L’ingresso della Generazione Z nel mondo del lavoro sta portando con sé una mentalità improntata alla tecnologia che spingerà ulteriormente le aziende nell’era digitale, ampliando potenzialmente il divario che separa le cinque diverse generazioni che attualmente convivono sui luoghi di lavoro.
Secondo la ricerca mondiale commissionata da Dell Technologies (https://www.delltechnologies.com/it-it/index.htm) a Dimensional Research (https://dimensionalresearch.com/), i post-millennial, ovvero coloro che sono nati dopo il 1996, anche noti come Gen Z, vantano una conoscenza approfondita della tecnologia e delle potenzialità che può avere per trasformare il modo in cui si lavora e si vive.
Il sondaggio, condotto su oltre 12.000 studenti della scuola media superiore e dell’università in 17 Paesi del mondo, rivela come i giovani vedono la tecnologia e i lavori del futuro. Stando ai risultati, l’89% del campione riconosce il fatto che stiamo entrando nell’era delle partnership uomo-macchina e, in particolare, il 51% è convinto che esseri umani e macchine lavoreranno insieme in team integrati, mentre il 38% considera le macchine come strumenti da utilizzare quando necessari.
Anche se la maggior parte della Gen Z ha fiducia nelle proprie capacità tecniche, non ne ha altrettanta rispetto alle cosiddette soft skill e all’esperienza che i datori di lavoro richiedono. Se infatti il 73% del campione valuta le proprie competenze tecnologiche come buone o eccellenti, il 68% ritiene di avere capacità di programmazione superiori alla media e addirittura il 77% dichiara di rendersi disponibile a fare da tutor a colleghi con minore esperienza tecnologica.
Quasi tutti i neolaureati intervistati (94%) hanno più di una preoccupazione circa le future possibilità di impiego. Malgrado ciò, i professionisti più senior si sentono minacciati dai nativi digitali e temono che in futuro la maggior parte dei ruoli di leadership sarà occupata da loro.
Secondo un’altra recente ricerca di Dell Technologies, infatti, l’87% dei business leader teme che le rispettive aziende faranno fatica a offrire pari opportunità di impiego a generazioni differenti. Oggi le aziende devono aiutare i propri dipendenti a trovare punti di contatto, nell’ottica della creazione di una cultura digital-first. I team composti da persone con competenze complementari favoriscono lo scambio delle conoscenze e un nuovo approccio al problem solving.
Stage, programmi di rotazione e altre opportunità per lo sviluppo delle carriere possono aiutare i giovani professionisti a fare esperienza e sviluppare soft skill sul lavoro. E i programmi di tutoraggio inverso possono aumentare le competenze tecniche presenti nell’intera organizzazione con la Gen Z a fare da guida.
Pur avendo dimestichezza con i dispositivi elettronici fin dalla nascita e nonostante siano cresciuti con i social media, la Gen Z aspira ad una maggiore interazione umana nell’ambiente di lavoro. Più della metà (53%) preferisce lavorare in ufficio anziché da casa e il 58% preferisce lavorare come parte di un team piuttosto che in modo indipendente.
“Dalla ricerca emerge che i nativi digitali hanno ben chiaro che la tecnologia non è solo uno strumento per favorire il progresso umano, ma ha anche una funzione sociale. Questa combinazione di visione e ottimismo, unita alle loro competenze digitali, genera valore negli ambienti di lavoro in cui la Gen Z trova occupazione”, dichiara Marco Fanizzi, VP e General Manager Enterprise Sales di Dell EMC. “Studiare strategie di recruiting efficienti, capaci di attrarre questi talenti, sarà sempre più fondamentale per le imprese che vogliono accelerare il processo di trasformazione verso un futuro digitale”, aggiunge Fanizzi.
“I giovani professionisti di oggi sono cresciuti in un modello formativo collaborativo e sempre più basato sul contributo della tecnologia. Naturale portare nell’ambiente di lavoro le stesse aspettative”, sottolinea Filippo Ligresti, VP e General Manager Commercial Sales di Dell EMC Italia.
“Molto bello vedere la disponibilità a fare da ‘mentor tecnologici’ per i colleghi meno giovani, che mette di fatto a disposizione delle aziende uno strumento potente per favorire l’interazione tra tutte le generazioni che la compongono e vi si confrontano. Le tecnologie innovative che abbiamo a disposizione facilitano l’interazione e la collaborazione tra le persone e sono diventate un fattore determinante per attrarre i giovani talenti, forse le risorse più critiche per accelerare la trasformazione digitale delle nostre aziende”, conclude Ligresti.