“Stiamo rischiando di perdere la cultura del ‘saper fare’, una responsabilità attribuibile in gran parte al fatto che abbiamo disinvestito nella formazione tecnica e nelle politiche di integrazione tra mondo industriale ed accademico”, sostiene Giuseppe Fogliazza, responsabile Software e Architetture di MCM S.p.A.
L’integrazione tra meccanica, elettronica e informatica, necessaria in un mercato che chiede sistemi produttivi flessibili, è una realtà consolidata in MCM, produttore di macchine utensili tra le più avanzate. Lo racconta a Tecn’è Giuseppe Fogliazza, che ha introdotto l’informatica in azienda nel 1986, oggi a capo di un team di 10 tecnici dedicati allo sviluppo dei software di gestione di tutti gli impianti di produzione.
di Francesca Cannella
Per stare al passo con un mercato sempre più esigente e dinamico, le macchine utensili devono poter lavorare in maniera efficiente e flessibile, integrando gli aspetti informatici-elettronici alla meccanica. Informatico di formazione e per vocazione, Giuseppe Fogliazza oggi dirige la squadra che sviluppa i software destinati agli impianti di MCM (www.mcmspa.it), e non solo.
Nata in Emilia, terra dal forte background tecnologico, MCM è cresciuta fino a diventare un’importante realtà di riferimento nella progettazione e produzione di centri di lavoro per svariati comparti applicativi. Anno dopo anno l’azienda ha saputo innovarsi per adeguarsi alle esigenze di un settore dinamico e altamente competitivo, spostando l’attenzione dalla macchina in sé allo sviluppo di sistemi e servizi opportunamente integrati. Fattore chiave di questo nuovo orientamento è il ruolo determinante dell’informatica, che, come spiega Fogliazza, responsabile della divisione Software e Architetture di MCM, permette all’impianto di raggiungere il giusto mix di produttività e flessibilità: una combinazione oggi imprescindibile per quei settori in cui è pressante la necessità di lavorare con macchine che funzionino per lungo tempo e a costi contenuti.
D. L’integrazione tra meccanica e informatica è sempre stata una priorità per MCM?
R. L’introduzione dell’informatica nel mondo meccanico, che è il trend tecnologico più rilevante del momento, per noi non è una novità. Sono 30 anni, infatti, che ci stiamo preparando a questo passaggio attraverso lo sviluppo di servizi software che consentano un trattamento adeguato delle informazioni legate alla produzione e al processo. Oggi stiamo lavorando per spingere ad un livello superiore l’integrazione tra mondo reale e virtuale, ad esempio alimentando con le informazioni reali provenienti dal campo dei sistemi di simulazione del processo di taglio, per controllare eventuali interferenze o scoprire anomalie rispetto al comportamento atteso. Integrando nel controllo delle macchine la parte di software, forniamo soluzioni fortemente flessibili e le “cuciamo” su misura delle esigenze dei nostri clienti. Da costruttori di macchine stiamo diventando sempre più costruttori di sistemi, trasformandoci in un'azienda di servizi. Negli ultimi due anni, in particolare, abbiamo iniziato a sviluppare una serie di servizi dedicati a quella che immaginiamo essere l’officina meccanica del futuro. Nonostante la crisi imperante, il mercato europeo sta rispondendo positivamente a questo nostro nuovo orientamento strategico.
D. Quali sono i settori sui quali state maggiormente puntando?
R. Oggi siamo tra i maggiori fornitori del settore aeronautico, dove vi è la richiesta di macchine in grado di lavorare pezzi in titanio, materiale sempre più impiegato nella costruzione di aerei e notoriamente difficile da trattare, in quanto richiede elevate prestazioni in termini di coppia erogata dal mandrino. In particolare, abbiamo vinto, tra i vari costruttori mondiali di macchine utensili, una gara lanciata da un noto terzista tedesco nel campo della lavorazione del titanio. La nostra proposta, finalizzata a fornire un sistema efficiente per lavorare il titanio, si è concretizzata in una soluzione meccatronica, con un mandrino capace di erogare due ordini di grandezza in più della coppia solitamente erogata: una prestazione eccezionale che consente evitare il surriscaldamento del materiale. Abbiamo così fornito un sistema costituito da 4 centri di lavoro, che presto aumenteranno a 6. Altri nostri interlocutori privilegiati sono i costruttori di motori, che richiedono pezzi fabbricati da materiali particolarmente duri, lavorati da macchine robuste e con un ciclo di vita lungo: caratteristiche tipiche delle nostre macchine. A proposito di durata degli impianti, vorrei ricordare che un nostro cliente italiano utilizza ancora nella sua officina la nostra “numero 3”, consegnatagli nel 1979. Per questa, come per tutte le altre macchine MCM, sono naturalmente disponibili i vari pezzi di ricambio, con la garanzia di un’assistenza post vendita tempestiva e di alta qualità, molto apprezzata dalla nostra clientela, che viene svolta da uno staff di circa 40 tecnici.
Per fronteggiare la crisi MCM sta spingendo in particolare sul settore aeronautico, che richiede macchine avanzate, in grado di lavorare pezzi in titanio, e sui costruttori di motori, che necessitano di pezzi lavorati da macchine robuste e con un ciclo di vita lungo.
D. Qual è a suo parere lo stato di salute della manifattura italiana?
R. Sono molto sensibile a questo tema. Abbiamo iniziato la nostra attività costruendo e vendendo macchine proprio in Italia, in Emilia in particolare; il nostro Paese, prima della crisi, copriva il 60% del mercato di MCM. Oggi queste quote si sono di gran lunga ridimensionate e vendiamo le nostre soluzioni per lo più all’estero, nell’Europa occidentale, in particolare per il settore aeronautico.
Ritengo che la manifattura italiana, pur avendo competenze solide, riconosciute in tutto il mondo, stia pagando il fatto di non essersi innovata nel tempo, come anche il non avere saputo costituire aziende trainanti in settori strategici. E il rischio maggiore, alla lunga, è proprio perdere quel know-how per cui siamo maggiormente apprezzati. Attualmente le piccole aziende faticano ancora a crescere e ad integrarsi nel territorio: tendono a competere l’una con l’altra, quando invece dovrebbero acquisire un approccio collaborativo, che consenta loro di essere più forti sui mercati internazionali. In altre parole, stiamo rischiando di perdere la cultura del “saper fare”, responsabilità attribuibile in gran parte al fatto che abbiamo via via disinvestito nella formazione di tipo tecnico e nelle politiche di integrazione tra mondo industriale e accademico. In una situazione come l’attuale le aziende tendono a ragionare sui problemi contingenti, mentre un vero pensiero strategico si dispiega nel lungo periodo, come nel caso degli investimenti nella ricerca, che non hanno certo un ritorno nell’immediato, ma che sono tuttavia necessari per rafforzare la propria competitività e credibilità sui mercati.
D. Quali strategie state adottando per cogliere le sfide del mercato?
R. Per supplire alla mancanza di visione strategica del sistema-Paese è essenziale creare un ponte di collegamento tra le aziende e il mondo della scuola e dell’Università. Da anni mi occupo del rapporto tra MCM con gli Istituti Tecnici e le Università, tra cui anche il Politecnico di Milano e gli Istituti di Ricerca che fanno capo a esso. Oggi la nostra azienda è uno dei partner a livello nazionale ed europeo di progetti di ricerca finanziati dalla Comunità Europea e dal Ministero della Ricerca; attualmente stiamo partecipando attivamente a due progetti del cluster nazionale Fabbrica Intelligente, istituiti dall’ex ministro dell’Istruzione e dell’Università Francesco Profumo. Ogni anno, inoltre, partecipo alla presentazione dei Dottorati di Ricerca del Dipartimento di Elettronica, un’occasione sempre molto interessante per stabilire un contatto diretto e privilegiato con il mondo accademico, tendenzialmente ancora troppo chiuso in sé stesso. La relazione costante con l’Università ha permesso inoltre a MCM di migliorare la selezione del proprio personale, altro fattore chiave del “benessere” di un’azienda. A tale proposito vorrei ricordare che dei 100 tecnici del nostro ufficio tecnico oltre la metà sono laureati. La conoscenza è una parte fondamentale dei prodotti che realizziamo e vendiamo; per questa ragione va opportunamente coltivata, anche per evitare la famigerata “fuga di cervelli”, evidenza tristemente nota nel nostro Paese. Sarebbe opportuno che ogni piccola-media azienda nazionale disponesse di un ricercatore dedicato a fare da interfaccia qualificata per l’acquisizione di conoscenza da inserire nei prodotti: quale migliore contributo per migliorare concretamente il sistema industriale italiano?
MCM è uno dei partner a livello nazionale ed europeo di progetti di ricerca finanziati dalla Comunità Europea e dal Ministero della Ricerca.