Roberto Rizzo, Presidente di SolidWorld.
2020, le fabbriche hanno ridotto la produzione, ma non la progettazione di nuovi prodotti: è quanto si deduce dal bilancio di SolidWorld Group, Gruppo trevigiano specializzato nella progettazione tridimensionale che ha chiuso l’anno 2020 con un fatturato di 47 milioni di euro, in sostanziale tenuta, -4% rispetto al 2019. Home design, biomedicale, aerospaziale e meccatronica i settori che non si sono fermati e hanno continuato a investire in innovazione. Il futuro: green design e chirurgia assistita.
Solidworld Group riunisce dieci aziende che lavorano in modo integrato alla progettazione digitale 3D per le industrie: software di modellazione 3D, sistemi di scannerizzazione e ricostruzione virtuale, stampanti 3D, tutte le tecnologie necessarie ai processi di innovazione.
8.000 i clienti in Italia del Gruppo che spaziano dalle grandi imprese dell’automotive e dell’aeromotive al settore della meccanica generale, fino allo sportsystem, ma anche piccoli studi di ingegneria, aziende orafe o case di moda. Emilia Romagna (30,7%), Lombardia (18,4%) e Liguria (17,4%) le aree di riferimento per fatturato generato, seguite dal Veneto (15,6), ma il Gruppo è presente anche al Sud, soprattutto dove sono ubicati i distretti industriali più avanzati, come quello meccatronico di Bari, o quello aerospaziale di Napoli.
“Le aziende italiane sanno quanto l’innovazione sia importante e vada potenziata proprio nei momenti difficili. Anche nei mesi di lockdown totale, nel momento di maggiore incertezza, abbiamo avuto solo un leggero calo del lavoro, ci siamo limitati a trasferire da remoto le attività che facevamo in presenza. Home design, aerospaziale, biomedicale e meccatronica sono i settori che hanno maggiormente tenuto in termini di continuità di investimenti, mentre l’automotive è il settore che ha sofferto di più”, conferma il Presidente Roberto Rizzo di SolidWorld.
Le dieci aziende di SolidWorld Group sono diverse, ma lavorano in modo integrato: “Oltre che produttori di software brevettati, siamo licenziatari dei più importanti marchi di software e stampanti 3D al mondo, ma quello che facciamo è soprattutto assistere le aziende nel loro processo di innovazione, adattare il software a specifiche esigenze, intervenire nella strutturazione dell’intero processo produttivo, realizzare prototipi o piccoli lotti con stampa 3D”, spiega Roberto Rizzo.
161 i dipendenti – oltre 220 i collaboratori totali – per il 42% ingegneri o periti specializzati: figure professionali molto richieste, come sottolinea Roberto Rizzo: “quotidianamente dai nostri clienti riceviamo richieste di progettisti che sappiano fare modellazione 3D, ma che sono molto difficili da trovare”. Anche per questo motivo, SolidWorld ha all’attivo la collaborazione con numerosi Istituti, 22 Università – al solo Politecnico di Milano fornisce assistenza per 200 licenze CAD 3D – e 200 Istituti superiori, per formare le figure adatte alle richieste del mercato del lavoro.
Come accennato in apertura, due le sfide del futuro: biomedicale e progettazione green. Nel biomedicale Solidworld Group è già attivo: dopo l’esperienza con la prima emergenza Covid, in cui ha partecipato con la progettazione e stampa 3D alla realizzazione di dispositivi di protezione per i medici, Rizzo ha creato Bio3DModel, un investimento di 5 milioni di euro per una divisione del gruppo dedicata esplicitamente a creare modelli di organi partendo dagli esami diagnostici.
“A Firenze è nato un team di ingegneri specializzati che collaborano con l’Università di Pisa e Firenze, all’avanguardia nella cosiddetta Computer Added Surgery. Grazie a una tecnologia unica in Italia, la Digital Anatomy Printer di Stratasys, una stampante che imita non solo l’aspetto, ma anche la consistenza degli organi umani, stiamo già collaborando attivamente con alcuni ospedali per la preparazione dei chirurghi a interventi particolarmente difficili”, afferma Roberto Rizzo.
Trasversale a più settori invece è il tema della sostenibilità. Secondo il Bollettino 2020 del Sistema Excelsior per 8 posizioni di lavoro su 10 sono richieste competenze green, ed è quanto avviene anche nel mondo della progettazione: le direttive europee chiedono di ragionare in termini di ciclo di vita del prodotto e quindi di ideare prodotti che siano facili da smaltire (e possibilmente da riciclare).
“Le aziende capiscono che lo chiedono sia le istituzioni che i consumatori, ma hanno bisogno di trovare persone in grado di concretizzare questi obiettivi e non c’è ancora una formazione adeguata. Ad esempio, abbiamo creato un corso con l’Università di Modena e Reggio Emilia per formare gli ingegneri ambientali sulla progettazione green, perché se non sei a conoscenza delle potenzialità delle tecnologie, come puoi portare questi cambiamenti in azienda?”, conclude Roberto Rizzo.
Modello Digital Anatomy del cuore.