Sandro Bonomi, Presidente di ANIMA, la Federazione delle Associazioni Nazionali dell’Industria Meccanica Varia e Affine: “È dalla manifattura meccanica che il nostro paese può e deve ripartire”.
Nonostante la contrazione della domanda interna e il perdurare della crisi economica a livello mondiale, l’industria meccanica italiana delle costruzioni di macchinari e impianti mantiene salda la propria posizione finanziaria, dimostrando capacità di tenuta e competitività, il tutto grazie alle esportazioni. L’andamento soddisfacente della meccanica varia, rappresentata da ANIMA, non è però sufficiente per trainare la crescita del paese: occorrono una maggiore considerazione e interventi per rilanciare il comparto.
di Gianluigi Rovetto
La meccanica italiana incrementa la quota di export dando prova di forza e capacità di competizione. Ma non basta per trainare la crescita del Paese: il settore merita, infatti, una maggiore considerazione da parte di tutti. L’andamento soddisfacente della meccanica varia, rappresentata da ANIMA (www.anima.it), emerge dagli ultimi dati congiunturali rilasciati alla fine dello scorso anno dalla Federazione, numeri da cui risulta che il valore della produzione del 2011 è rimasto pressoché invariato rispetto al 2010, nonostante la debolezza della domanda interna. Il valore si è assestato a 43,6 miliardi di euro, segnando un +0,4%. Le previsioni di chiusura per il 2012 appena trascorso indicano una ulteriore lieve contrazione del -0,3%. In crescita invece le esportazioni che, nel 2011, hanno fatto registrare un +2,8%, arrivando a rappresentare il 57% del fatturato complessivo. Trend positivo che dovrebbe contraddistinguere anche la chiusura del 2012, prevista a +2,1%. Pur nella difficoltà congiunturale, gli investimenti da parte delle imprese – sempre secondo l’analisi condotta da ANIMA – sono aumentati del +1,8%, rispetto al 2010, dato che indica una ritrovata fiducia degli imprenditori. L’occupazione è invece diminuita del -1,7% nel corso del 2011, mantenendosi stabile nel 2012.
L’elaborazione dell’Ufficio Studi della Federazione fa emergere la considerazione, sottolineata dal Presidente Sandro Bonomi in occasione dell’assemblea annuale dell’ottobre 2012, che: “le nostre aziende mostrano una tenuta solo grazie alle esportazioni. L’Italia del lavoro, degli investimenti, dei consumi è ancora ferma”. Di fronte ad imprenditori e rappresentanze istituzionali e politiche, Bonomi ha poi sostenuto che per fare ripartire la macchina Italia “bisogna passare necessariamente attraverso le eccellenze italiane per trainare l’intera filiera. Tra queste la manifattura meccanica, cui non può mancare il dovuto sostegno, ovvero l’attrezzatura adeguata, per poter competere su uno scenario globale in perpetuo e veloce mutamento”.
PREMIARE LE IMPRESE ECCELLENTI
A favore delle imprese della meccanica, Bonomi ha presentato un “percorso per lo sviluppo”, che la Federazione ha chiamato “Anima per l’Italia”. Una sorta di “manifesto” o decalogo che raccoglie i principali bisogni delle imprese, ma anche proposte concrete di crescita. Tra l’altro, proprio per dare alle imprese eccellenti della meccanica la possibilità di ripartire, e con esse l’intera filiera, ha suggerito un meccanismo di sgravio fiscale messo a punto dalla Federazione nsieme all’economista professor Marco Fortis. “Abbiamo ipotizzato la possibilità di premiare le imprese eccellenti, e solo quelle, abbassando le tasse in modo mirato. Per esempio, premiando la capacità di mantenere e creare occupazione, come del resto fanno alcuni paesi stranieri”, ha sottolineato Bonomi.
L’idea sarebbe quella di riconoscere alle aziende che negli ultimi tre anni non hanno licenziato il diritto di uno sgravio dell’1% sull’imponibile complessivo. Il diritto a uno sgravio dell’1% sull’imponibile complessivo potrebbe essere riconosciuto anche a quelle aziende che abbiano assunto personale under 25 ed over 45 di età, in percentuale pari ad almeno il 3% del personale complessivo. Se soddisfatti i due punti precedenti, le aziende dovrebbero godere di un ulteriore 0,5% di detrazioni. “Naturalmente a tutto questo ci piacerebbe aggiungere anche il pagamento dell’IVA quando veniamo pagati, anziché in anticipo, ma, forse, in questo caso, saremmo proprio alle soglie dell’utopia”, ha continuato Bonomi.
“Abbiamo la fortuna di avere in Italia tante aziende capaci di tener testa a qualunque sfida tecnologica che si presenti”, ha poi concluso Bonomi, con una nota di speranza e di incoraggiamento. “Sono molte più di quanto ci immaginiamo e molte di queste sono corteggiate da colossi dell’industria straniera che non vedono l’ora di acquisirne capacità e competenze. Noi possiamo affrontare il futuro con speranza e con la determinazione che ci contraddistingue e con l’ottimismo che, per definizione, fa parte del DNA di ogni imprenditore”.
In occasione dell’assemblea generale ANIMA, il Professor Marco Fortis, Vice Presidente della Fondazione Edison, ha presentato lo studio della Fondazione Edison sul benchmarking della manifattura meccanica tra Italia e Germania.
UN MADE IN ITALY DI SUCCESSO
Ampia soddisfazione è stata manifestata dal Presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ospite d’onore all’assemblea generale ANIMA, che ha indicato la manifattura meccanica italiana quale leader mondiale da cui arriva un contributo fondamentale al contenimento del deficit della bilancia commerciale del nostro paese. L’apprezzamento di Squinzi trova conferma nelle ultime analisi relative al 2011 dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che indicano l’Italia come uno dei cinque Paesi del G-20 che ha un surplus manifatturiero con l’estero, capace cioè di generare un avanzo positivo tra export ed import negli scambi di prodotti industriali manufatti, non alimentari. Il nostro paese, inoltre, è quello che ha fatto registrare la più forte crescita percentuale del proprio surplus, passato da 56 miliardi di euro del 2010 agli 82 miliardi di euro del 2011, con un +46%, davanti alla Cina (+27%), alla Corea del Sud (+20%), alla Germania (+17%) e al Giappone, il cui saldo è diminuito (-3%), a causa del terremoto del 2010.
“Su questi dati si dovrebbe riflettere”, ha commentato il Presidente di Confindustria, “così da affrontare in modo concreto il problema su come far crescere la competitività del nostro Paese”. Squinzi ha poi accusato la classe politica di una ormai insopportabile “non capacità di comprensione” del mondo manifatturiero nazionale, che ha saputo raggiungere importanti primati pur operando in condizioni assolutamente sfavorevoli rispetto ai principali concorrenti. Nell’elenco degli impedimenti alla competitività italiana, Squinzi ha segnalato, tra l’altro, il costo più elevato dell’energia, la tassazione che ha ormai raggiunto e superato il livello di guardia, il peso della burocrazia, la mancanza di considerazione, l’assenza di qualunque tipo di supporto a chi fa ricerca e innovazione, le carenze infrastrutturali.
Ma la meccanica è tenace e non si arrende: “Cosa dobbiamo fare?”, si è chiesto lo stesso Presidente di Confindustria, nonché titolare della Mapei, impresa specializzata in materiali ausiliari per l’edilizia e l’industria: “Io, come amante del ciclismo, sto rispolverando uno slogan, che avevamo utilizzato in occasione del 75° anniversario di fondazione del nostro gruppo, che mi sembra fotografi abbastanza bene la situazione di quello che si dovrebbe fare: ‘Mai smettere di pedalare’. Dobbiamo continuare con tenacia, con ostinazione, sulla strada che abbiamo scelto e sulla quale tutti i giorni operiamo, puntando sulle eccellenze e sulla capacità di fare innovazione”.
Giorgio Squinzi, Presidente di Confindustria: “Dobbiamo continuare con tenacia e ostinazione, puntando sulle eccellenze e sulla capacità di fare innovazione”.
I PRIMATI DELLA MECCANICA
L’Italia è il secondo paese più competitivo al mondo dopo la Germania. La classifica dei paesi più competitivi al mondo in 14 diversi settori manifatturieri, stilata dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) per l’anno 2010, vede infatti in testa la Germania, con otto primi posti e un secondo posto, seguita dall’Italia che ha tre primi posti – moda, calzature e tessile – e anche tre secondi posti. Uno di questi è proprio la meccanica varia, non elettronica, dove l’Italia è appunto seconda, alle spalle della sola Germania. “Stiamo dando del filo da torcere alla Germania come maggiore concorrente nella meccanica”, ha sostenuto l’economista Marco Fortis, Vice Presidente della Fondazione Edison, all’assemblea generale ANIMA, presentando in anteprima lo studio della Fondazione Edison sul benchmarking della manifattura meccanica tra Italia e Germania. “Se andiamo a vedere perché siamo secondi per indice di competitività”, ha affermato il professor Fortis. “scopriamo che deteniamo il 3° posto al mondo per surplus con l’estero nella meccanica, il 5° posto come quota di export mondiale, il 12° posto per export procapite, e addirittura il 1° posto sia per diversificazione dei mercati che dei prodotti, alla faccia di quelli che dicono che le nostre PMI non sono capaci di fare innovazione e di proporsi sui mercati emergenti”. Con 44 miliardi di euro di surplus con l’estero, il macchinario meccanico – apparecchi elettrici ed elettronici esclusi – è diventato il primo pilastro del Made in Italy.
L’industria meccanica italiana primeggia in 86 casi di prodotto, nei quali il nostro paese risulta essere primo esportatore al mondo, per 95 è secondo e per 112 si posiziona al terzo posto. La somma di questi casi di prodotto della meccanica varia sul podio rappresenta circa un terzo del numero totale di manufatti italiani ai primi tre posti nell’export mondiale (quasi 1.000 i manufatti italiani di diversi settori che si posizionano ai primi tre posti, su un totale di 5.500 tipi di prodotto). Ma il loro valore rappresenta il 43% del valore totale dei manufatti italiani, poiché il valore aggiunto è maggiore nei prodotti della meccanica rispetto ai prodotti più tradizionali.
L’opinione generalizzata che il gap di competitività della Germania nei confronti dell’Italia sia abissale è vero nel caso dell’auto, della chimica, dell’elettronica, ma se parliamo di meccanica varia, la differenza di competitività non è poi così marcata. “Se consideriamo il saldo commerciale complessivo dei 154 prodotti della meccanica relativi ai settori ANIMA”, ha spiegato il professor Fortis, “scopriamo che il surplus dell’Italia è quasi di 18 miliardi di euro in questi settori, contro i 31 miliardi di euro della Germania. Vi sono 54 casi di prodotto in cui il saldo commerciale dell’Italia è addirittura più alto di quello della Germania. Ovviamente vi sono altri 100 casi in cui la Germania ha un saldo commerciale più forte dell’Italia, ma stiamo parlando della Germania”. Il saldo commerciale di prodotti in cui l’Italia è più forte della Germania vale 12 miliardi di euro, mentre il corrispondente saldo tedesco dei prodotti in cui la Germania è più forte dell’Italia vale 28 miliardi di euro.
Nell’elenco di prodotti ANIMA con saldo italiano superiore a quello tedesco vi sono, per esempio, gli oggetti di rubinetteria e tutto il valvolame civile e industriale, parti di turbine a gas, le pompe per liquidi, il settore della produzione del freddo per usi commerciali, i macchinari per la panificazione e la pasticceria, gli scambiatori di calore, gli apparecchi per la preparazione di bevande calde, gli autoveicoli per usi speciali: tutte tipologie di prodotti dove il servizio offerto al cliente, la qualità e l’innovazione predominano per importanza sul costo del lavoro.
44 miliardi di euro di surplus con l’estero, rendono il macchinario meccanico – apparecchi elettrici ed elettronici esclusi – il primo pilastro del Made in Italy.