A Verzuolo, in provincia di Cuneo, lo stabilimento del gruppo Burgo prosegue una tradizione produttiva iniziata nel 1905 con tecnologie all’avanguardia.
In provincia di Cuneo, a Verzuolo, lo stabilimento del gruppo Burgo prosegue una tradizione produttiva iniziata nel 1905 con tecnologie all’avanguardia. In particolare qui lavora una macchina, la PM9, tra le più grandi e tecnologiche al mondo. Uno strumento estremamente complesso che richiede un’attenta analisi dei dati. Entriamo in fabbrica insieme ad Alberto Sorge, Direttore industriale carte grafiche del Gruppo.
di Riccardo Oldani
In uno stabilimento che copre 290.000 metri quadrati se non ci si muove rapidi e non si conoscono a menadito tutti gli ambienti e le scorciatoie si rischia di perdersi. È quindi naturale che il direttore di un impianto di questo tipo si sposti con la rapidità del fulmine tra passaggi, corridoi e scale per raggiungere le varie aree di produzione. Ma la rapidità con cui Alberto Sorge, Direttore industriale carte grafiche del Gruppo Burgo (www.burgo.com/it), vola nell’impianto di Verzuolo, vicino a Cuneo, ha quasi del soprannaturale. Mentre cerchiamo di inseguirlo ci spiega la storia di questo impianto, il primo e più antico del gruppo, in funzione dal 1905, e uno degli 11 attualmente in funzione, di cui 10 in Italia e uno in Belgio. A Verzuolo lavorano circa 375 degli oltre 3.670 dipendenti della grande industria cartaria. Qui, in particolare, si produce patinata con e senza legno di diverse grammature, utilizzata per la stampa roto-offset e rotocalco.
La PM9 (Paper Machine n. 9) è la nona e ultima macchina per la produzione della carta installata a Verzuolo nel 2001, ma ancora all’avanguardia in fatto di tecnologie per i continui upgrading.
UNA MACCHINA GIGANTE
Siamo venuti qui per vedere con i nostri occhi quello che, a buon diritto, può essere considerato uno dei gioielli tecnologici dell’industria del settore. Un impianto complesso, in cui si parte dal legno, tronchi di abete lunghi 3 m, per arrivare alla bobina di carta pronta per essere spedita, su gomma o via treno, visto che un binario della linea ferroviaria entra nella fabbrica e consente il carico sui vagoni dall’interno di un hangar. Il cuore pulsante dello stabilimento sono due macchine, la PM8 e, in particolare, la PM9, l’ultima entrata in funzione nel 2001, ma costantemente aggiornata in fatto di tecnologie e una tra le più grandi e veloci del mondo. È un “bestione” che si sviluppa su oltre 150 m di lunghezza, in grado di produrre 400.000 t di carta l’anno, su rotoli larghi 9,60 m che poi vengono tagliati a misura. La velocità è impressionante: 1.750 m/min di carta con grammatura variabile tra i 45 e gli 80 g/m2. La produzione della PM8 è invece di 160.000 t/anno.
Gli enormi rotoli di carta, da oltre 100 t per una lunghezza di 150 km, prodotti dalla PM9. La macchina è provvista di telecamere e sensori per un controllo automatizzato del processo.
CELLULOSA E PASTALEGNO
La carta è il risultato di un processo assai complesso, che richiede molti passaggi, ma anche delicate formulazioni. Le carte più pregiate, definite “senza legno”, sono di cellulosa pura al 100%. Ma ne esistono anche di composizione diversa, in cui alla cellulosa si aggiunge una pasta meccanica, la pastalegno, fino a una percentuale del 50%, ottenuta attraverso un processo di lavorazione e sfibratura fine dei tronchi. La pastalegno non è disponibile in commercio nelle quantità richieste dall’impianto di Verzuolo ed è questo il motivo per cui qui è stata installata una linea per produrla. “Si tratta di un processo particolarmente energivoro – spiega Sorge insieme con Mino Leo Marucci, Direttore tecnologia & investimenti di Burgo, che ci accompagna –. Questo è il motivo per cui qui abbiamo messo in funzione anche una centrale a cogenerazione da 120 MW a turbogas, turbovapore e con un boiler in cui utilizziamo anche le cortecce e il cippato di legno derivato dagli scarti della lavorazione della pastalegno”. Vicino alla centrale entriamo in un piazzale completamente ingombro di enormi cataste di tronchi, “Quanto basta – dice Sorge – per alimentare l’impianto per la pastalegno per una ventina di giorni”. Grandi trattori muniti di pinze afferrano le cataste e fanno cadere i tronchi, di diametro compreso tra 12 e 15 cm, su una linea di trasporto, lungo la quale risalgono per essere tagliati in pezzi da 1,5 o 1 m, a seconda delle linee in cui vengono lavorati. I tronchi vengono scortecciati e poi controllati da un sistema di telecamere, che ne verifica il colore: se sono chiari vengono inviati agli sfibratori, se invece sono scuri vengono rimandati indietro per un’ulteriore scortecciatura. Tutto il processo viene controllato da due addetti, attraverso monitor che rimandano le immagini delle fasi di lavorazione e da una poltrona armata di joystick, con i quali un tecnico controlla il movimento dei tronchi sulla rampa di trasporto per allinearli perfettamente nel reparto di segatura e ottenere pezzi della misura voluta.
Il segmento della macchina PM9 in cui avviene la patinatura della carta.
IL CUORE TECNOLOGICO
Lunghi condotti in tubi di acciaio convogliano la pastalegno alle due macchine per la produzione della carta. Noi vediamo la PM9, a cui è dedicato un enorme capannone. Un lunghissimo telo di materiale plastico, poroso, viene ricoperto con la soluzione, all’1% di cellulosa e pastalegno e al 99% di acqua, da cui si parte per la formazione della carta. Il telo compie un lungo percorso, guidato da cilindri metallici, per attraversare varie zone della macchina: in quella di formazione la porosità del telo favorisce la perdita d’acqua e porta la dispersione al 20%. Si entra poi nella zona delle presse, dove la carta in formazione viene fortemente compressa, fino a raggiungere un secco del 50%. Infine si passa nella “seccheria”, dove il contatto del foglio di carta con cilindri attraversati da vapore a 2 bar e 120 °C, elimina virtualmente ogni residuo d’acqua. All’uscita la carta ha un’umidità residua del 5% ed è pronta per il processo di patinatura, che nella PM9 è realizzata con un processo a film, una sorta di coating, in cui la patina è applicata su entrambi i lati della carta nel passaggio tra due cilindri. Una seconda seccheria realizza l’asciugatura e poi il passaggio attraverso due supercalandre comprime la carta per ottenere la lucidatura desiderata. La carta, inizialmente avvolta su enormi rotoli di oltre 100 t l’uno, per una lunghezza di circa 150 km, viene poi avvolta da due bobinatrici su tubi di cartone, in bobine di dimensioni più piccole secondo la richiesta dei clienti. Il controllo di questa macchina è minuzioso, perché in tutte le varie fasi occorre tenere sotto controllo un grandissimo numero di parametri: bisogna verificare continuamente temperature, umidità, velocità, ma anche lo spessore del foglio di carta, affinché sia quello desiderato e costante per tutto il lotto di produzione. Occorre verificare che non ci siano buchi e, se ci sono, individuarli con precisione per scartare la parte interessata. I buchi, se frequenti, sono anche un indizio che qualcosa potrebbe non essere corretto nel processo.
La zona conclusiva della PM9, dove il rotolo di carta viene tagliato in bobine a misura utilizzabile nelle rotative.
SENSORI E DATI
La sala di controllo della macchina, piena di monitor che mostrano ai tecnici tutti i parametri in gioco, sembra la plancia di controllo di un’astronave. I terminali raccolgono i dati dei sensori e delle 24 telecamere distribuite lungo tutto lo svolgimento della macchina. Una reportistica giornaliera fornisce dati sul consumo di cellulosa, delle materie prime o dell’energia che, se non in linea con quanto previsto, rivelano immediatamente eventuali anomalie. “Ogni tipo di carta ha una sua ricetta – spiega Sorge – per cui possiamo prevedere con precisione i consumi per ogni lotto di produzione e verificare se vi siano eventuali scarti”. Ma potrebbe esserci un passo ulteriore, a cui i tecnici dell’impianto di Verzuolo al momento stanno soltanto pensando. “L’idea sarebbe mettere a punto un algoritmo di intelligenza artificiale – dice Sorge – in grado di analizzare momento per momento le decine di parametri rilevati sulla macchina e fornirci dati ancora più precisi sulla gestione. Ritengo che il passo ulteriore nella direzione dell’Industry 4.0 possa essere questo, ma il nostro processo produttivo è estremamente complesso e una soluzione di questo tipo andrebbe studiata e realizzata su misura”.
La sala di controllo della PM9 dove confluiscono tutti i dati rilevati istantaneamente sul funzionamento della macchina.
Il tutto, infine, si completa con un grande magazzino da 32.000 t, completamente automatizzato. “Ogni bobina di carta – dice Sorge – viene dotata di un codice a barre che la individua in modo univoco, stoccata e poi recuperata al momento della consegna. Questo ci consente anche di tracciare i lotti e avere quindi un pieno controllo della qualità del prodotto”. ©ÈUREKA!
La zona coperta dove le bobine vengono caricate direttamente sui treni per essere avviate alla consegna.
Il magazzino dell’impianto è completamente automatizzato, con una capacità complessiva di 32.000 t di carta, tutte movimentate senza l’impiego diretto di personale, dall’uscita delle macchine fino alle postazioni di carico su tir o treno.