C’è chi nasce guerriero e chi diplomatico. Lui è un guerriero che sa ascoltare. Energico, acuto, curioso, carismatico, a tratti misterioso. Un vero gentleman dai modi diretti. Le sfide lo entusiasmano. È capace di trasmettere questa ‘energia buona’ in tutto quello che fa, incluso ovviamente il suo lavoro, che prende moltissimo del suo tempo, perché per lui il lavoro è un modo di divertirsi. È Roberto Micotto, ingegnere, Amministratore Delegato di Yamazaki Mazak Italia, realtà d’eccellenza nel mondo della macchina utensile, accanto alla cui storia straordinaria si è disegnato il profilo del suo grande manager. Dopo il recentissimo viaggio presso la casa madre giapponese, l’AD italiano ci parla di strategie di sviluppo e scenari futuri.
di Fiammetta Di Vilio
Troppo spesso l’idea che abbiamo di efficienza, capacità produttiva, uso tecnologico delle risorse economiche, strumentali e umane, riporta al nostro immaginario.
Per sostenere un nostro convincimento che da tempo ci fa ritenere che quel connubio di efficienza, tecnologia e risorse umane (cui aggiungerei fantasia, creatività e inventiva) è un patrimonio delle persone che lo generano, abbiamo intervistato l’ingegner Roberto Micotto, AD di Yamazaki Mazak Italia, al suo ritorno dalla riunione internazionale, presso la sede centrale in Giappone, dove il top management si riunisce annualmente per esaminare piani commerciali e strategie.
Nell’economia della conoscenza non valgono più gli stessi principi di gestione che potevano funzionare ai tempi del fordismo.
L’ingegner Micotto non ha avuto dubbi sulla necessità di trasformare lo stile di leadership ai ritmi della globalizzazione. Concentrarsi su un’idea imprenditoriale forte senza inseguire strampalate chimere finanziarie, confrontarsi con concorrenti e clienti dai quali si può anche imparare, decidere in fretta facendo sempre ciò che si è scelto di perseguire sono i comportamenti da adottare per sopravvivere in arene molto concorrenziali.
D. Come intende affrontare Mazak i problemi scaturiti dalla crisi?
R. In Mazak si respira un’atmosfera serena. C’è una visione ottimistica, con la consapevolezza, tuttavia, che il 2011 non sarà ancora un anno di completo recupero.
L’economia mondiale ha ripreso a crescere, seppur con profonde differenze di velocità e di comportamento tra territori. Assistiamo a un recupero dei Paesi emergenti, Cina e India, che sono tornati a registrare tassi di crescita del PIL simili a quelli pre-crisi, ma anche Corea del Sud, Hong Kong, Singapore, Taiwan hanno sensibilmente accresciuto il loro peso nel commercio mondiale. Nell’ultima parte del 2010, anche alcune economie sviluppate hanno iniziato a dare segnali di un maggior dinamismo e la loro ripresa appare più solida. A questo gruppo di Paesi appartiene la Germania, che, grazie ad una crescita dei propri consumi interni, si sta imponendo a livello europeo quale locomotiva trainante.
Sebbene gli effetti della recessione continuino ad essere presenti sui mercati, l’economia globale ha iniziato il cammino della ripresa. L’Italia è entrata in una fase di stabilità, ma alcuni meccanismi sono ancora bloccati e non consentono di crescere a tassi più elevati: i consumi interni sono piuttosto deboli per l’incertezza sulle prospettive occupazionali e non permettono un avanzamento più solido, fattore essenziale, a sua volta, per una crescita del mercato del lavoro. Servono, dunque, riforme strutturali per avviare una fase di sviluppo più consistente.
Detto questo, l’andamento complessivo dell’industria italiana è ritornato ad essere di segno positivo, trainato dai settori produttori di beni intermedi e strumentali. Il problema serio per le piccole e medie imprese è la difficoltà di ottenere finanziamenti per acquistare beni durevoli; occorrono provvedimenti mirati a dare una risposta concreta alle esigenze delle imprese, in primis la semplificazione burocratica (anche se in altri Paesi europei emergenti questo problema è ancora più complesso), l’accesso al credito e la crescita della competitività attraverso la costituzione di reti.
D. Per agevolare l’acquisto di macchine utensili, state pensando a qualche facilitazione?
R. Sono passati poco più di due anni dall’entrata in vigore del sistema di adeguatezza patrimoniale Basilea 2 e già il Comitato di Basilea, complice la crisi finanziaria globale che ha coinvolto il sistema bancario internazionale, ha messo nuovamente mano alle regole relative ai requisiti di capitale minimo cui le banche sono soggette. Le nuove proposte di Basilea 3 hanno suscitato numerose critiche, che lasciano intravedere preoccupazioni espresse dal mondo delle imprese, da esponenti dell’industria bancaria, da accademici e studiosi di banking. Queste preoccupazioni riguardano l’impatto che l’aumento dei requisiti di capitale potranno avere sul costo del credito bancario e, più in generale, sulla crescita economica. In questo scenario, Mazak, per la solidità finanziaria che la contraddistingue, ovviamente sta ipotizzando alcune soluzioni; ma è chiaro che la nostra missione è vendere macchine utensili e non finanziarle. Questo non rientra nei principi del nostro orientamento. Il problema non può essere spostato: è necessario che le banche e le società di leasing tornino a credere nella macchina utensile e finiscano di considerarlo un investimento ‘a rischio’.
D. Perché la macchina utensile non è considerata un bene ‘affidabile’, visto che pur nella crescente terziarizzazione del sistema economico, rappresenta un comparto storicamente trainante?
R. La ragione è principalmente culturale. Il settore dei beni strumentali si pone trasversalmente dal punto di vista dei suoi utilizzatori: è contemporaneamente un prodotto, implementa le tecnologie di processo per la trasformazione dei materiali e soprattutto ‘abilita’ gli utilizzatori stessi nell’implementazione dei loro processi di innovazione di prodotto. Proprio per queste ragioni anche in futuro è prevedibile che nei Paesi europei industrialmente avanzati rimarrà viva una rilevante e competitiva struttura industriale di tipo manifatturiero. Ma tutto questo sarà tanto più vero quanto più verrà valorizzato in maniera adeguata il settore. Le dislocazioni verso altri Paesi continuano ad andare sempre più forte, ormai le aziende medio grandi hanno spostato quasi tutta la produzione; chi è rimasto, gli OEM più piccoli, sono costretti a giocarsela con la tecnologia, con la qualità e quindi con investimenti mirati.
D. Ci sono costruttori europei che applicano, ai propri clienti, forme di finanziamento per l’acquisto. Vi scontrerete anche con questo tipo di problemi?
R. Sicuramente sì. Oggi la macchina va venduta due volte: da un punto di vista tecnico e di prezzo e dal punto di vista delle facilitazioni per l’acquisto del bene stesso. La nostra azienda persegue un orientamento strategico preciso: il costruttore ha l’obbligo di applicare le migliori condizioni di mercato al momento della transazione, ma il cliente deve individuare e trovare le modalità adeguate per acquisirlo. La globalizzazione e le nuove tecnologie hanno cambiato le regole della competizione. Il mondo, come dice Tom Friedman, è piatto. Siamo tutti nella stessa gara. È possibile vincere solo mettendo in campo tutte le risorse disponibili, compatte sull’obiettivo.
D. Come si muoverà Mazak nel prossimo futuro?
R. Le difficoltà nascondono sempre delle opportunità. Mazak ha sempre utilizzato i periodi difficili per fare investimenti. L’innovazione richiede lo sviluppo, attraverso la costante attività di ricerca applicata, di un’ampia varietà di conoscenze tecnico-scientifiche da tradursi in tecnologie industriali. La nostra sfida consiste nell’integrare sempre meglio le componenti dell’offerta, migliorando continuamente lo sforzo teso alla crescita delle aziende clienti. L’obiettivo consiste nel mettere a fuoco le difficoltà (di mercato, di cambiamento, di strategia) e le opportunità sulle quali costruire le certezze di nuove posizioni competitive. Il mercato premia chi offre soluzioni che abilitano il cambiamento. Stiamo costruendo cinque nuovi Centri Tecnologici in Europa: due in Germania (a Düsseldorf e Lipsia), uno in Polonia, uno in Ungheria e uno nella Repubblica Ceca. I Paesi dell’Europa centrale sono coordinati commercialmente da una filiale ubicata a Praga. Si tratta di aree in forte espansione, nelle quali siamo presenti da diversi anni. A metà febbraio abbiamo posato la ‘prima pietra’ del Centro di Düsseldorf, mentre le altre realtà sono in via di allestimento e saranno tutte completate entro i primi sei mesi del prossimo anno. Se da un lato questi poli tecnologici ci consentono di usare meglio la dimensione globale per acquisire efficienza e competitività, dall’altro ci permettono di conquistare maggiore flessibilità, portando la nostra conoscenza e competenza a contatto diretto con il mercato locale. L’apertura dei Centri significa una presenza più capillare sul territorio e rappresenta la possibilità concreta di essere più vicini al cliente, appoggiandoci a organizzazioni del posto. Quando un cliente acquista una macchina, non acquista solo un prodotto di elevata qualità, ma riceve una dimostrazione della tecnologia industriale avanzata di Mazak. Le strutture prevedono una Show Room permanente, con la disponibilità di tecnici per le applicazioni e per l’assistenza, con personale Mazak specializzato al fine di fornire all’utilizzatore un supporto efficace alla sua gestione industriale. Stiamo di fatto replicando, in scala ridotta, quello che già abbiamo realizzato in Europa occidentale, perché riteniamo che la globalizzazione richieda un impegno sempre maggiore sul territorio di riferimento. Oltre a ciò, prevediamo anche un generale piano di espansione degli stabilimenti produttivi, in particolare in Cina, con progetti di ampliamento, in tempi brevi, di quasi il doppio rispetto alla capacità originaria. Analogamente sono allo studio progetti di ingrandimento dello stabilimento inglese: produrre in Europa per l’Europa è un innegabile punto di forza. È fondamentale che una multinazionale possa assicurare le stesse garanzie di qualità e servizio nel Paese in cui ha impiantato i suoi nuovi stabilimenti di produzione con le medesime modalità dei Paesi in cui l’insediamento è storico e consolidato. Questo è un nostro vantaggio rispetto ai concorrenti. Tutto ciò è il risultato della grande visione strategica di Teruyuki Yamazaki, Presidente di Mazak nel momento in cui la filosofia industriale della Società si è sviluppata. Sono trascorsi quasi 30 anni e attraverso la gestione di stabilimenti in tutto il mondo, con l’intuizione geniale che produrre localmente presenta indubbi vantaggi competitivi, continuiamo a ‘curare’ con successo il mercato, individuando le potenziali domande di nuove tecnologie.
D. Quali sono le lezioni manageriali che lei ha appreso da questo modo di fare impresa?
R. Le sintetizzerei in alcuni principi: l’importanza delle persone, di cui si cerca di far emergere gli aspetti migliori, valorizzandoli; la cultura aziendale basata su alcuni valori rimasti immutati nella storia di Mazak, e cioè i clienti, l’innovazione, le risorse umane; l’importanza del disegno organizzativo, che, per raggiungere gli obiettivi aziendali, deve sempre precorrere i tempi. La credibilità del brand Mazak, sinonimo di grande professionalità e competenza, ci assicura una grande forza per competere. L’azienda non è mai ferma e sa guardare lontano. L’accreditata solidità economico-finanziaria della Società dà sicurezza a chi deve comprare e a chi deve vendere. Non siamo interessati alla quotazione in Borsa, perché l’azienda intende conservare la completa autonomia di gestione. Oggi, sotto la Presidenza di Tomohisa Yamazaki, opera in azienda la quarta generazione della famiglia Yamazaki, a garanzia di una continuità che dura nel tempo.
D. Abbiamo parlato di strategie, mercati, futuro, disegno imprenditoriale. Ma la tecnologia è uno degli aspetti portanti della visione di Mazak...
R. Creatività, conoscenze, competenze, motivazione e coinvolgimento delle persone sono elementi centrali nei processi di innovazione e di sviluppo di Mazak, uniche strade realmente percorribili per conservare posizioni di leadership nei settori ad alto valore aggiunto e nella competizione globalizzata. La tecnologia è sempre più determinante per competere con successo con i Paesi emergenti. La tendenza è ancora verso il multitasking, ormai leit-motive di molti costruttori. Si tratta di macchine molto versatili e flessibili. A parte qualche rara eccezione, è sparita la produzione di massa e si produce in serie medio-piccole, con un time to market che è un’esigenza imprescindibile. La richiesta del cliente è finalizzata a tempi di attrezzamento molto rapidi, che permettono di passare da un prodotto all’altro velocemente, per consentire un’immissione del prodotto stesso sul mercato prima dei concorrenti. Il multitasking compete su specifiche sempre più spinte, offrendo di più ogni volta che si fanno aggiornamenti, facilitando l’operatore e integrando a livelli più spinti l’Information Technology; le macchine utensili oggi sono ‘intelligenti’ e si possono gestire dall’ufficio, anche se le macchine semplici continuano ad esistere. Nei torni la motorizzazione dell’utensile è quasi un must, nei centri verticali avere un quarto asse spesso è fondamentale: c’è un’evoluzione del contoterzista. Ma la tendenza in atto è orientata allo sviluppo di macchine di dimensioni grandi: il nucleare, l’energetico, l’aeronautico richiedono questa tipologia di macchine. C’è uno spostamento delle lavorazioni verso materiali difficili anche nell’automobilistico (compositi, fibre), per cui la macchina utensile deve essere costruita in modo diverso, l’utensileria deve essere pensata ad hoc. Il connubio macchina e utensile è molto forte e importante, più di quanto lo fosse qualche anno fa, ed ecco che molte società si affidano a università, centri di ricerca, perché l’uso di materiali speciali sono tali per cui le caratteristiche delle macchine devono essere specifiche: si entra in una nicchia verso la quale o si è performanti, investendo molto, o può essere rischioso. Precisione e qualità richiedono ingenti investimenti anche a livello ambientale, in termini di spazi e dispositivi aggiuntivi (controllo della temperatura, dell’umidità...). Questo significa anche uno spostamento verso l’alto della manodopera. Nella competizione fondata sempre più sulla velocità di accumulazione delle conoscenze, sull’innovazione e sugli elementi intangibili, le persone possono fare la differenza.
C’è sempre una corsa verso la specializzazione molto spinta; è fondamentale un rapporto diretto tra chi costruisce e chi utilizza; oggi, insieme alla macchina, vendiamo una consulenza, un progetto, aiutiamo il cliente a costruire quello che a lui serve realmente. È chiaro che questo pensiero è rivolto a una tipologia di aziende di fascia alta. Pensiamo a cosa sta succedendo nella Formula Uno, con l’impiego di fibre di carbonio o di leghe superleggere; oppure alla tecnologia sofisticata per il settore aeronautico. Aerei come il Boeing 777, il Boeing 787 o l’Airbus 380, alto più di 24 m e lungo 73 m, che viaggia a 850 km orari. È quasi come un palazzo di sei piani, eppure vola...
D. Proprio come Mazak. Grande, leggera e con un’attitudine naturale a volare alto.