Il robot subacqueo Clean Sea di Eni mentre viene calato in mare. Si notano i propulsori sul retro e, colorato in giallo, il modulo con videocamera e sensori per l’analisi dei parametri ambientali.
Si chiama Clean Sea e il Centro Ricerche Eni lo ha sviluppato per ispezionare le sue piattaforme offshore nei mari di tutto il mondo. È un AUV, un robot subacqueo intelligente, in grado di seguire in autonomia la rotta che gli è stata data, di modificarla se necessario e di ispezionare il mare e i fondali con un dettaglio mai visto. Ecco di che cosa si tratta.
Tecnici Eni manovrano il Clean Sea in attesa di calarlo in mare per l’ispezione alle strutture di una piattaforma petrolifera offshore del Gruppo.
di Riccardo Oldani
I confini della robotica e dell’Industry 4.0 travalicano la terraferma e si allargano ai mari, per merito di un grande gruppo italiano. Eni (www.eni.com/it), infatti, ha messo a punto nel suo Centro Ricerche di San Donato Milanese, 25 ettari occupati da laboratori e da circa 400 persone, un robot subacqueo per l’ispezione delle sue piattaforme offshore unico al mondo. Si chiama Clean Sea, può scendere fino a 3.000 m di profondità ma, soprattutto, a differenza di altri suoi “colleghi” meno evoluti, non è controllato attraverso un cavo che lo collega a una nave d’appoggio, ma si muove liberamente in mare, guidato da un’intelligenza artificiale che gli consente di seguire una rotta precisa e anche di modificare il suo comportamento o di fare opportune deviazioni, se le situazioni che incontra sott’acqua lo richiedono.
Clean Sea mentre viene calato in mare.
INTELLIGENTE E VERSATILE
Eni ha completato l’industrializzazione di due esemplari di Clean Sea, al momento impegnati in una campagna iniziata lo scorso marzo e della durata prevista di sette mesi, per il monitoraggio delle piattaforme offshore nel Mediterraneo e nell’Africa occidentale. Il loro equipaggiamento e la complessa sensoristica rendono i robot adatti per la verifica dello stato delle strutture offshore, ma anche per effettuare analisi ambientali in mare, con possibili applicazioni quindi per altri settori, come il chimico e il petrolchimico. Nell’ambito del suo progetto di ricerca e sviluppo Eni sta infatti lavorando all’ampliamento della tipologia di missioni che il robot può garantire, in particolare per quanto riguarda i rilievi geologici per caratterizzare i sedimenti di fondo mare e i rilievi geofisici per definire la loro morfologia.
Il robot viene svincolato dai cavi e inizia la sua missione in mare aperto.
SVILUPPO A TEMPO DI RECORD
Il robot nasce da una piattaforma commerciale già esistente, un AUV (Autonomous Underwater Vehicle) che la task force di esperti in robotica del Centro Ricerche Eni ha modificato con profondi interventi, nell’ambito di un progetto condotto a tempi di record. “Dal primo tavolo tecnico con cui abbiamo deciso di avviare il progetto al primo impiego operativo sono passati meno di tre anni”, dice Giuseppe Tannoia, Vicepresidente esecutivo di Eni e Direttore della ricerca e dell’innovazione tecnologica dell’azienda. “Siamo la prima Oil&Gas Company del mondo a essersi dotata di uno strumento simile, sviluppato interamente con forze e competenze nostre e con un investimento importante: 10 milioni di euro, di cui 5 per la ricerca e 5 per rendere Clean Sea operativo”.
Il robot in azione sott’acqua. La struttura larga e piatta gli conferisce un’stabilità con tutte le condizioni di mare.
INTELLIGENZA E SENSORISTICA
L’AUV commerciale da cui è derivato Clean Sea è stato sottoposto a profonde modifiche, che ne hanno completamente cambiato la faccia: “I nostri esperti – dice Roberto Dall'Omo, Senior Vice-President della ricerca e sviluppo upstream di Eni – lo hanno dotato di un computer di bordo e di un software per il controllo della navigazione che gli consentono di modificare il percorso programmato con un comportamento reattivo”. Se, per esempio, il mezzo incontra un ostacolo non previsto, rileva un'anomalia nei parametri di controllo o un’altra situazione che merita un approfondimento, Clean Sea rallenta o modifica il percorso per un’ispezione più accurata. Nel caso di un’anomalia il robot la segnala e poi si ferma per scattare fotografie o girare video che poi, una volta tornato in superficie, i tecnici Eni possono studiare e valutare. Al momento, infatti, non è possibile inviare dati senza un collegamento via cavo da sotto il mare, come avviene invece in superficie. Ma la possibilità di avere un veicolo svincolato da navi d’appoggio consente un’elasticità operativo infinitamente superiore e, soprattutto, riduce enormemente i costi delle ispezioni. All’occorrenza, però, Clean Sea non si limita soltanto a osservare e riferire ciò che scopre sotto il mare. Oltre a una serie di sensori fissi, che rilevano vari parametri dell’acqua ed eventuali tracce di idrocarburi o gas disciolti, può essere anche equipaggiato con una serie di moduli intercambiabili. “Al momento sono tre: uno che può raccogliere fino a 40 campioni d’acqua da analizzare, un altro dotato di una videocamera ad alta definizione e di sensori per un’indagine più accurata sui parametri ambientali, e un terzo che effettua un rilievo acustico dei fondali grazie a un ecoscandaglio e a un sonar a scansione laterale”, dice Dall’Omo. Ma altri moduli sono in fase di sviluppo, tra cui uno equipaggiato con un sub-bottom profiler, un sonar a bassa frequenza che penetra i sedimenti del fondo marino e consente di realizzarne una stratigrafia dettagliata. “Pensiamo anche di dotare Clean Sea di bracci robotici per effettuare interventi di manutenzione in profondità”, conclude Dall’Omo. ©ÈUREKA!
Rappresentazione schematica di una piattaforma offshore. Alla parte emersa sono connessi più punti di trivellazione, estesi su superfici molto vaste, anche decine di km2, e connesse con tubi e cablaggi per il pompaggio dei combustibili fossili, l’alimentazione di energia e la trasmissione di dati. Tutto quanto deve essere attentamente monitorato per prevenire possibili problemi. Clean Sea nasce proprio con questo compito.