Simona Lavagnini è presidente di AIPPI-Gruppo italiano, Associazione Internazionale per la Protezione della Proprietà Intellettuale.
L’Italia è il terzo Paese in Europa per numero di brevetti. Ce ne parla la presidente di AIPPI-Gruppo italiano.
di Andrea Pagani
Il concetto di proprietà intellettuale include tutto ciò che ha a che fare con la valorizzazione economica e giuridica dei cosiddetti beni immateriali, ovvero gli elementi di competizione più importanti nel contesto di innovazione tecnologica e di globalizzazione in cui ci troviamo oggi.
Brevetti e marchi, ma anche modelli di utilità, design e diritto d’autore rientrano in questa categoria.
Si tratta di uno strumento straordinario per tutelare le opere di ingegno, ma l’Italia, pur essendo terza in Europa per numero di brevetti depositati, ha ancora un notevole potenziale inespresso.
L’avvocato Simona Lavagnini, presidente di AIPPI-Gruppo italiano (Associazione Internazionale per la Protezione della Proprietà Intellettuale), ci ha descritto possibilità, limini e opportunità di questo settore.
Il concetto di proprietà intellettuale include tutto ciò che ha a che fare con la valorizzazione economica e giuridica dei cosiddetti beni immateriali.
Può spiegarci innanzitutto di cosa si occupa AIPPI-Gruppo italiano, l’associazione di cui è presidente?
AIPPI, Associazione Internazionale per la Protezione della Proprietà Intellettuale, è un gruppo internazionale che vanta una presenza in diversi paesi del mondo. L’Italia è tra i più importanti e annovera circa 600 iscritti tra avvocati, consulenti e industrie. La nostra missione è lo studio della materia legata alla proprietà intellettuale, in particolare nei termini della comparazione internazionale al fine di armonizzare le normative e migliorarle. Trattandosi di un settore molto importante per la competitività delle nostre imprese, a loro volta con un altissimo tasso di internazionalizzazione, è infatti fondamentale potersi muovere in ambienti giuridici omogenei.
Perché è importante brevettare, in particolare nel mondo dell’industria?
Innanzitutto, è necessario aumentare la conoscenza nei confronti dei brevetti e delle opportunità che offrono: in Italia le imprese dovrebbero essere maggiormente interessate alla valorizzazione dei beni immateriali perché rappresentano un valido elemento di competizione. Si tratta infatti di asset veri e propri, che un’azienda può scambiare sul mercato e persino utilizzare per ottenere benefici fiscali. La protezione offerta dalla brevettazione tutela da possibili copie e utilizzi fraudolenti per tutto il periodo di durata del brevetto. Tra l’altro, la stessa protezione rappresenta un asset di scambio per gestire le relative licenze (licensing out). È chiaro che un eventuale investitore sarà maggiormente attratto da una realtà di questo tipo, le cui quote aumenterebbero di conseguenza di valore. La politica giustamente crede molto nel mondo della proprietà intellettuale e pertanto offre una serie di vantaggi fiscali e di crediti volti a incentivare l’emersione e la protezione di questi asset.
Sembra un percorso complesso: burocrazia e investimenti necessari non rischiano di scoraggiare le aziende dal muoversi in questa direzione?
Ricordiamoci che l’invenzione oggetto di brevetto non deve necessariamente essere qualcosa di rivoluzionario: esistono invenzioni di miglioramento o di accrescimento. È chiaro che gli investimenti necessari saranno proporzionati alla tipologia di ricerca eseguita, ma ciò non toglie che in alcuni settori si può operare anche con investimenti tutto sommato limitati e ottenere risultati brevettabili.
In Italia maggiore consapevolezza e opportuni investimenti potrebbero portare un netto balzo in avanti sul fronte dei brevetti depositati e valorizzare ulteriormente il mondo della brevettazione delle PMI.
Quindi di fatto la registrazione di una proprietà intellettuale è l’unico modo per garantirne la protezione?
In realtà anche scegliere di non brevettare può rappresentare una forma di protezione. Questo perché il percorso che porta all’emissione di un brevetto passa necessariamente attraverso delle fasi di contesto pubblico, nelle quali è richiesto che venga depositata la relativa domanda, si superino degli esami e si paghino le relative tasse. Dopodiché si godrà di una protezione legale molto forte, che durerà diversi anni a seconda del tipo di prodotto. Una volta giunto a scadenza, diventerà pubblico e chiunque lo potrà utilizzare. Se invece pensiamo al know-how, entriamo in un ambito nel quale c’è un tema di riservatezza. Talvolta si sceglie di non brevettare perché si confida che l’invenzione, rimanendo segreta, potrà essere sfruttata per un tempo maggiore rispetto a quello garantito dal brevetto stesso.
Il settore dei brevetti dispone di strumenti di protezione particolarmente incisivi, in Italia così come nel resto d’Europa e del mondo.
Quali sono gli strumenti che consentono di proteggere i propri brevetti, in Italia e all’estero?
Come accennato, il nostro settore dispone di strumenti di protezione particolarmente incisivi, in Italia così come nel resto d’Europa e del mondo. Proprio perché si pone grande attenzione nei confronti dell’internazionalizzazione, in questo settore ormai da tempo si cercano l’armonizzazione e l’unificazione. Sono nati dunque strumenti unici, come ad esempio il recente brevetto europeo con effetto unitario, che consente di ottenere contemporaneamente la protezione brevettuale nei 17 paesi UE che hanno ratificato l’Accordo sul Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB). Poiché l’Italia è il terzo Paese in Europa per numero di brevetti depositati, non stupisce inoltre che sia stata scelta come sede della terza sezione della Divisione Centrale del Tribunale Europeo dei Brevetti. Nel settore della proprietà intellettuale esistono a livello nazionale e internazionale procedimenti cautelari tipici, cosiddetti fast track, che consentono di ottenere delle descrizioni, anche a sorpresa, per verificare direttamente se all’interno di una azienda si stia violando un determinato asset così come di ottenere in tempi brevi un sequestro o un’inibitoria. Tra l’altro, nel settore operano nei Tribunali sezioni specializzate in proprietà intellettuale, a cui sono assegnati giudici specializzati proprio in proprietà intellettuale.
Cosa manca all’Italia per compiere un deciso passo in avanti?
Considerato il nostro particolare tessuto, composto in prevalenza da piccole e medie imprese, maggiore consapevolezza e opportuni investimenti potrebbero portare un netto balzo in avanti sul fronte dei brevetti depositati e valorizzare ulteriormente il mondo della brevettazione delle PMI. Non solo: abbiamo università e istituti di ricerca che contribuiscono in maniera sostanziale allo sviluppo di conoscenze, competenze e idee ma che, a volte, ignorano le possibilità offerte dagli strumenti legati alla tutela della proprietà intellettuale. Per questo la mia sensazione è che ci siano molte opportunità di crescita inespresse nel nostro Paese. ©TECN’È
“È necessario aumentare la conoscenza nei confronti dei brevetti e delle opportunità che offrono”, dice Simona Lavagnini, presidente di AIPPI-Gruppo italiano.