Gabriele Braga, consigliere di ANIE Componenti Elettronici, Associazione di Federazione ANIE-Confindustria.
Gabriele Braga, consigliere di ANIE Componenti Elettronici, Associazione di Federazione ANIE-Confindustria, ci racconta la situazione del comparto in Italia e le dinamiche di un mercato condizionato dallo shortage di chip a semiconduttori.
di Giovanni Invernizzi
Il settore dell’industria elettronica in Italia è oggi costituito soprattutto da imprese di dimensioni medio-piccole. Nomi che hanno saputo costruirsi una posizione importante nel mondo e che si distinguono per le elevate capacità tecnologiche e creative, con cui si mantengono competitive anche in un mercato difficile e affollato. Non è però sempre stato così. Qualche decennio fa, prima che le delocalizzazioni e la corsa verso il Far East spostassero in Asia l’epicentro produttivo, sul nostro territorio operavano varie multinazionali dell’elettronica.
Per quanto riguarda l’industria dei componenti, in particolare i semiconduttori, l’Italia è stata centro di eccellenza storico per la presenza nativa di un colosso come ST Microelectronics, ma anche di tanti altri che hanno costituito in Italia dei centri di ricerca e sviluppo di riferimento. Negli ultimi tempi, anche per effetto delle difficoltà degli ultimi anni nel reperire componenti elettronici, si presenta la possibilità di una ulteriore espansione della presenza di questi protagonisti, e di possibili progetti per nuovi grandi impianti nel nostro Paese per la produzione di microchip a semiconduttore.
In ogni caso, lo scenario attuale non è destinato a cambiare a breve termine. Le realtà agili e dinamiche che lo costituiscono sono rappresentate a livello associativo da ANIE Componenti Elettronici, che, tra le altre attività, raccoglie dati sul comparto e le traduce in analisi congiunturali. Gabriele Braga, consigliere dell’Associazione, ci ha delineato l’attuale situazione del settore per consentirci di orientarci in un mercato complesso.
La produzione di semiconduttori nel mondo è ciclicamente soggetta a crisi di reperibilità di determinati prodotti legati a specifici settori di applicazione. Tra il 2021 e il 2022, invece, abbiamo assistito a uno shortage generalizzato, da cui stiamo uscendo solo ora.
Com’è strutturato il comparto dei componenti elettronici in Italia?
L’industria elettronica in Italia è caratterizzata da aziende medie e medio-piccole capaci di imprimere una forte spinta innovativa per competenze e capacità in mercati verticali. Accede alle tecnologie dei componenti, come semiconduttori, connettori, componentistica passiva, attraverso una nutrita presenza di filiali delle grandi multinazionali produttrici ma, soprattutto, grazie ai distributori, che in Italia sono i principali fornitori del mercato e detengono una forza importante. Se pensiamo per esempio ai semiconduttori, le aziende di distribuzione in Italia muovono tra l’80% e l’85% di tutti i prodotti immessi sul mercato, mentre in Germania, per fare un confronto, non pesano più del 35/40%.
ANIE Componenti Elettronici rappresenta tutte queste aziende, ma non solo. Di recente abbiamo infatti costituito il Gruppo “Ricerca Tecnologica e Soluzioni Elettroniche Abilitanti”, dove confluiscono anche aziende di ingegneria o di servizi che aiutano le aziende di elettronica a superare le barriere tecnologiche con cui devono confrontarsi. Che cosa vuol dire? Poniamo per esempio che un produttore di inverter voglia fare in modo che i suoi prodotti possano connettersi alla rete. Non necessariamente ha al suo interno competenze sulle telecomunicazioni, che non sono il suo core business, o il tempo e le risorse per costruirle. Una rete di società esterne specializzate invece su queste tematiche potrebbe rivelarsi un prezioso aiuto per colmare il salto tecnologico e temporale che li separa dalle opportunità del mercato.
Le auto di nuova generazione si basano sempre più sull’elettronica, non solo per la conversione all’alimentazione elettrica, ma anche per la gestione e l’entertainment.
Delineato il settore parliamo del mercato. Quali sono le vostre valutazioni sulle dinamiche attuali?
Negli ultimi anni abbiamo assistito a una dinamica del mercato che non si è mai verificata prima nella storia. Il livello di stress a cui il settore è stato sottoposto tra il 2021 e il 2022 è stato elevatissimo, in particolare per la carenza di semiconduttori. Il mondo dell’elettronica di per sé è sempre stato soggetto a periodi ciclici di crisi, ma quello degli scorsi mesi non si è limitato a singole tecnologie o a settori circoscritti perché ha interessato il comparto a 360 gradi.
Si sa oramai che le produzioni di semiconduttori richiedono grandi investimenti e tempi lunghi. Quando gli investimenti entrano a regime colmano il gap tra domanda e offerta finché il mercato non si sbilancia nuovamente per effetto dello sviluppo tecnologico, che introduce nuovi bisogni e nuove richieste. Sono soprattutto i processori e le memorie, storicamente, a vivere queste dinamiche e, quindi, a soffrire di periodi ciclici di carenza di componenti e di innalzamento dei prezzi. Nel 2000, quando è esplosa la necessità di aumentare a dismisura le connessioni al web, e si sono dovuti potenziare contemporaneamente i server di tutto il mondo, abbiamo avuto essenzialmente una crisi di memorie. Nel 2009, invece, la crisi fu di tipo finanziario mentre nel 2018 abbiamo sofferto l’improvvisa mancanza di resistenze e condensatori. Ma quello che abbiamo sperimentato tra 2021 e 2022 a causa della carenza di semiconduttori è stato diverso e si è esteso contemporaneamente a tutti gli ambiti tecnologici dell’elettronica.
Previsione sul mercato mondiale dei semiconduttori per Regione. Fonte: Dati WSTS (World Semiconductor Trade Statistics), valori in milioni di dollari americani aggiornati al quarto trimestre 2022.
Ora però, almeno secondo alcuni analisti, il peggio dovrebbe essere alle nostre spalle. È così?
A uno sguardo superficiale i segnali attuali sembrano mostrare una fine della crisi che, in teoria, dovrebbe portare a una nuova disponibilità di semiconduttori e, quindi, al superamento del collo di bottiglia che ha frenato l’industria europea. Ma guardando più a fondo le cose non stanno così.
Certamente il 2022 ha cominciato a segnare un’inversione di tendenza, con una riduzione della richiesta di semiconduttori da parte del mercato asiatico e una conseguente riduzione dei prezzi. La reperibilità è migliorata sensibilmente, ma soprattutto per quanto ha riguardato i circuiti integrati e le memorie. I circuiti discreti invece, quelli più impiegati nelle applicazioni industriali e di potenza, non hanno goduto di un miglioramento così marcato e continuano a essere più difficili da reperire e più costosi.
Il settore della produzione di macchinari industriali e di automazione è uno tra i principali traini dell’industria dei componenti elettronici in Europa. Insieme all’automotive assorbe oltre il 60% della domanda.
Il sistema comunque è strutturalmente fragile. Un ritorno della domanda consumer e quindi di produzione asiatica potrebbe rimettere tutto in discussione nel giro di pochi mesi.
Quali sono allora le conseguenze di questa situazione?
La conseguenza è che, per come è strutturato il mercato, è soprattutto l’industria europea, dove la domanda di mercato rimane sostenuta, a sentire le conseguenze di questa situazione. In Asia e negli Stati Uniti, i componenti elettronici sono utilizzati soprattutto per realizzare sistemi e prodotti destinati alle telecomunicazioni o al settore medicale e comunque che in generale adottano tecnologie più avanzate. Tanti prodotti per cui la disponibilità è migliorata, coprendo la domanda dell’industria e innescando una dinamica di calo dei prezzi. In Europa, invece, dove la domanda riguarda soprattutto componenti elettronici per il settore automotive, per le macchine industriali e per l’automazione, pur essendo molto migliorata la reperibilità, si continua a soffrire.
Per quanto a lungo dovremo confrontarci con un’offerta di componenti elettronici inferiore alla domanda?
È difficile dirlo, anche perché la carenza di componenti elettronici nei settori strategici per l’Europa dell’automotive, dell’automazione e delle macchine industriali si incrocia con un aumento esponenziale del loro utilizzo. Se infatti comparti come quello dei prodotti destinati ai mercati consumer, dei PC e dei mainframe godono di investimenti produttivi stratosferici, automotive e industriale continuano invece a esprimere una domanda molto alta a fronte di una offerta lentamente in aumento.
Nelle auto, l’uso di questi dispositivi aumenta non soltanto per la conversione alla trazione elettrica, ma anche perché le vetture stanno sempre più diventando computer su quattro ruote, dove la capacità di calcolo serve sia per gestire il mezzo sia per migliorare la user experience, il comfort e l’entertainment di bordo. Parliamo di componenti sempre più sofisticati e complessi, il cui costo unitario è in costante crescita. Lo stesso si può dire per il settore delle macchine industriali. Quindi anche se la richiesta di auto o di macchinari per l’industria nel 2023 e nel 2024 non sarà più così sostenuta come nel 2022, anno di vero e proprio boom dopo la pandemia, la domanda di semiconduttori e di elettronica in questi ambiti si manterrà molto elevata.
Le memorie, insieme con i circuiti integrati, sono i componenti elettronici per cui più rapidamente è stata superata la crisi di disponibilità sul mercato. Non altrettanto succede per i circuiti discreti, più usati nell’automotive e nell’industrial.
Quale peso hanno Europa e Italia sul mercato globale?
L’Europa vale circa il 10% della domanda di componentistica nel mondo, presa come ordine di grandezza, e l’Italia a sua volta vale circa il 10% del mercato europeo. In altre parole, l’Italia vale l’1% dei componenti elettronici nel mondo, ma ha un peso in proporzione molto maggiore per quanto riguarda la capacità di innovazione, in specie nell’automotive e nell’industriale. L’Europa nel 2022 è cresciuta molto e anche nel 2023 manterrà un alto livello di domanda, a fronte di cali generalizzati in tutto il resto del mondo.
E per quanto riguarda i settori di maggiore interesse per noi, automotive e automazione, qual è il loro peso specifico a livello globale?
A livello di mercato, l’elettronica industriale vale circa il 10% e l’automotive circa il 9% dei componenti elettronici utilizzati nel mondo. Ma possiamo già anticipare, dalle proiezioni al 2030 di cui siamo in possesso, che il peso di questi due settori crescerà molto in percentuale. Il loro fatturato è destinato a salire di oltre 100 miliardi entro il 2030. Se consideriamo che in Europa automotive e industrial coprono oltre il 60% della domanda di componenti elettronici possiamo già intuire come l’eventuale carenza di questi dispositivi possa accompagnare le nostre imprese ancora per un certo periodo.
Previsione sul mercato mondiale dei semiconduttori per tipologia. Fonte: dati WSTS (World Semiconductor Trade Statistics), valori in milioni di dollari americani aggiornati al quarto trimestre 2022.
Quali possono essere le risposte a questa situazione?
Ci servono investimenti infrastrutturali specifici per le nostre produzioni, che hanno caratteristiche particolari. Oggi vediamo come l’Europa, ma soprattutto gli Stati Uniti con il Chips Act, abbiano programmato ingenti investimenti per sostenere la produzione di componenti elettronici. Purtroppo, però, si tratta di interventi indirizzati soprattutto su tecnologie molto sofisticate, non così richieste da settori come l’automotive e l’industriale. Questo vorrà dire che le difficoltà di approvvigionamento su certi prodotti strategici per il tessuto produttivo europeo si protrarranno ulteriormente. Sarebbe quindi opportuno che, soprattutto in Europa, si prenda coscienza di questa situazione e si agisca di conseguenza. I primi passi fatti con gli accordi di sostegno allo sviluppo di realtà di produzione di componenti di potenza di alcune realtà europee sono un buon inizio ma di entità contenute rispetto a quanto possiamo attenderci da altri continenti. L’Europa può difendere il proprio mercato e ridurre la propria dipendenza perché ha competenze e capacità di altissimo livello. ©Focuson PCB Journal
Stati Uniti ed Europa hanno avviato ingenti programmi di investimenti per sostenere la produzione di componenti elettronici, ma soprattutto su tecnologie molto sofisticate, non così richieste dall’industria europea.