Nel 2018, il fatturato dell’industria italiana costruttrice di beni strumentali si è attestato a oltre 49 miliardi di euro, segnando un incremento del 6,2% rispetto all’anno precedente. Il risultato è stato determinato principalmente dal buon andamento delle consegne sul mercato interno. Più moderato l’incremento dell’export. Di tenore diverso l’outlook sul 2019 che dovrebbe segnare sostanziale stazionarietà.
Questo è quanto emerge dai dati di consuntivo presentati da Sandro Salmoiraghi, Presidente uscente di Federmacchine, in occasione dell’annuale assemblea della federazione delle imprese italiane costruttrici di beni strumentali a cui sono intervenuti: Luigia Mirella Campagna, Corporate Sales & Marketing Unicredit, e Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria.
In particolare, secondo i dati elaborati dal Gruppo Statistiche di Federmacchine, il fatturato dell’industria italiana costruttrice di beni strumentali è cresciuto del 6,2%, a 49,2 miliardi di euro.
Ottimo l’andamento delle consegne dei costruttori italiani sul mercato interno cresciute, del 9,6%, a 16,3 miliardi di euro. A trainarle è stata la domanda di beni strumentali in Italia, sostenuta dai provvedimenti di super e iperammortamento operativi anche nel 2018: il consumo di beni strumentali è cresciuto del +9,5%, a oltre 26 miliardi di valore, nuovo record assoluto. Questo incremento ha favorito in misura minore anche l’import, cresciuto del 9,4%, a 9,8 miliardi.
Sul fronte estero, dopo un 2017 molto positivo, nel 2018 è stata conferma la crescita delle esportazioni del 4,6% a 32,9 miliardi di euro. Mercati di sbocco dell’offerta italiana sono risultati: Germania (3,6 miliardi di euro), Stati Uniti (3,5 miliardi di euro), Francia (2,2 miliardi di euro), Cina (2 miliardi) e Spagna (1,5 miliardi).
Il dato di export su fatturato è risultato pari al 67%, in ulteriore calo rispetto all’anno scorso quando si attestò al 68%. Il ridimensionamento registrato a partire dal 2014 è testimonianza della ripresa di vigore della domanda italiana che, nell’ultimo quinquennio, è tornata a investire in tecnologia di produzione. Il saldo complessivo dei settori che fanno capo a Federmacchine è stato positivo per 23,1 miliardi di euro.
Secondo le stime elaborate dal Gruppo Statistiche di Federmacchine, il 2019 sembra invece coincidere con la fine della progressione registrata nel quinquennio 2014-2018. Infatti, il fatturato dovrebbe segnare un timido +1,7% e l’export dovrebbe crescere del 2,7% confermando una sostanziale stazionarietà rispetto al 2018. In chiaro rallentamento, e in parte in calo, saranno i valori legati al mercato domestico: consumo +0,6% e consegne sul mercato interno -0,2%.
“I consuntivi elaborati dal Gruppo Statistiche di Federmacchine restituiscono una fotografia molto positiva del settore che, nel 2018, ha visto crescere tutti i principali indicatori economici. L’outlook sul medio termine è però decisamente differente. Se ci aspettiamo un 2019 ancora favorevole, il futuro non lo vediamo altrettanto roseo, anche perché i fattori che rendono complicato il contesto economico non sono solo italiani ma riguardano l’intero scenario globale”, ha detto Salmoiraghi.
“Il mercato interno sembra aver esaurito la spinta propulsiva, in un momento in cui, invece, andrebbe sostenuto il processo di trasformazione dell’industria manifatturiera italiana avviato negli anni appena passati, ma non certo terminato”, ha spiegato Samoiraghi. “Chiediamo alle autorità di governo di ragionare sull’adozione di un ‘Pacchetto unico’ per la crescita d’impresa, strutturale, liberato dalle annuali attese e incertezze legate alla possibile riconferma di ciascuna delle misure in esso inserite. Esso dovrebbe sommare in sé tutti i vantaggi fiscali legati a ricerca e sviluppo e a super e iperammortamento per gli investimenti in nuovi macchinari, software e automazione, disegnando un progetto d’insieme di lungo periodo”.
Complementare al tema dell’innovazione è per Salmoiraghi quello della formazione 4.0: “il provvedimento per il credito di imposta deve proseguire nella sua operatività anche nel 2020 e va rivisto in modo che nel calcolo del credito sia incluso anche il costo dei formatori esterni, la voce di spesa più onerosa per le PMI”.
“Il tema più spinoso rimane, però, quello legato ai giovani, a cui dovremmo guardare tutti con grande attenzione, poiché rappresentano il futuro delle nostre aziende, ma soprattutto della nostra società”, ha sottolineato Salmoiraghi. L’Italia è tra i paesi con il più alto tasso di abbandono scolastico e di disoccupazione giovanile: questo ci dice che non siamo più in grado di interessare i giovani e di coinvolgerli sull’apprendimento, e, in seconda battuta, che non siamo più capaci di indirizzarli verso corretti programmi formativi”.
“Sono ancora pochi i ragazzi che scelgono percorsi scolastici specifici per le professioni legate al mondo dell’automazione e della meccanica di precisione, nonostante le imprese del settore rilevino grande difficoltà nel reperire personale preparato da inserire nel proprio organico. In realtà, gli istituti tecnici aprono a opportunità professionali molto stimolanti, senza dimenticare che sono un’ottima base per il prosieguo dello studio attraverso gli ITS, le scuole di Alta formazione tecnica-tecnologica da cui escono, dopo due anni post diploma, i cosiddetti Super Periti”, ha concluso Salmoiraghi, sottolineando come sia urgente avvicinare sempre più il mondo imprenditoriale e le organizzazioni agli ITS così da poter indirizzare i programmi di studio affinché siano aderenti alle reali esigenze delle imprese.