
La transizione che sta interessando il mondo dell’auto verso i paradigmi SDV-Software Defined Vehicles, veicoli definiti dal software, impone all’industria automobilistica europea sfide decisive.
SDV-Software Defined Vehicles: la transizione che sta interessando il mondo dell’auto impone all’industria automobilistica europea sfide decisive.
di Paolo Delnevo e Michele del Mondo (*)
Nell’industria automobilistica è in atto una rivoluzione silenziosa, dove il software si sta trasformando in base strutturale dei veicoli. Secondo Morgan Stanley, entro il 2029 gli SDV (i veicoli definiti dal software) potrebbero arrivare a rappresentare addirittura il 90% del mercato mondiale, rispetto ad appena il 3% registrato nel 2021. Un mercato che potrebbe superare i 210 miliardi di dollari entro il 2032.
Negli Stati Uniti e in Cina, gli SDV sono una realtà che può dirsi già consolidata. Al contrario, l’Europa appare esitare: nonostante le eccezionali competenze ingegneristiche, il software viene ancora visto come un componente aggiuntivo, e non come un abilitatore strutturale. Un esempio? Funzionalità come gli aggiornamenti over-the-air in molti paesi europei sono qualcosa di sconosciuto.
IL VERO OSTACOLO NON È LA NORMATIVA
Molti ritengono che la causa dei rallentamenti dei cicli di innovazione sia da attribuirsi alla regolamentazione europea. In realtà non è la quantità di regole a rappresentare il problema, ma la mancanza di strutture tecniche e organizzative in grado di integrarle in modo sistemico. Standard come ISO 26262 (sicurezza funzionale) o UNECE R155/R156 (cybersecurity e aggiornamenti software) formulano requisiti chiari per la valutazione del rischio, l’architettura di sistema e i processi di aggiornamento, e richiedono la tracciabilità completa all’interno di sistemi che, come le automobili, sono molto complessi.
In assenza di adeguati strumenti che garantiscano una tracciabilità strutturata sarà impossibile offrire la garanzia di un processo certificato. Inoltre, regolamenti specifici, come il Cyber Resilience Act o l’AI Act, introducono nuovi requisiti in termini di robustezza e capacità di aggiornamento.
Queste norme sono note da tempo. Ignorarle significa esporsi al rischio di ritardi nell’omologazione dei veicoli che, di conseguenza, si possono riflettere sulla loro accettazione da parte del mercato. È quindi indispensabile adottare un approccio tecnico che consideri la normativa non come un vincolo documentale, ma come un principio architetturale. Metodologie come l’Application Lifecycle Management (ALM) o il Model-Based Systems Engineering (MBSE) consentono di soddisfare tali requisiti in modo coerente.
Stati Uniti e Cina avanzano con grande rapidità, mentre in Europa pesa la mancanza di strutture tecniche e organizzative adeguate. Per restare competitiva, l’Europa ha bisogno di un cambio di rotta chiaro e sistemico.
L’ARCHITETTURA COME SISTEMA DI CONFORMITÀ
Quando si parla di SDV, la conformità normativa non va intesa come un passaggio conclusivo di validazione, ma va interpretata come un principio architetturale dinamico che accompagna strutturalmente l’intero ciclo di vita del prodotto. Questo significa integrare sicurezza, tracciabilità e capacità di aggiornamento sin dalle prime fasi dello sviluppo.
Framework tecnici come ALM o MBSE consentono di modellare requisiti, varianti, test e dipendenze tra componenti, moduli software e processi lungo l’intero ciclo di vita del veicolo. Solo così è possibile verificare in tempo reale i requisiti normativi e mantenere la completa tracciabilità.
La complessità della normativa europea spinge i costruttori a rendere questi processi integrabili in modo duraturo. Non sarà più sufficiente affidarsi a un’architettura frammentata, moduli software isolati, test condotti manualmente, documentazioni cartacee: solo un approccio coerente e basato su modelli robusti consentirà di trasformare i requisiti normativi in qualità del prodotto.
IL PUNTO CRITICO: L’ORGANIZZAZIONE
I problemi strutturali sono indipendenti dagli strumenti e dipendono dai modelli di governance. Molti costruttori europei mantengono separati i team di progettazione e sviluppo in ambito di meccanica, elettronica e software, e l’integrazione avviene solitamente lungo una catena di processi tra loro sequenziali, dando spesso luogo a carenze tecniche, allungamento delle tempistiche e limitata scalabilità.
I concetti che stanno alla base degli SDV non sono un terreno di sperimentazione, al contrario rappresentano per il settore automobilistico una decisione strategica su cui focalizzarsi quanto prima. Il paradigma software-first rappresenta un vero capovolgimento di fronte: non è il software a supportare il veicolo, è il veicolo in sé ad essere definito dal software. Aggiornamenti OTA (over the air), ADAS (Advanced Driver Assistance Systems), Vehicle-to-X, manutenzione predittiva: il tutto dipende da un’architettura che si trova distribuita tra centraline, unità di controllo, infrastrutture cloud e servizi di sicurezza. Solo un’architettura costantemente integrata può gestire questa complessità nel lungo termine.
Secondo uno studio Deloitte, quasi il 90% dei responsabili tecnici dichiara progressi in atto verso il modello SDV, ma è solo il 45% dei responsabili di business a condividere questa visione. Questa divergenza è il sintomo di un problema strutturale: i progressi tecnici non sempre si traducono in una strategia a livello aziendale.
Ne consegue che l’SDV viene percepito come un progetto IT e non come una trasformazione organizzativa. Il mancato coinvolgimento delle varie unità aziendali porta a una frammentazione che, come risultato, ostacola la traduzione delle innovazioni tecnologiche in strategie di prodotto sostenibili. Strutture compartimentate, responsabilità poco chiare e mancanza di sincronizzazione rallentano l’implementazione e compromettono la competitività.
È quindi indispensabile adottare un approccio tecnico che consideri la normativa non come un vincolo documentale, ma come un principio architetturale. Metodologie come l’Application Lifecycle Management (ALM) o il Model-Based Systems Engineering (MBSE) consentono di soddisfare tali requisiti in modo coerente.
PERCHÉ È GIUNTA L’ORA DEL CAMBIAMENTO
La corsa al mercato degli SDV è già iniziata da tempo. Non sviluppare oggi una piattaforma veicolare modulare ed evolutiva significa compromettere l’evoluzione futura. I costruttori di tutto il mondo si stanno orientando verso piattaforme software centralizzate: Tesla, BYD, ma anche Volkswagen/Cariad e Volvo hanno già intrapreso questa strada.
Secondo Roland Berger, la spesa annuale in software da parte degli OEM raggiungerà i 38 miliardi di dollari, con una proiezione di crescita – sic stantibus rebus – a 59 miliardi di dollari entro il 2030. Lo stesso studio indica che, grazie al supporto del software, per l’industria dell’auto si potrebbe generare un potenziale risparmio di circa 17 miliardi di dollari. Tuttavia, senza una riorganizzazione strutturale e organizzativa, l’Europa rischia non solo di rendere più profondo il gap tecnologico, ma anche di registrare una significativa perdita di efficienza e ricavi.
EUROPA: PROTAGONISTA O SPETTATRICE?
A livello europeo serve un cambio di rotta sistemico, una trasformazione digitale profonda. Non si tratta di un attuare un semplice progetto di innovazione, ma di abbracciare una nuova visione strategica, in cui il software diventa il punto di partenza.
L’Europa dispone di un ricco know-how, di standard chiari e di solide basi tecniche, ma manca ancora una vera e propria mobilitazione sistemica. Per l’Europa è il momento di decidere da che parte stare: guidare da protagonista il futuro degli SDV o, al contrario, subire la sua evoluzione passivamente. Non è una mera questione di funzionalità software, ma di stabilire se l’industria dell’auto europea sarà in grado di giocare a livello globale il ruolo di protagonista che le spetta. ©TECNELAB
(*) Paolo Delnevo, Vice President PTC Southern Europe, e Michele del Mondo, Global Advisor for Automotive, PTC.

L’Europa dispone di un ricco know-how, di standard chiari e di solide basi tecniche, ma manca ancora una vera e propria mobilitazione sistemica. Per l’Europa è giunto il momento di decidere da che parte stare: guidare da protagonista il futuro degli SDV o, al contrario, subire la sua evoluzione passivamente.





































































