
I fondatori di Alto Robotics: la Chief Product Officer, Sara Bellini, e il CEO Jody Saglia.
Alto Robotics è un’azienda robotica italiana nata con modalità uniche. Ne parliamo con il CEO, Jody Saglia, e la Chief Product Officer, Sara Bellini.
di Alessandro Vella
Alto Robotics è un nome che da qualche tempo risuona nell’aria della robotica industriale italiana. Avevamo visto lo stand dell’azienda in più occasioni: allo European Robotics Forum di Rimini nel 2024, a SPS Italia di Parma sempre nel 2024 e poi anche lo scorso autunno alla BI-MU di Milano, nell’area RobotHeart dedicata alla robotica industriale. Poi, a SPS Italia dello scorso maggio, Alto Robotics, che ha sede a Bergamo e a Genova, ha presentato il suo primo prodotto. Si chiama Node, ed è un robot mobile collaborativo pensato per le esigenze dell’industria. A questo punto la curiosità è cresciuta e ci ha fornito lo spunto per incontrare il CEO, Jody Saglia, e la Chief Product Officer, Sara Bellini, che è anche l’impiegata numero uno dell’azienda. La prima cioè a essere entrata nell’organigramma dopo la fondazione.
UNA GENESI UNICA
“Una genesi particolare quella di Alto Robotics”, spiega Bellini. “Siamo nati per visione del fondo Cysero, che è assolutamente unico nel suo genere. Un gruppo di industriali che desidera portare sul mercato tecnologia avanzata e si muove investendo in startup italiane in modo diretto, attraverso il venture capital”. Un’iniziativa rara nel panorama italiano, dove realtà simili si contano sulle dita di una mano.
Jody Saglia aggiunge altri dettagli. “Il fondo Cysero aveva l’obiettivo di costruire una startup innovativa nel campo della robotica di servizio, ed era alla ricerca delle persone giuste e della direzione più promettente da intraprendere. È stato il fondo a cercarmi e a darmi carta bianca. Avevo da poco concluso un’esperienza in Amazon e mi stavo muovendo da indipendente. La sfida di costruire una visione, un piano, un team mi ha affascinato e così ho accettato”. Saglia ha un solido passato nella ricerca in IIT, l’Istituto Italiano di Tecnologia, ed è stato uno degli uomini chiave del lancio e sviluppo della startup Movendo Technology, ideatrice della piattaforma robotica Hunova per la riabilitazione fisica. “Ho coinvolto professionisti con cui avevo già lavorato nelle mie esperienze precedenti, a iniziare da Sara, la persona giusta per affrontare una sfida così complessa: trovare un contesto, un’identità, una direzione chiara partendo da zero”, dice Saglia.

La versione definitiva di Node, il primo prodotto di Alto Robotics, un robot mobile e collaborativo, concepito per collaborare attivamente con gli operatori, affiancandoli nelle attività senza sostituirli o escluderli.
ALLA RICERCA DEL BISOGNO
Il fondo Cysero è nato nel 2020 per iniziativa di alcuni imprenditori dell’industria, tra cui in particolare Alberto Bombassei, presidente del Kilometro Rosso, e Giovanna Dossena di AVM Gestioni SGR. La volontà di dar vita al progetto di Alto Robotics nasceva dall’esigenza, molto generale di creare una robotica a servizio dell’uomo. “Una robotica”, dice Sara Bellini, “che possa affiancarsi all’umano, sia in ambito B2B che B2C. Questo è stato il seme da cui è cresciuto tutto il resto”.
All’inizio, l’idea era di muoversi nell’ambito della robotica umanoide. Affascinante, ma non certo ancora matura per entrare in modo efficace nel contesto produttivo quotidiano. D’altro canto, c’era anche la necessità di arrivare sul mercato in tempi rapidi, non più di due anni. “L’unica strada percorribile”, ricorda Sara Bellini, “era di individuare il bisogno dell’industria, partendo da un approccio incentrato sulle persone e fondato sul ‘design thinking’. Siamo allora andati a cercarci il problema di business, intervistando decine di decision maker in diversi settori: dall’agritech al retail, dall’hotellerie agli ospedali, fino al pharma e, naturalmente, il manufacturing”.
In tutti questi contesti, uno dei bisogni più evidenti emersi era sorprendentemente concreto: spostare oggetti fisici, in modo intelligente, efficiente e liberando tempo operativo prezioso. “Abbiamo visto quanto tempo viene ancora sprecato in attività a basso valore aggiunto”, osserva Bellini. “Nei reparti produttivi, negli ospedali, perfino negli allevamenti: le persone passano una parte significativa della giornata a trasportare materiali, semilavorati o strumenti. Una perdita secca di tempo e potenziale umano, in contrasto con i principi stessi della lean manufacturing”.
Una riunione di lavoro per definire il design di Node. Aspetto e proporzioni dei robot influiscono in maniera decisiva sulla loro funzionalità e accettazione da parte degli utilizzatori.
DATI SÌ, MA QUELLI CHE SERVONO
A questo si aggiunge un altro tema fondamentale: la raccolta dati. Non la collezione compulsiva di milioni di segnali, ma l’acquisizione intelligente di informazioni utili per il decision making quotidiano. “Troppi dati”, osserva Bellini, “generano quella che chiamiamo ‘analysis paralysis’. Il punto non è avere mille sensori, ma sapere cosa serve davvero per capire il motivo di un fermo macchina, come è stato risolto, con quale frequenza si ripresenta. E su questo, oggi, molti sistemi digitali, come WMS, ERP, IoT, ancora non bastano”.
Con queste evidenze in mano, la direzione del progetto è cambiata radicalmente. L’idea dell’umanoide è stata accantonata e ha preso forma una nuova visione: quella di un robot mobile collaborativo, capace di muoversi negli spazi condivisi con gli operatori, raccogliere dati contestuali e diventare un assistente flessibile e trasparente.
“Un robot che non fosse una black box”, spiega ancora Bellini, “ma che l’operatore potesse usare senza dover coinvolgere l’R&D, senza progetti di integrazione o figure specialistiche. Un alleato comprensibile e intuitivo, proprio come il Roomba, ma per l’industria”.
Node, il risultato del lavoro di Alto Robotics, è una piattaforma robotica progettata non per sostituire, ma per amplificare le capacità umane, liberando tempo e portando intelligenza distribuita nel flusso di lavoro. Con un’attenzione particolare alla qualità dei dati raccolti e alla loro utilità reale per il miglioramento continuo.

Un prototipo di Node in azione. La configurazione finale del robot è frutto di un lungo lavoro di test in ambienti operativi.
UN GRANDE SPAZIO IN CUI MUOVERSI
“Con Node”, dice Jody Saglia, “Vogliamo presidiare uno spazio ancora poco affollato nel panorama della robotica industriale: quello dei robot mobili collaborativi realmente intelligenti, in grado di instaurare un’interazione fluida e naturale con l’essere umano. Un ambito che conta pochissime realtà al mondo, a metà tra l’automazione industriale classica e il sogno degli umanoidi. Dai carrelli di trasporto automatici guidati da bande magnetiche, che esistono ormai da decenni, agli attuali AMR, capaci di navigazione autonoma, c’è stata una notevole evoluzione. Ma in ogni caso parliamo di sistemi rigidi, pensati per compiti ripetitivi e privi di flessibilità, che non contemplano alcuna interazione con l’uomo e richiedono spesso infrastrutture dedicate e costosi progetti di system integration. All’estremo opposto i robot umanoidi sono lontani da oggi, oggetto di grandi investimenti, ma ancora lontani da un’applicabilità industriale concreta. E, del resto, non è affatto detto che la forma umanoide sia quella più funzionale in fabbrica. Node nasce proprio per inserirsi nel mezzo: è un robot mobile che collabora attivamente con l’operatore, affiancandolo nelle attività quotidiane, senza sostituirlo né escluderlo. Trasporta materiali e informazioni, si integra nei processi esistenti senza richiedere modifiche strutturali, e soprattutto può essere utilizzato da chiunque, anche da operatori privi di formazione tecnica specifica”.
UN NUOVO RAPPORTO CON LE PERSONE
Questo nuovo approccio diventa concreto fin dal momento in cui Node viene estratto dalla scatola e acceso. Una situazione in cui si crea una sorta di imprinting tra robot e utilizzatore, in grado di consolidarsi nel tempo fino a creare un rapporto quasi simbiotico, in cui macchina ed essere umano si capiscono all’istante.
“Il nostro obiettivo”, aggiunge Saglia, “è offrire un sistema che si estrae dalla scatola, si accende e in dieci minuti può essere messo in funzione da chiunque, con quattro semplici passaggi di configurazione”. Un robot mobile relazionale, dotato di un’interfaccia evoluta e un design pensato per essere immediatamente comprensibile e rassicurante. Non punta a fare “tutto”, ma a fare bene ciò che serve nella fabbrica: piccoli trasporti, consegne just-in-time, supporto al setup delle linee, distribuzione di materiali o documenti. Un’intelligenza al servizio dell’ultimo miglio industriale, che rende superflui i viaggi a vuoto e migliora l’efficienza del lavoro umano, senza sostituirlo.
Durante i test pilota, Alto Robotics ha osservato come Node si sia rivelato molto più versatile del previsto. “Avevamo pensato inizialmente a tre casi d’uso principali”, dice Sara Bellini, “ma poi gli operatori sul campo ne hanno sviluppati autonomamente una ventina, dimostrando la flessibilità del sistema. L’obiettivo è liberare gli addetti affinché possano concentrarsi sulle attività più complesse, soprattutto in contesti produttivi ad alto mix e basso volume, in cui la personalizzazione è alta, il margine d’errore elevato e la competizione sul mercato serrata”.
Alla base di questa flessibilità è l’interfaccia uomo-robot, in grado di creare fin da subito una relazione empatica e intuitiva con l’operatore. Se l’utilizzatore impara subito le funzioni principali, il robot dal canto suo è capace di mappare l’ambiente in pochi minuti. Risponde inoltre attraverso segnali visivi (display e LED) e ha comportamenti codificati che aiutano a comprenderne lo stato (in ascolto, in attesa, in errore, in movimento, ecc.). Sono stati identificati oltre 18 comportamenti codificati che rendono il robot leggibile da chi lo usa e da chi gli sta intorno.
“Abbiamo posto particolare attenzione alla comunicazione non verbale”, dice ancora Sara Bellini, “per esempio con l’uso di ‘occhietti stilizzati’, efficaci nel definire una linea di comunicazione immediata con le persone senza generare effetti negativi, troppo da cartone animato o, al contrario, inquietanti e respingenti”. Tutto questo, spiegano in Alto Robotics, per affermare la centralità della persona umana, che è sempre “in the loop”, mai esclusa dal controllo del robot e mai controllata dal robot.

Gli ottimi risultati ottenuti con le prime prove sul campo hanno mostrato un forte interesse da parte delle aziende a un robot come Node. Ora Alto Robotics ha avviato le vendite in Italia e partirà con quelle in Europa a inizio 2026
UNO SGUARDO AL FUTURO
Le prime applicazioni sul campo hanno dato ottimi risultati, ci dicono i manager di Alto Robotics. “Ora l’obiettivo”, dice Saglia, “è finalizzare tutto il lavoro fatto in risultati concreti sul mercato. Partiremo con le vendite in Italia, per poi espanderci in Europa già dal prossimo anno. L’interesse da parte delle aziende è forte: lo abbiamo percepito sia durante la fase di validazione, con i nostri partner industriali sia dopo il lancio ufficiale alla fiera SPS di Parma. Ora molte realtà ci stanno chiedendo demo e stanno aspettando di poter testare concretamente Node”.
Ma la tecnologia sviluppata pare interessare non soltanto gli utilizzatori. “Alcuni system integrator sono rimasti impressionati dalla cinematica avanzata e dalle soluzioni meccatroniche peculiari della nostra piattaforma, che può diventare un modulo autonomo da integrare in sistemi customizzati. Questo segmento di business si è delineato chiaramente in questi mesi, e stiamo già dialogando con potenziali partner industriali interessati a utilizzare solo il ‘mover’, cioè la base robotica, senza la parte superiore”, spiega il CEO di Alto Robotics.
In prospettiva, l’azienda sta infine valutando anche una diversificazione orizzontale e, idealmente, il ritorno alle origini della sua ricerca. “Pensiamo infatti”, conclude Saglia, “di esplorare settori diversi dalla manifattura, ma con esigenze operative simili: l’agricoltura, il retail e la GDO, il settore alberghiero e della ristorazione, la sicurezza, la logistica, la sanità. Tutti ambiti in cui il lavoro è ancora fortemente ‘labour-intensive’ e dove si avverte sempre di più la difficoltà a reperire manodopera qualificata”. Anche in questi settori i valori di Node, flessibile, intuitivo e umanocentrico, possono dimostrarsi vincenti. ©WE ROBOTS

Il team di Alto Robotics al completo.





































































