L’Open Source sta uscendo sempre di più dai confini del mondo software, dov’è nato, trovando applicazione diretta grazie ai nuovi trend della digitalizzazione nel product design, nella manifattura, nell’innovazione sociale. A metterlo in evidenza sono stati i relatori che hanno partecipato a “Business on Open 2013. Open Gets Real”, evento organizzato dal DITEDI (www.ditedi.it), Distretto delle Tecnologie Digitali, insieme al Centro di competenza Open Source e che si è tenuto a Udine lo scorso 13 giugno. Un evento utile per comprendere come l’Open Source possa trasformarsi in economia reale, in prodotti tangibili e in innovazione radicale, oltre che per mettere in contatto i partecipanti con coloro che stanno sperimentando l’innovazione aperta ai massimi livelli in Italia.
Dopo i saluti istituzionali portati dai rappresentanti del DITEDI e del Comune di Udine, Mario Pezzetta, Simone Puksic e l’assessore Gabriele Giacomini, il forum è entrato nel vivo con l’introduzione di Simone Cicero, consulente strategico per l’innovazione e le tecnologie digitali. Carlo Daffara, ricercatore in diversi progetti europei sullo sviluppo collaborativo e l’analisi economica dell’impatto dell’Open Source, si è soffermato sull’open development come cambio strutturale e innovativo, mentre Claudio Carnevali, CEO di OpenPicus, azienda italiana produttrice di una piattaforma embedded per abilitare l’Internet of Things, ha riportato l’esperienza della sua azienda, dove il vantaggio competitivo sta, più che nella protezione delle idee, nella condivisone delle stesse con la community.
Jacopo Amistani Guarda, tra i fondatori dell’associazione Isees, che diffonde i principi e gli ideali di Open Source Ecology in Italia, ha parlato dell’applicazione dei principi di OSE, Open Source Ecology, e della produzione di artefatti (come la pressa per mattoni di terra Ceb Press “Liberator”, primo macchinario proveniente dal Global Village Construction Set replicato in Europa) nel contesto europeo, con le difficoltà legate alla legislazione, alla certificazione e alla commercializzazione. Zoe Romano, attivista, media strategist, artista visiva attenta ai temi della precarietà, della produzione materiale e immateriale nel lavoro creativo e nei servizi, ha spiegato come il paradigma dell’Open Source e della contribuzione collettiva possano sostenere la creazione di brand collettivi. Sebastiano Longaretti, architetto, designer e artista oltre che cofondatore di slowd.it. ha invece riportato la visione che ha permesso di dare forma a Slowd, progetto che fa intravedere le possibilità per una manifattura più sostenibile e umana dove il rapporto degli utenti con il processo creativo e produttivo possa essere più trasparente e accessibile.