Dopo un ottimo 2021, l’industria italiana del bene strumentale registra, nel 2022, un evidente rallentamento dell’attività, come testimoniato dai dati elaborati dal Gruppo Statistiche Federmacchine.
I dati sono stati presentati nel corso dell’Assemblea soci della Federazione, svoltasi nel pomeriggio del 12 luglio. Accanto al Presidente di Federmacchine, Giuseppe Lesce, è intervenuto il Professor Marco Fortis, economista e vicepresidente della Fondazione Edison.
Nel 2021, il fatturato del comparto si è attestato ad un valore pari a 50,4 miliardi di euro, registrando un incremento del 21,6% rispetto al dato del 2020. Grazie a questa accelerazione, l’industria italiana di settore non solo ha recuperato il terreno perso nel biennio precedente (2019-2020), ma ha addirittura migliorato il record che aveva segnato nel 2018.
Le esportazioni – cresciute, del 18,1%, a 32,9 miliardi di euro – sono tornate sui livelli pre-pandemici. Le vendite sul mercato estero sono dunque ripartite in modo convinto, ma non hanno raggiunto lo slancio che avevano dimostrato nel 2018. Ottima la performance delle consegne dei costruttori italiani sul mercato interno che, trainate dal consumo, hanno raggiunto il valore di 17,5 miliardi di euro, pari al 28,6% in più rispetto al 2020.
Protagonista di una crescita senza precedenti è stata la domanda espressa dal mercato domestico che è cresciuta del 29,7% rispetto all’anno precedente e si è attestata a 27,2 miliardi di euro, un valore mai raggiunto prima.
Anche l’import ha beneficiato della vivacità della domanda interna attestandosi a 9,6 miliardi di euro, il 31,7% in più rispetto al 2020. Le imprese italiane del settore hanno però dimostrato di saper ben presidiare il mercato locale, come evidenziato dal dato import/consumo che resta al 35,5%. Il rapporto export/fatturato è sceso, di due punti percentuali, a 65,2%.
Le previsioni per il 2022 sono di tenore differente: la crescita registrata nel 2021 fermerà la sua corsa stabilizzandosi. In particolare, il fatturato crescerà a 51 miliardi, l’1,3% in più del 2021. L’export, atteso in crescita del 2,1%, si attesterà a 33,5 miliardi di euro. Il rapporto export/fatturato crescerà al 65,7%
Il consumo interno raggiungerà il valore di 27,8 miliardi di euro, il 2,4% in più rispetto al 2021. Ne beneficeranno sia le importazioni, attese in crescita, del 7,4%, a 10,3 miliardi di euro, sia le consegne dei costruttori che dovrebbero restare stabili a 17,5 miliardi, - 0,3% rispetto all’anno precedente. Il rapporto import/consumo crescerà a 37,2% restando dunque sui livelli tradizionali.
Con riferimento alla distribuzione delle vendite, nel 2021, la quota di fatturato realizzata in Italia si è attestata al 35%. Il 28% del totale è stato destinato agli altri paesi dell’Unione Europea. L’Area-UE assorbe quindi circa il 63% del fatturato italiano di settore. Segue l’export in Asia (10%) e in America settentrionale (10%). L’Europa Extra-UE ha assorbito l’8,9% del totale.
Principali mercati di destinazione sono risultati: Stati Uniti (4 miliardi di euro, +21,4%); Germania (3,5 miliardi, +14,8%); Francia (2,2 miliardi, +15,8%); Cina (2 miliardi, +16,6%); Turchia (1,4 miliardi, +34,6%).
Nel periodo gennaio-marzo 2022, le esportazioni di beni strumentali italiani sono cresciute (+8,8%) rispetto allo stesso periodo del 2021. Osservando la classifica di destinazione dell’export, nei primi tre mesi, si confermano sostanzialmente le posizioni registrate nel 2021: Stati Uniti (613 milioni, +13,7% rispetto gennaio-marzo2021); Germania (584 milioni, +5,9%); Francia (366 milioni, +4,5%); Cina (319 milioni, -0,9%); Spagna (206 milioni; +13,2%).
Unico arretramento è relativo ai paesi extra-UE, determinato per lo più dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina: Russia (-18,3%), Ucraina (-55,3%), Bielorussia (-43%), ma anche Turchia (-9,3%) e Regno Unito (-9,1%). Bene invece le vendite in Svizzera (+21,8%).
“I dati presentati ci dicono che, archiviato il 2020 flagellato dallo scoppio della pandemia, nel 2021, le imprese italiane del bene strumentale sono state protagoniste di una performance davvero eccezionale. Riteniamo fondamentale che gli incentivi 4.0 debbano divenire strutturali, così da accompagnare in modo continuo e costante l’evoluzione tecnologica delle fabbriche”, ha commentato Lesce.
“Alle autorità di governo chiediamo quindi di ragionare su un sistema che preveda il mantenimento di queste misure anche oltre il 2025. Contestualmente è assolutamente necessaria la revisione della normativa sugli ammortamenti che è molto importante per le decisioni di investimento delle aziende”, ha continuato Lesce.
“Il 2022 appare decisamente più complesso del 2021: inflazione in accelerazione; ostacoli al funzionamento delle catene di fornitura; aumento della volatilità dei mercati finanziari; ulteriori rialzi dei prezzi delle materie prime, di quelle energetiche e dei beni alimentari sono tutti fenomeni che fanno ormai parte del nostro quotidiano. Perfino l’avvicinarsi della parità tra euro e dollaro, che in effetti dovrebbe sostenere l’export dei paesi dell’Unione verso gli Stati Uniti e verso le aree legate alla moneta americana, preoccupa, poiché rischia di far crescere ancora di più i prezzi di materie prime ed energia”, ha spiegato Lesce.
“Occorre un programma di interventi straordinari mirati a ridurre gli effetti più pesanti derivati dalla pandemia prima, e dalla guerra poi. La soluzione è una sola: l’Europa deve muoversi unita se vuole veramente difendere il suo patrimonio culturale ed economico, fatto di conoscenza, manifattura e regole condivise”, ha concluso Lesce.