Immagine di un PCB esaminato ai raggi X, tratta dalla presentazione di EAS alla fiera Focus On PCB di Vicenza dello scorso anno.
EAS, ha condotto uno studio per verificare se i raggi X possono provocare difetti in dispositivi come le memorie.
di Filippo Rubik
Tra le tecnologie della machine vision che stanno sempre più trovando applicazione nel mondo dell’elettronica e anche nell’industria dei semiconduttori, dei microprocessori e dei circuiti stampati, ai raggi X spetta un posto importante. All’ultima edizione della fiera Focus On PCB di Vicenza, ne ha parlato EAS, un’azienda del Vicentino, che non solo li usa per i suoi controlli interni, ma ha anche condotto uno studio, in collaborazione con l’Università di Padova, per valutare l’impatto dell’uso dei raggi X nell’ispezione dei circuiti stampati e per individuare eventuali conseguenze su dispositivi come le memorie.
“EAS produce schede elettroniche a Schio dal 1978”, ha spiegato il responsabile tecnico Andrea Bevilacqua. “Ha una sede in Italia e una in Slovacchia e produce per diversi settori industriali con diverse metodiche, tra cui l’assemblaggio SMT e THT. Le ispezioni a raggi X vengono utilizzate per rilevare difetti nelle schede elettroniche. È una soluzione molto efficace, che si integra alle soluzioni di controllo visivo e le supera, perché raggiunge i latti bottom di vari componenti come VGA, QFN e altri. I controlli con raggi X sono abitualmente eseguiti a campione all’inizio della produzione, per la validazione dei processi produttivi o, ancora, per l’analisi dei guasti. Ma si tratta anche di radiazioni ionizzanti, in grado di penetrare la materia”.
Difetti riscontrabili dalle indagini a raggi X. Cortocircuiti e solder ball mancanti. Dalla presentazione EAS.
COME FUNZIONANO
Le macchine utilizzate sono comunque perfettamente schermate per non generare effetti sulle persone. Sono costituite da tubi radiogeni, ampolle di vetro che contengono un catodo, generalmente un filamento di molibdeno o tungsteno, in cui viene fatta passare corrente per generare una nuvola di elettroni per effetto termoionico. La nuvola di elettroni viene accelerata, applicando un differenziale di potenziale tra 60.000 e 120.000 V, verso l’anodo. L’impatto genera fotoni ad alta energia, i raggi X appunto.
“Il campione viene esposto a questa radiazione”, ha spiegato Bevilacqua, “che poi un rivelatore trasforma in immagine, la radiografia dell’oggetto appunto. Le parti costituite da metalli più pesanti sono meno trasparenti ai raggi X e, pertanto, sono chiaramente visibili nelle immagini prodotte”. Sia le macchine per analisi 2D sia quelle 3D sono utilizzabili offline, fuori dalla catena produttiva, per analisi a campione. Ma di recente si stanno diffondendo sempre di più soluzioni in line che consentono di analizzare tutta la produzione e non soltanto alcuni pezzi. “Soprattutto le macchine 3D si prestano per questo scopo”, dice Bevilacqua, “in particolare all’interno di linee SMT. Consentono di fare analisi di tipo ‘good/no good’ in tempo reale, e quindi di puntare a un concetto di produzione a ‘zero difetti’. Le tomografie ottenute sono costituite da una serie di sezioni che rappresentano singole “fette” dei prodotti esaminati. Unite tutte insieme riproducono un’immagine completa dei prodotti”.
Un’altra slide della presentazione EAS che evidenzia difetti di “void” individuati con i raggi X.
ANCHE I DIFETTI PIÙ NASCOSTI
Un collimatore serve a focalizzare i raggi X su punti precisi, anche per ridurre al minimo la loro diffusione. Tra i difetti che possono emergere vanno segnalati i corto circuiti, dovuti alla realizzazione errata di sfere sul retro del prodotto, “void”, cioè inclusioni di gas che determinano un deficit di prestazioni meccaniche, termiche e di conducibilità elettrica dei componenti. Emergono anche fratture e, con le macchine 3D, i “vertial fill” dei componenti PTH che i committenti possono richiedere di riempire al 75% o al 100%, e che possono essere così verificati.
Ma che effetto fanno queste radiazioni sui prodotti che controllano. Il fatto che possano penetrare la materia può avere un effetto sui tanti componenti che vengono collocati sui circuiti stampati? In EAS si sono posti il problema in particolare per quanto riguarda le memorie. L’azienda ha assicurato uno stage di sei mesi a un laureando, Andrea Manni, che insieme con l’Università di Padova ha provato a indagare l’argomento.
“Nelle memorie flash”, dice Manni, “l’unità fondamentale che consente l’immagazzinamento del dato è il transistor a floating gate, simile a quello utilizzato anche nei Mosfet. In questi transistor viene inserita una sezione isolata di silicio policristallino, che funziona come una buca di potenziale per gli elettroni e consente di iniettarvi una carica elettrica per rappresentare un valore binario. La carica così iniettata modifica la tensione di soglia del Mosfet e consente letture di dati. È possibile anche modulare la quantità di carica di questi transistor. Una parte della memoria viene quindi usata anche per caricare algoritmi di controllo”.
I raggi X possono però avere anche un impatto negativo sulle memorie. Possono far perdere carica elettrica al floating gate per effetto fotoelettrico o tramite la generazione di coppie elettrone-lacuna. Questa perdita di carica comporta una variazione di carica del Mosfet che altera poi le letture di controllo.
La Nordson Dage XD7600NT. Una macchina simile è stata utilizzata da EAS per le analisi confluite nello studio condotto da Andrea Manni con l’Università di Padova.
DIFETTI A LUNGHE ESPOSIZIONI
Dice ancora Manni: “In cinque mesi di tirocinio in EAS Elettronica ho condotto uno studio per identificare e quantificare gli effetti che le ispezioni industriali a raggi X possono avere sui dispositivi di memoria flash, con un’attenzione particolare alla ritenzione del dato e alle analisi delle prestazioni e dell’assorbimento di corrente. Gli impatti più evidenti sono emersi su dispositivi di memoria a 25 nanometri, quelli più tecnologici considerati. Sono problemi di ritenzione del dato, che arrivano a un punto tale da non essere più corretti dall’algoritmo di error correction. Al crescere della tensione applicata al tubo radiogeno aumentano anche gli errori. In queste condizioni si rilevano anche perdite di prestazione, come un aumento del tempo medio di cancellazione del blocco di memoria”.
“Si possono quindi avanzare alcune considerazioni”, conclude Manni: “I dispositivi più miniaturizzati e tecnologicamente più avanzati risentono maggiormente delle esposizioni ai raggi X. Poi, alimentando il tubo radiogeno a una tensione maggiore, aumentano anche il numero di errori nei dispositivi, che a lungo andare finisce per disattivare l’error correction code, rendendolo inefficace. I tempi medi di irraggiamento utilizzati in un processo industriale sono comunque inferiori alle soglie individuate nell’esperimento. Si è visto quindi l’effetto delle interazioni tra i raggi X e i dispositivi prodotti, ma le metodiche al momento applicate non sembrano porre un limite all’impiego di questi strumenti”.
UNA SOLUZIONE NUOVISSIMA
OMRON ha annunciato il lancio del VT-X950, il più recente modello della linea di sistemi di ispezione a raggi X automatici di tipo CT. Si unisce ai modelli VT-X750-XL e VT-X850 nel comporre una gamma ad alta velocità progettata per rispondere alle crescenti esigenze di settori avanzati come la produzione di semiconduttori, questi sistemi offrono prestazioni elevate e versatilità. Il VT-X950 si distingue come il primo modello della serie VT specificamente progettato per ambienti a camera bianca, rendendolo particolarmente adatto per processi intermedi nei semiconduttori, come l’incollaggio di wafer.
Il VT-X950 è dotato di una funzione avanzata che consente di modificare automaticamente le impostazioni di ispezione in risposta a cambiamenti improvvisi negli articoli in produzione dovuti a fluttuazioni della domanda. Il sistema utilizza i punti di misurazione e le impostazioni di ispezione precedentemente memorizzati nel sistema di controllo della produzione per adattarsi in modo autonomo alle condizioni ottimali per ciascun prodotto. Questo processo automatizzato riduce significativamente le perdite durante le fasi di avviamento e minimizza la necessità di interventi manuali per il ripristino delle impostazioni di ispezione.
Il VT-X950 include poi una funzione automatica di carico e scarico ed è dotato di una tecnologia che cattura immagini stereoscopiche senza interruzioni, garantendo un’ispezione continua, particolarmente utile negli ambienti di produzione con volumi elevati. Supporta infine l’ispezione degli elettrodi a percussione formati con un passo stretto per collegare i dispositivi IC. Il sistema sfrutta anche IA e deep learning per elaborare le immagini acquisite, garantendo un’identificazione accurata dei prodotti difettosi. ©Focus on PCB
VT-X950, il più recente modello annunciato da OMRON nella sua linea di sistemi di ispezione a raggi X automatici di tipo CT.