Obiettivo delle applicazioni HRC è supportare l’uomo in tutte le operazioni ancora fortemente manuali e ripetitive, tipiche soprattutto di comparti come automotive e home appliances.
È operativo il Robot Service di Pilz ideato per supportare i clienti nelle attività di analisi e sviluppo di applicazioni HRC nelle linee produttive. “Dal momento che non esiste un’applicazione uguale all’altra, effettuiamo una vera e propria analisi dei rischi personalizzata per individuare eventuali punti critici su cui intervenire”, spiega Paolo Carlo De Benedetto, Consulting Manager CMSE® di Pilz Italia.
di Elisa Maranzana
Qualche tempo fa Bill Gates ha lanciato una provocazione che ha creato non poco scalpore: “Al momento se un lavoratore umano guadagna 50.000 dollari lavorando in una fabbrica, il suo reddito è tassato. Se un robot svolge lo stesso lavoro dovrebbe essere tassato allo stesso livello”. Una dichiarazione che ha dato il via a una polemica sulla necessità di disciplinare o meno l’inserimento di strumenti tecnologici per tutte quelle mansioni un tempo demandate agli esseri umani, e che trova schierati da un lato i sostenitori della fabbrica intelligente e, dall’altro, sindacati e lavoratori che temono un forte incremento della disoccupazione a causa dell’avvento delle nuove tecnologie.
Ma è davvero così semplice sostituire il lavoro dell’uomo con quello di un robot? Quali normative entrano in gioco? E quali sono i settori più coinvolti? A queste e a molte altre domande ha risposto Paolo Carlo De Benedetto, Consulting Manager CMSE® di Pilz Italia (www.pilz.com), filiale italiana di uno dei leader a livello internazionale nel settore dell’automazione sicura. Non molto tempo fa Pilz ha creato un vero e proprio Robot Service, unico al mondo, allo scopo di supportare i clienti nelle attività di analisi e sviluppo di possibili applicazioni HRC (Human Robot Collaboration) nelle proprie linee produttive.
L’analisi effettuata dal Robot Service di Pilz permette di verificare se l’applicazione in questione raggiunge i livelli di sicurezza previsti a livello normativo oppure se necessita di interventi mirati correttivi.
UNA PRIMA DISTINZIONE
Vengono chiamate HRC – vale a dire Human Robot Collaboration – tutte quelle applicazioni che prevedono l’interazione uomo/macchina e interessano principalmente le linee produttive di tutti quei settori in cui c’è ancora molta manualità. Obiettivo di questi strumenti è quindi proprio quello di supportare l’uomo in tutte le operazioni ancora fortemente manuali e ripetitive, tipiche soprattutto di comparti come automotive e home appliances. I robot usati in questi ambiti sono sempre antropomorfi e generalmente si muovono su almeno 6 o 7 assi, ma occorre fare una distinzione, precisa De Benedetto: “Da un lato ci sono robot utilizzati come collaborativi, che prevedono una collaborazione diretta e interattiva tra uomo e macchina, nonché una condivisione degli spazi lavorativi, con possibilità di collisioni. Dall’altro ci sono invece gli stessi robot utilizzati come cooperativi, ovvero che non interagiscono direttamente con l’uomo poiché operano in un’area distinta e gestita in modo sicuro: nel momento in cui l’uomo entra nello spazio di competenza del robot, quest’ultimo rallenta e si ferma, scongiurando così possibili collisioni”. Per il momento sono questi ultimi a essere più diffusi, perché meno problematici da gestire.
Il compito del Robot Service di Pilz consiste in un primo studio dell’applicazione specifica alla quale segue uno studio di fattibilità volto a definire tutti i possibili punti di schiacciamento, di urto e quant’altro attraverso una vera e propria misurazione.
LINEE GUIDA ALLO STATO DELL’ARTE
I robot collaborativi, quelli quindi in grado di lavorare senza protezione, sono stati il cuore dell’edizione 2016 di Automatica di Monaco di Baviera, occasione in cui i principali costruttori hanno presentato le loro ultime novità in questo campo, inaugurando di fatto una nuova era dell’automazione, resa possibile proprio grazie all’introduzione nelle fabbriche di questi automi. In realtà però, ci fa notare De Benedetto, una loro inclusione nelle linee automatizzate non è così semplice e immediata come può apparire: “Immaginiamo per esempio una linea di montaggio in campo automotive dove parte del lavoro è demandata a robot collaborativi e dove pertanto è frequente una interazione con l’operaio in catena. Il rischio di urti e pressioni diventa molto alto creando immediatamente problemi legati alla sicurezza. La problematica più grossa quindi riguarda proprio la gestione di questi aspetti attraverso analisi specifiche volte a individuare tutti i possibili punti di urto o di schiacciamento, quali parti del corpo umano rischiano di essere coinvolte e così via”.
A seconda della casa costruttrice di appartenenza, ogni robot è dotato di funzioni di sicurezza integrate, che poi di fatto altro non sono che quelle previste dalle Norme EN ISO 10218-1 EN ISO 10218-2 per i robot standard e per le celle robotizzate. Ma questo non è sufficiente: “Chi realizza applicazioni che coinvolgono robot collaborativi o cooperativi deve rispettare anche le indicazioni riportate nella relativa Specifica Tecnica”, sottolinea il Consulting Manager CMSE® di Pilz Italia.
Il fatto che ciascuna applicazione sia caratterizzata da struttura e dinamiche fortemente legate a ciascun caso specifico e pertanto pressoché uniche nel loro genere ha fatto sì che si rendesse necessaria una linea guida universale, che prende il nome di Specifica Tecnica ISO/TS 15066, finalizzata a normare, gestire e definire le varie forze o pressioni che entrano in gioco in concomitanza con il sorgere di queste interazioni. “Sulla base di questa Specifica Tecnica”, continua De Benedetto, “è necessario effettuare analisi dettagliate volte a verificare se effettivamente tali automazioni rientrano nei parametri stabiliti nel rispetto dei tempi ciclo che quella determinata catena di montaggio deve mantenere. Nella Specifica Tecnica – che al momento rappresenta lo stato dell’arte in questo campo – sono riportati i valori massimi di forza e di pressione che ogni singola parte del corpo umano può sopportare e che differiscono a seconda che si tratti del palmo di una mano oppure del dorso, dell’addome, di un braccio, di una gamba, della testa e così via”.
IL ROBOT SERVICE CHE MANCAVA
Ma qual è il ruolo di Pilz in tutto questo? “Circa tre anni fa”, ci risponde De Benedetto, “abbiamo inaugurato nella nostra casa madre il primo Robot Service che agisce a livello globale e che si occupa di supportare i clienti nelle attività di analisi e sviluppo di possibili applicazioni HRC nelle proprie linee produttive e che ora è operativo anche in Italia. Dal momento che non esiste un’applicazione uguale all’altra, noi ci occupiamo di effettuare una vera e propria analisi dei rischi personalizzata, nel corso della quale definiamo quelli che sono i punti critici sui quali si dovrebbe intervenire affinché tale applicazione rispetti quanto previsto dalla Specifica Tecnica ISO/TS 15066 e possa quindi funzionare in totale sicurezza”.
Una missione tutt’altro che semplice e che in questo momento il Robot Service di Pilz porta avanti in tutto il mondo con successo.
Un compito che a livello pratico si traduce in un primo studio dell’applicazione specifica alla quale segue uno studio di fattibilità volto a definire tutti i possibili punti di schiacciamento, di urto e quant’altro attraverso una vera e propria misurazione. “Abbiamo progettato e realizzato uno strumento di misura dedicato che ci permette di effettuare queste misurazioni di forza e di pressione nelle varie configurazioni applicative che i clienti ci sottopongono”, ci spiega ancora De Benedetto. “In questo modo riusciamo a verificare se l’applicazione in questione raggiunge i livelli di sicurezza previsti a livello normativo oppure se necessita di interventi mirati correttivi come per esempio una riduzione della velocità, la rotazione nella direzione opposta per evitare urti con l’uomo, eccetera. Con questo test di misura andiamo anche a validare tutto il sistema in modo da poter supportare il cliente per arrivare poi alla certificazione e quindi alla marcatura CE dell’insieme”. ©Tecn’è.
“Abbiamo progettato e realizzato uno strumento di misura dedicato che ci permette di effettuare queste misurazioni di forza e di pressione nelle varie configurazioni applicative che i clienti ci sottopongono”, spiega Paolo Carlo De Benedetto, Consulting Manager CMSE® di Pilz Italia.