Gli impianti agrivoltaici sono caratterizzati da filari di pannelli fotovoltaici posizionati su terreni agricoli a un’altezza superiore ai 2 m e con larghi interfilari, in modo da consentire la coltivazione.
In Italia il percorso verso la sostenibilità e la decarbonizzazione in campo energetico è favorito da condizioni geografiche uniche, che consentono un ampio impiego di fotovoltaico, eolico e idroelettrico. Le fonti rinnovabili sono in crescita nel Paese.
di Riccardo Oldani
L’Europa è davanti a tutto il resto del mondo nello sforzo di abbattere le emissioni inquinanti e far fronte all’emergenza climatica determinata dalle attività umane. La Commissione Europea è l’organizzazione governativa che ha fissato gli obiettivi più ambiziosi in questa direzione, con il suo Green Deal e con il piano Fit for 55, che insieme fissano al 2030 la riduzione del 55% delle emissioni rispetto ai livelli del 1990 e il loro azzeramento entro il 2050.
L’Italia, in quanto membro dell’Unione, deve fare la sua parte, ma è ancora lontana dall’essere in linea con gli obiettivi prefissati. Tutti gli osservatori lo indicano, a partire dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che ha intitolato il suo ultimo rapporto sulla nostra situazione energetica in modo quanto mai eloquente: “Ultima chiamata per le rinnovabili nel nostro Paese”.
Il ritmo di installazione di nuovi impianti a fonte rinnovabile, indica il documento, “risulta purtroppo ancora largamente inferiore a quanto necessario per raggiungere gli obiettivi al 2030, e cioè 120-150 GW installati. I poco più di 3 GW messi in opera nel corso del 2022, contro i 10,7 della Germania, i 5,9 della Spagna e i 5 dell’Italia, sono infatti ben poca cosa rispetto agli oltre 10 GW che dovremmo installare ogni anno”. Procedendo di questo passo, entro il 2030 arriveremo a coprire con le rinnovabili solo il 34% del nostro fabbisogno energetico contro il 65% richiesto dal Fit for 55. È indicato anche dal PNIEC, il piano che il nostro Paese si è dato per il suo sviluppo energetico.
I dati sulle installazioni in Italia più recenti di impianti rinnovabili, dati pubblicati nel 2023 da Terna.
TRADIZIONE NEL FOTOVOLTAICO
Ma al di là degli aspetti negativi, come sempre figli più delle ruggini burocratiche che di un’effettiva mancanza di volontà di agire, sono comunque in atto numerosi sforzi per potenziare il nostro parco rinnovabili. La frontiera più interessante è quella del fotovoltaico, che trova alle nostre latitudini condizioni ambientali ideali e anche profonde competenze tecnologiche. Per esempio, al Centro della Casaccia di ENEA, dove si lavora al miglioramento dell’efficienza dei moduli fotovoltaici.
Recente è, per esempio, il concetto di un nuovo edificio dotato di impianto fotovoltaico e di un sistema di accumulo a batteria, che immagazzina l’elettricità in eccesso prodotta nei momenti di picco per utilizzarla poi, per esempio di notte, quando i moduli fotovoltaici non sono produttivi. L’edificio utilizza anche sistemi connessi e algoritmi che gli consentono di dialogare con la rete elettrica, di valutare i consumi istantanei e anche di governare sistemi automatici, come serramenti e oscuranti, utili per gestire in modo passivo la temperatura degli ambienti e modulare il funzionamento dei sistemi di climatizzazione.
GIGAFACTORY EUROPEA
Un’altra realtà attivamente impegnata nello sviluppo del fotovoltaico in Italia è Enel Green Power, la società del gruppo Enel che si occupa di energie rinnovabili. Sua è, per esempio, la 3Sun Gigafactory di Catania, dove produce pannelli fotovoltaici caratterizzati da una particolare tecnologia bifacciale, che consente di captare i raggi solari anche con la faccia posteriore e catturare così anche la radiazione riflessa.
Grazie alla loro particolare struttura, definita “a Tandem”, le celle di Enel Green Power hanno raggiunto in laboratorio un’efficienza di conversione del 26,5%, la più alta mai registrata. Con l’apporto di finanziamenti europei, l’impianto catanese, il più grande d’Europa nel suo genere, arriverà a breve a produrre un totale di 3 GW annui di pannelli fotovoltaici.
Aerogeneratori eolici in una zona montana dell’Abruzzo. Il 95% degli impianti italiani si trova nel Centro-Sud.
SFRUTTARE I TERRENI AGRICOLI
Enel Green Power sta anche sviluppando nuovi modelli applicativi. Per esempio, l’agrivoltaico, un nuovo modo di utilizzare terreni agricoli per realizzare impianti fotovoltaici senza però cambiarne la destinazione d’uso e la capacità produttiva. L’azienda collabora con varie università italiane per sviluppare questo nuovo concetto, di cui esistono già impianti funzionanti e numerosi progetti in realizzazione. A Bastardo, in provincia di Perugia, Enel Green Power ha poi avviato gli Agrivoltaico Open Labs, dove con partner universitari e startup testa la resa delle colture, la sostenibilità agricola e soluzioni per favorire la biodiversità.
Si è visto, per esempio, che tra i pannelli per il foraggio si ha un aumento del 40%; per le fragole +18% tra i pannelli, +14% sotto i pannelli e fino al +36% utilizzando la retroilluminazione a led. Il timo ha rese superiori del 20%, l’origano del 15%, le melanzane del 30%, l’aloe del 30% e i peperoni addirittura del 60% rispetto a colture campione in aree contigue, ma senza la presenza dei pannelli.
IL RUOLO DELL’ACQUA
In Italia la fonte rinnovabile storica resta comunque l’idroelettrico, su cui tanto si è puntato in passato e che ancora oggi contribuisce a quasi l’11% della produzione totale di energia green nel Paese. Sono oltre 4.700 gli impianti nella Penisola, di cui oltre il 70%, però, è vecchio oltre i 40 anni. I cambiamenti climatici stanno stimolando nuovi filoni di ricerca, per esempio per rendere produttive le centrali anche con bassa portata d’acqua. Sempre Enel Green Power sta puntando sull’impiego di robot per l’ispezione delle tubature di questi impianti oppure per controllare i livelli di sedimenti nei bacini.
ENERGIA DAL VENTO
Altra fonte di energia rinnovabile per eccellenza è senz’altro l’eolico, un po’ più difficile da sfruttare, sia per le dimensioni e il costo degli impianti sia perché non in tutta la Penisola esistono condizioni ottimali. Secondo i dati di Terna, la potenza eolica installata nel nostro Paese è di 11,70 GW, un decimo di quella complessiva nazionale, suddivisa tra circa 6 mila impianti, di cui però solo il 9% è di dimensioni superiori a 1 MW di potenza. Sono i parchi eolici più grandi a contribuire per il 96% della produzione di elettricità dal vento. L’obiettivo al 2030, secondo Anev, l’Associazione nazionale di settore, è di poco più di 17 GW, raggiungibili con nuovi impianti a terra, con l’aggiornamento di quelli esistenti o con la realizzazione dei primi campi eolici offshore in Italia, cioè realizzati in mare.
“L’eolico”, osserva Andrea Di Lieto dell’Energy Strategy Group del Politecnico di Milano, “è una tecnologia rinnovabile sfruttabile soprattutto nelle regioni del Sud Italia e nelle Isole, dove i regimi ventosi sono più sostenuti, e rende di più soprattutto in inverno, integrandosi così in modo ideale con il solare, che ha produzioni più elevate in estate”.
Soprattutto è una fonte rinnovabile conveniente; il MWh eolico si vende alle aste nazionali su valori intorno ai 70 euro, vicino alla soglia di 60 euro che consentirebbe agli operatori del mercato elettrico di ottenere davvero buoni margini. La strategia italiana sull’eolico, osserva Di Lieto, dovrebbe seguire tre percorsi: “Costruire nuovi impianti, aggiornare quelli esistenti con generatori più efficienti e realizzare centrali marine offshore”.
Le turbine di nuova generazione possono oggi produrre, con i venti italiani che non sono sostenuti e continui come quelli del Nord Europa, anche dieci volte di più rispetto agli aerogeneratori di vecchia concezione. Per quanto riguarda l’eolico marino, invece, dopo lunghi anni di stallo è stato realizzato finalmente un primo piccolo impianto a Taranto, entrato in funzione nel 2022 e costituito da 10 turbine per una potenza complessiva di 30 MW. Ora sono in pista realizzazioni più grandi, come quella, al largo della costa tra Bari e Barletta, di un campo offshore con 75 generatori galleggianti della potenza di 1.100 GW. Ma anche altri progetti sono in fase di studio.
L’idroelettrico è la fonte rinnovabile storica del patrimonio italiano, alimentata da numerosi invasi sulle Alpi e sull’Appennino. Ora si studiano tecniche per sfruttare l’esistente ancora più a fondo.
LA STRADA DELL’IDROGENO
Una soluzione per l’energia “green” di cui si parla da tempo è l’uso dell’idrogeno come “vettore” energetico. Esistono però diverse scuole di pensiero sul modo migliore per produrlo e utilizzarlo. Al momento l’idrogeno più economico è quello ottenuto con i processi di sintesi dei combustibili fossili. Snam pensa di impiegarlo, unito al metano, in una miscela di gas da utilizzare sia per i bisogni industriali sia per le abitazioni, ottimizzando così la propria filiera.
Un’altra strada è ottenere l’idrogeno attraverso elettrolisi dell’acqua, la cui molecola viene scissa in ossigeno e idrogeno con un processo che richiede molta energia. Se questa viene fornita da fonti rinnovabili, come fotovoltaico o eolico, si parla di idrogeno verde. Vari attori sono impegnati su questo percorso. Iris Ceramica Group, per esempio, in collaborazione con Edison Next, ha avviato la realizzazione di un nuovo stabilimento a Castellarano, in provincia di Reggio Emilia, per produrre idrogeno verde e usarlo nei forni di cottura della ceramica.
Enel Green Power ha invece avviato, tra gli altri progetti, l’installazione in collaborazione con Saras di un elettrolizzatore da 20 MW nel sito industriale di Sarroch, in provincia di Cagliari. Lo scopo è utilizzarlo per ridurre l’impronta carbonica dei processi di raffinazione nel sito.
L’idrogeno, infine, può rivelarsi utile anche in siderurgia. L’austriaca Voestalpine ha già realizzato un impianto dimostrativo per produrre acciaio utilizzando idrogeno verde, con costi però non ancora concorrenziali. L’italiana Arvedi, invece, già impiega un processo di zincatura alimentato con questo vettore energetico.
IL FUTURO È LA FUSIONE
Un affascinante fronte su cui varie realtà italiane si stanno impegnando attivamente è quello della fusione nucleare, che mira a riprodurre in un reattore i fenomeni che alimentano le stelle. L’Italia è tra i pionieri della ricerca. Il Centro di Frascati, oggi parte dell’ENEA, già negli anni Cinquanta aveva iniziato sperimentazioni sui plasmi di fusione. Oggi l’ente è alla guida di un programma nazionale che impegna circa 600 ricercatori, affiliati anche al CNR, al Consorzio RFX e a varie università italiane.
Partecipa inoltre a programmi internazionali, come ITER, avviato nel 2006 per realizzare a Cadarache, in Francia, un reattore sperimentale da 500 MW. Il progetto ha subito notevoli ritardi, e ancora oggi non si sa quando il reattore sarà pronto, ma la ricerca procede avvalendosi anche di tecnologie innovative come il supercalcolo.
Lo scorso giugno, ENEA, Cineca di Bologna e il progetto europeo EUROfusion hanno siglato un accordo per investire 50 milioni di euro in un supercomputer con cui simulare il comportamento dei plasmi e per l’analisi strutturale dei materiali avanzati da utilizzare nel processo.
Anche ENI dedica alla ricerca sulla fusione parte dell’attività dei supercomputer del suo Green Data Center di Ferrera Erbognone, in provincia di Pavia. Il gruppo partecipa a CFS (Commonwealth Fusion Systems), spin-out del MIT di Boston che studia la fisica del confinamento magnetico, tecnologia necessaria per consentire la fusione. Il supercalcolo di ENI contribuisce a progettare i magneti impiegati e a simulare il comportamento del plasma. Un impegno che riveste un’importanza eccezionale. La fusione potrebbe esaudire, anche con il contributo italiano, uno tra i principali sogni dell’umanità: trovare una fonte di energia inesauribile e a basso costo. © ON ENERGY
Schema del reattore ITER, il primo al mondo per realizzare su grande scala un impianto a fusione nucleare. L’Italia partecipa al progetto con vari enti di ricerca.