Il report dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano, giunto alla sua terza edizione, ha scattato una fotografia il più possibile nitida di un settore in grande fermento qual è il mercato elettrico italiano.
All’analisi del mercato elettrico italiano, delle sue evoluzioni più recenti e delle sue prospettive è stato dedicato l’Electricity Market Report 2019, redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano. Il report, giunto alla sua terza edizione, ha cercato di scattare una fotografia il più possibile nitida di un settore in grande fermento, coinvolgendo come sempre nella ricerca numerosi e autorevoli partner.
“È chiaramente urgente una riforma organica dell’attività di dispacciamento, a partire dall’allargamento dei soggetti abilitati a fornire servizi di regolazione”, commenta Vittorio Chiesa, Direttore dell’E&S Group della School of Management del Politecnico di Milano. Si tratta di un percorso che l’Autorità ha intrapreso da alcuni anni e che ha visto una tappa fondamentale nel DCO pubblicato il 25 luglio scorso.
Grazie a Terna, sono stati avviati diversi progetti pilota per aprire il mercato dei servizi di dispacciamento a nuovi soggetti, introducendo le Unità Virtuali Abilitate (UVA) – unità di consumo e di produzione, compresi i sistemi di accumulo, aggregati per partecipare al MSD, Mercato per i Servizi di Dispacciamento –, e la figura dell’aggregatore, in grado di abilitare alla partecipazione le unità non ammesse in precedenza. Una novità cruciale all’interno del sistema elettrico.
“Spetta ora ai policy maker, con il supporto di tutti gli operatori di settore, delineare un contesto che massimizzi il rapporto fra benefici e costi per il sistema paese, associato alla diffusione delle unità virtuali”, sottolinea Chiesa.
La necessità di raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del sistema energetico che il nostro Paese si è dato sta producendo grandi cambiamenti, come la diffusione delle fonti rinnovabili non programmabili, cioè eolico e fotovoltaico, passate nell’ultimo decennio da meno di 5 GW (2008) a più di 30 GW (2018) di capacità installata e destinate ad arrivare a circa 39 GW di nuovi impianti entro il 2030.
Altri fattori che stanno radicalmente modificando la fisionomia del sistema elettrico sono la riduzione della capacità installata di impianti termoelettrici (da 77 GW nel 2013 a 62 GW nel 2018, -20%) e la cosiddetta “elettrificazione” dei consumi, cioè l’uso dell’elettricità – di conseguenza maggiormente utilizzata – nel riscaldamento o nei trasporti, con l’introduzione di nuovi attori all’interno del sistema, come i veicoli elettrici.
Una delle principali iniziative messe in atto in Italia per gestire le dinamiche evolutive del sistema elettrico riguarda l’ampliamento dei soggetti che possono offrire servizi di regolazione, reso possibile dalla Delibera 300/2017. Si sono avviati numerosi progetti pilota, introducendo, come accennato, le Unità Virtuali Abilitate (UVA) e la figura dell’aggregatore.
Tra i diversi tipi di aggregati troviamo le UVAC (aggregazioni di unità di consumo), le UVAP (aggregazioni di unità di produzione non rilevanti, inclusi i sistemi di accumulo) e le UVAM, aggregazioni “miste” in cui, da novembre, sono confluite le altre due. Un’iniziativa regolatoria che ha dato ottimi frutti, se si pensa che nel progetto pilota UVAM risultano abilitate a partecipare al MSD nuove risorse per un totale di 1.156,5 MW.
Un altro progetto pilota promosso a seguito della Delibera 300/2017 riguarda le UPI (Unità di Produzione Integrate), unità di produzione rilevanti integrate a sistemi di accumulo che hanno la possibilità di fornire servizio di regolazione primaria della frequenza e che, a oggi, hanno abilitato una potenza complessiva di 27,7 MW, cioè quasi tutto il contingente definito da Terna (30 MW).
L’analisi degli aggregatori attivi in Italia (12 BSP, cui si riferisce il 74% dell’attuale capacità contrattualizzata a termine), ha delineato, d’altro canto, quattro cluster di business model: “Pure Aggregator”, cioè chi svolge esclusivamente il ruolo di BSP e si serve di uno o più provider tecnologici per la fornitura dell’infrastruttura tecnologica necessaria a creare e gestire una UVAM; “Technology-driven Aggregator”, cioè tutti gli operatori che, oltre a svolgere il ruolo di BSP, hanno deciso di sviluppare internamente la piattaforma di gestione e, in taluni casi, l’infrastruttura tecnologica necessaria per la realizzazione di un UVAM.
E ancora: “Client-driven Aggregator”, cioè chi ha una relazione con i proprietari di asset che potrebbero partecipare alle UVAM, o li possiede direttamente, ma non copre le fasi relative all’infrastruttura tecnologica; “Fully-integrated Aggregator”, ossia gli operatori che hanno deciso di investire nello sviluppo delle tecnologie necessarie per creare un UVAM e che sono anche in grado di coinvolgere i clienti, in genere grazie a una relazione pregressa.
Dall’analisi effettuata emerge che, a fronte di investimenti tutto sommato limitati in valore assoluto – tra i 20 e i 50 milioni di euro – che rappresentano un introito per le imprese della filiera, il sistema elettrico potrebbe dotarsi di diversi GW di unità virtuali economicamente sostenibili dal punto di vista dei BSP. Ciò determinerebbe inoltre ricadute positive per lo Stato, sotto forma di incremento del gettito fiscale, stimabili tra i 6 e i 17 milioni. Rimane tuttavia evidente la necessità di creare un opportuno contesto affinché queste iniziative risultino convenienti anche per gli asset owner.
Spetta ora ai policy maker, con il supporto degli stakeholder del sistema elettrico, affrontare la sfida di delineare un contesto che massimizzi il rapporto fra benefici e costi per il sistema paese, associato alla diffusione delle unità virtuali, sulla cui rilevanza cruciale all’interno del sistema elettrico ormai pochi dubitano.
Vittorio Chiesa, Direttore dell’E&S Group della School of Management del Politecnico di Milano.