamento per le storiche case automobilistiche, che si trovano a fare i conti con la propria efficienza (e conseguente inerzia) produttiva.
Presente e futuro della filiera automotive italiana. Elaborazione Osservatorio TEA sulla base dei risultati della survey condotta dal 1° luglio al 30 settembre 2023 su un campione di 217 imprese rappresentativo delle circa 2.300 imprese della filiera mappate dall’osservatorio.
POSSIBILITÀ DA COGLIERE
Cosa comporta tutto ciò per le moderne aziende? Occorre innanzitutto fare una distinzione tra quelle non direttamente coinvolte nello sviluppo, produzione, commercializzazione e gestione dei veicoli elettrici e quelle che, in qualche modo, vi contribuiscono. Le prime possono beneficiare in molti modi di questo cambiamento. Il più facile è aggiornare il proprio parco veicoli con altri più ecologici, magari affiancandoli a sistemi di ricarica aziendali abbinati a impianti fotovoltaici posizionati sul tetto degli edifici.
A fronte di un investimento iniziale maggiore (incentivato in vari modi a livello regionale e statale), si ottengono vantaggi economici legati al minor costo chilometrico e alla ridotta manutenzione. Le realtà più strutturate (oltre 50 milioni di fatturato e con più di 250 dipendenti) ben presto dovranno confrontarsi con il Bilancio di Sostenibilità e il fatto di disporre di mezzi di trasporto a propulsione elettrica sarà una caratteristica favorevole per la valutazione complessiva. Per altre attività, come quelle ricettive, gli alberghi o i ristoranti, la presenza di punti di ricarica è un elemento distintivo e può indirizzare le scelte dei potenziali clienti.
Passando invece alle aziende direttamente coinvolte, è bene ricordare che in Italia sono molte quelle che si occupano della costruzione e dell’assemblaggio di sottoassiemi per il mercato automotive. I dati forniti da Assocameraestero, l’Associazione delle Camere di Commercio Italiane all’Estero, mostrano come nel 2022 l’Italia vantasse circa 2.200 aziende e 161.000 dipendenti impegnati nella fornitura verso l’industria automotive tedesca, per un totale di 45 miliardi di euro di fatturato distribuiti su componenti di ogni genere: pezzi per motori, trasmissioni, frizioni, fusioni, parti metalliche e in plastica, stampi e altro ancora.
La realizzazione di gigafactory per la produzione di pacchi batterie per le auto elettriche dovrebbe creare in Europa, entro il 2030, 165 mila nuovi posti di lavoro, di cui circa 8.600 in Italia.
LA SFIDA DELLE BATTERIE
Ma la mobilità elettrica fa a meno di molti di questi componenti, mentre ne richiede di nuovi e specialistici. Il più interessante, e con le maggiori potenzialità di sviluppo, è indubbiamente la batteria, che rappresenta il vero punto di svolta economico e tecnologico per il passaggio in massa verso l’e-mobility. Le batterie sono elementi che richiedono importanti economie di scala. Non a caso vengono costruite in quelle che Tesla prima, e altri a seguire, hanno definito gigafactory: strutture dedicate alla produzione in grandi volumi.
Al momento l’Europa non risulta tra i grandi player mondiali di questo settore, ma ridurre il gap con la concorrenza (in particolare quella asiatica) permetterebbe di raggiungere gli obiettivi europei di manifattura LIBs (Lithium Ions Batteries, batterie a ioni di litio), creando 165.000 posti di lavoro e 120 miliardi di euro di ricavi a livello di continente. In Italia sarebbero circa 8.600 i posti di lavoro diretti per 6,5 miliardi di euro di ricavi al 2030.
Si stanno muovendo i primi passi in questa direzione, anche se solo a livello di dichiarazioni di intenti: ACC Automotive Cells Co., per esempio, ha annunciato la costruzione di uno stabilimento a Termoli (CB) che, a regime, avrà una capacità produttiva di 40 GWh all’anno (sufficienti per più di 600.000 vetture) e darà lavoro a circa 2.000 persone. Ma pur essendo l’elemento centrale delle auto elettriche, non sono solo le batterie a offrire opportunità di business per le aziende italiane.
Il Cybertruck, pickup tutto elettrico di Tesla da poco uscito sul mercato USA, ha una dotazione di infotainment e climatizzazione governata da hardware e software di ultima generazione. Il mercato delle auto elettriche apre opportunità di business anche in questa direzione.
BUSINESS OLTRE I VEICOLI
Un settore che sta mostrando altrettanto dinamismo è quello dei dispositivi per la ricarica dei veicoli elettrici. Si parte dalle più semplici wallbox domestiche da pochi kW per arrivare alle potenti colonnine ultrarapide capaci di erogare potenze fino a 350 kW. A fine 2022 in Italia si contavano quasi 40.000 punti di ricarica ad accesso pubblico, molti dei quali (85%) fino a 22 kW e il restante di tipo fast charge. Il Superbonus 110% ha impresso una forte accelerazione a quelli privati, che hanno raggiunto quota 370.000 (+170% sull’anno precedente).
È interessante notare come il PNRR preveda ancora circa 700 milioni di euro destinati all’installazione di 21.000 colonnine entro il 30 giugno 2026: un’altra opportunità unica per potenziare l’infrastruttura di ricarica e accelerare la penetrazione dei veicoli elettrici nel nostro Paese, con evidenti vantaggi per le aziende coinvolte in questa articolata transizione.
Un ulteriore ambito applicativo che si rivelerà cruciale nel medio-lungo periodo è quello del riciclo delle batterie. Nel contesto di una filiera integrata e resiliente, assumerà un ruolo sempre più centrale dal punto di vista economico, strategico e ambientale.
DAL RICICLO AL SOFTWARE
Il recupero di materie prime è la chiave di volta per svincolarsi almeno in parte dall’importazione dall’estero, riducendo la dipendenza europea dalle forniture provenienti da altri continenti e mettendosi al riparo dall’andamento altalenante dei prezzi di litio e terre rare.
Non di rado le auto elettriche vengono infine descritte come “computer su ruote”: la definizione è tutt’altro che campata per aria, visto il quantitativo di sensori, componenti elettronici, dispositivi di sicurezza e persino apparati per l’infotainment che devono essere pilotati da software. Non mancano poi le relative app per la gestione dei veicoli, delle procedure di ricarica o della navigazione subordinata all’autonomia residua nelle batterie.
È naturale pensare quindi alle opportunità di chi si occupa di sviluppo software. In un settore applicativo giovane e promettente come questo, c’è molto spazio anche per le startup, realtà dinamiche capaci di intercettarne con maggiore efficienza le necessità e fornire risposte rapide. Un report del Centro Studi Territorio e Ambiente di Assolombarda ha identificato poco meno di 900 startup innovative in Italia attive in ambiti legati alla mobilità e, di queste, il 17% sono coinvolte direttamente nella filiera automotive tradizionale e il 13% in quella elettrica.
RISORSE E STRUMENTI PER LA TRANSIZIONE
Per beneficiare delle opportunità offerte dalla mobilità elettrica è necessario prevedere investimenti adeguati. Il ritorno è rapido, ma non tutte le aziende e i professionisti hanno le risorse necessarie per avviare questa transizione. Esistono perciò numerose forme di supporto economico, agevolate o a fondo perduto, utili per rispondere a casistiche di questo tipo.
A queste realtà sono destinati incentivi di vario tipo: il più recente è stato il Bonus Colonnine, conclusosi a fine 2023, ma vista l’importanza del tema ci si aspettano ulteriori azioni del genere da parte delle istituzioni, anche per l’acquisto di veicoli commerciali a trazione elettrica. Il governo sembra intenzionato a favorire e sostenere questo passaggio. © ON ENERGY
Alla diffusione delle e-car deve corrispondere la realizzazione di una rete efficiente di punti di ricarica. Sommando le stazioni pubbliche con quelle private, oggi in Italia ne esistono circa 450 mila.