La Nanopillola è un innovativo dispositivo biomedico che, ingoiato come una qualsiasi pastiglia, sarà in grado di percorrere l’intestino alla ricerca di piccoli frammenti di DNA cancro-specifici e di trasmettere i dati raccolti direttamente sul cellulare del medico.
Grande quanto una compressa e completa come un intero laboratorio d’analisi. È la Nanopillola, un innovativo dispositivo biomedico che, ingoiato come una qualsiasi pastiglia, sarà in grado di percorrere l’intestino alla ricerca di piccoli frammenti di DNA cancro-specifici e di trasmettere i dati raccolti direttamente sul cellulare del medico. I ricercatori del gruppo BIOS dell’Istituto di Nanotecnologia dell’Università di Twente, in Olanda, stanno sviluppando questa rivoluzionaria forma di screening precoce per il cancro al colon, uno dei tumori più pericolosi per incidenza e mortalità.
di Anna Guida
“Il cancro al colon è uno dei tumori più comuni dopo i 50 anni. Il Consiglio Sanitario Olandese raccomanda alle persone che abbiano superato quest’età di sottoporsi a screening endoscopico o colonscopico. Ma si tratta di esami dolorosi e molto complessi a livello logistico. E non si trova niente nel 95% dei casi. Quello di cui abbiamo bisogno è un semplice esame di primo livello. L’unica possibilità disponibile al momento è un’analisi delle feci, ma prima o poi la Nanopillola fornirà un’alternativa più “patient-friendly”.
Con queste parole Albert van den Berg, professore di Sistemi Miniaturizzati per l’Analisi (Bio)Chimica alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Twente, ha presentato la Nanopillola alla cerimonia in cui ha ricevuto lo Spinozaprijs, il più prestigioso riconoscimento scientifico olandese, nel novembre 2009. Il chip, contenuto in una capsula del tutto simile a una qualsiasi compressa, rappresenta una forma innovativa di screening precoce per i tumori e, stando alle stime del gruppo di ricerca BIOS che lo sta sviluppando, sarà pronto per essere immesso sul mercato entro 5-10 anni.
L'IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE
Secondo i dati dell’Airc (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) nei Paesi occidentali il cancro del colon-retto rappresenta il terzo tumore maligno per incidenza e mortalità. La malattia, abbastanza rara prima dei 40 anni, è sempre più frequente a partire dai 50.
Poiché il tumore nella sua fase iniziale non presenta sintomi (solo nel 5% dei casi si manifesta con piccole perdite di sangue rilevabili con un apposito esame delle feci), al momento della diagnosi circa un terzo dei malati presenta già metastasi a livello del fegato. L’alta mortalità della malattia è dovuta quindi al fatto che nella maggior parte dei casi viene diagnosticata in uno stadio già avanzato, mentre se fosse diagnosticata in fase iniziale si potrebbe intervenire con un semplice intervento di asportazione parziale del tratto di colon o di retto interessato. Un sistema generalizzato di screening precoce per tutte le persone over-50 potrebbe quindi salvare molte vite.
La Nanopillola è una capsula che contiene al suo interno un mini-laboratorio. Una volta ingoiata, percorre il tratto intestinale e, grazie a dei minuscoli fili elettrici (nanofili), è in grado di rilevare piccoli frammenti di DNA specifici di cellule cancerogene molto prima che il tumore si sviluppi e diventi visibile. I dati raccolti dal dispositivo vengono poi inviati direttamente al cellulare dell’utente e sul computer del medico. In questo modo, il cancro al colon potrà essere identificato in fase iniziale, quando è ancora - nella maggior parte dei casi - asintomatico. Una società di animazioni ha realizato per l’università di Twente un video che mostra molto bene il funzionamento di questo “lab-on-a-chip”:
ETICA E TECNOLOGIA
“L’idea innovativa dietro la Nanopillola è quella di rilevare un marker specifico per il cancro in vivo e in situ. In altre parole la pillola rintraccia i biomarker per il tumore all’interno del corpo umano anziché in un laboratorio”, spiega Federica Lucivero, dottoranda del dipartimento di Filosofia dell’Università di Twente, che si occupa di analizzare le questioni etiche sollevate dalle tecnologie emergenti in campo di diagnostica molecolare. “La Nanopillola è una tecnologia ancora a uno stadio di sviluppo iniziale. A questo stadio, le incertezze e difficoltà dei ricercatori sono molte ed è importante mantenere uno spirito critico sulla plausibilità di promesse troppo rivoluzionarie. Nonostante queste precauzioni, è interessante monitorare lo sviluppo di questo tipo di tecnologie per diverse ragioni. Innanzitutto, l'idea di inserire tecnologie innovative in una capsula che possa fare analisi in vivo e in situ rientra in un filone di ricerca molto “battuto” in questo momento e che probabilmente avrà sempre più spazio nei prossimi anni. Questi sistemi miniaturizzati sono capaci di fare complesse analisi a livello molecolare di piccole quantità di campioni biologici e fornire risultati immediati. A oggi, i ricercatori del BIOS Group dell’Istituto di Nanotecnologie dell’Università di Twente hanno già sviluppato altri dispositivi basati sul medesimo concetto: un chip che misura la fertilità degli spermatozoi maschili e uno che rileva la concentrazione di litio nel sangue per aiutare i pazienti con disturbi bipolari a calibrare al meglio la loro cura farmacologica. Ma quale tipo di informazione sulle condizioni di salute viene estratta da queste analisi? E come interpretarla?”, si chiede la ricercatrice.
“Inoltre, la Nanopillola si inserisce nel trend della diagnostica fai-da-te. Questi dispositivi sempre più piccoli, meno costosi e facili da usare, in una parola ‘portabili’, sono anche chiamati “self-test”. Queste tecnologie offrono test di screening che l'utente può amministrare autonomamente, in contesto domestico e senza l’assistenza di personale specializzato. L'approccio consente senza dubbio di abbattere i costi delle strutture sanitarie ed è un trend interessante e molto discusso perché delega al singolo individuo il compito e la responsabilità di monitorare la propria salute. Con molte possibili implicazioni dal punto di vista etico”.