Enrico Krog Iversen, CEO di OnRobot, e considerato uno dei “padri” della robotica collaborativa. In realtà afferma che la sua grande passione, più dei robot, è dar vita ad aziende capaci di operare a livello globale.
Enrico Krog Iversen racconta la sua visione dei robot collaborativi: non semplici macchine, ma sistemi, completi di pinze, utensili, accessori e software, con cui presto si arriverà ad automatizzare l’80% delle funzioni di base di qualsiasi stabilimento.
di Riccardo Oldani
Qualche anno fa era comparsa sul mercato come un’azienda che proponeva sistemi di presa molto particolari, pensati per i robot collaborativi e basati su tecnologie innovative, come per esempio il Gecko Gripper, che utilizza un sistema adesivo copiato dalle zampe dei gechi per movimentare oggetti piatti, leggeri e perforati. Oggi però OnRobot è una realtà molto diversa rispetto a qualche tempo fa. Il suo campo d’azione si è espanso ben oltre i sistemi di presa e comprende una vasta gamma di strumenti e software per applicazioni collaborative.
È un’impresa cresciuta molto rapidamente e con grande dinamismo e, oltre tutto, ha sede a Odense, in Danimarca, la città in cui sono nate e si sono sviluppate altre due realtà molto peculiari della scena robotica mondiale, Universal Robots e MiR, il produttore di robot mobili autonomi. Un caso di successo, insomma, a cui guardare con grande attenzione. Abbiamo cercato di carpirne segreti e progetti futuri intervistando il suo Amministratore Delegato, Enrico Krog Iversen, uno dei pionieri della robotica collaborativa, ma anche imprenditore di successo in altri settori.
Ci parli di OnRobot. Come stanno andando le cose per voi in questa congiuntura?
Direi che stanno andando molto bene, sia dal punto di vista tecnico che da quello del business. Questo vale sia per il mercato globale che per quello italiano. Abbiamo introdotto nel 2020 nuovi prodotti e nel 2021 abbiamo proseguito con forza nello sviluppo di hardware e software innovativi che stiamo introducendo sul mercato. Stiamo seguendo il percorso che avevamo programmato con tutte le tappe che ci eravamo prefissati, con l’idea di diventare il “one-stop shop”, l’interlocutore unico a cui i nostri clienti, i system integrator, possono rivolgersi per risolvere qualsiasi esigenza in fatto di prese robotiche collaborative, indipendentemente dal produttore del robot.
Quindi la pandemia non vi ha rallentati?
No. Altre società forse hanno subito un notevole impatto dal Covid-19, ma l’epidemia per quanto ci riguarda non ci ha impedito di ottenere ottimi risultati e cioè una crescita di oltre il 50% del fatturato nel 2020 e una performance analoga anche nel 2021. Insomma, stiamo facendo molto bene e il mercato italiano si sta comportando ancora meglio del resto del mondo, con una crescita perfino più elevata di quanto vediamo nella maggior parte del pianeta. Quindi nonostante tutto siamo contenti della situazione.
Una serie di sistemi di presa e accessori per robot collaborativi sviluppati e prodotti da OnRobot.
OnRobot è un’azienda nata a Odense, in Danimarca, dove è cresciuto un distretto robotico importante, con Universal Robots, di cui lei è stato per diversi anni Amministratore Delegato e MiR, il produttore di robot mobili. Che cosa c’è di particolare a Odense che ha reso possibile questa proliferazione di high-tech company?
Tutto è partito negli anni Settanta. C’era un grande cantiere navale a Odense, che costruiva le navi supercargo per Maersk, il gruppo internazionale di trasporti. L’azienda era molto interessata all’automazione per semplificare le operazioni dei cantieri navali e negli anni Ottanta iniziò a finanziare in modo molto generoso l’università locale per attirare le migliori menti danesi in fatto di scienze matematiche. Ne è nata una ricerca molto attiva in robotica che poi è sfociata anche in attività imprenditoriali. La prima ad avere un successo commerciale è stata Universal Robots, la cui esperienza ha dimostrato a molti giovani di valore che era possibile creare un’azienda high-tech nell’area, per una concomitanza di fattori positivi: la presenza di menti brillanti, le profonde competenze tecniche, ma anche l’interesse crescente del mondo finanziario. È così maturata e cresciuta una comunità molto attiva. Il primo lavoro che ho avuto alla fine degli studi è stato proprio in Maersk ed è interessante notare come ora mi trovi a guidare un’azienda che, in definitiva, è nata grazie alla lungimiranza iniziale di Maersk e della famiglia Møller, la fondatrice del gruppo. Un cerchio che si chiude, insomma.
Adesso come prosegue il vostro viaggio? Che cosa chiedono i clienti a OnRobot in questa congiuntura, fortemente condizionata da pandemia e crisi ucraina?
Direi che la pandemia non ha modificato in modo visibile le richieste dei nostri clienti. Credo anzi che le aziende, in questa situazione complicata, abbiano scelto un approccio un po’ più conservativo. Stanno continuando ad automatizzare i processi o i macchinari come hanno sempre fatto in precedenza. Una delle sfide che ci troviamo di fronte, pertanto, è riuscire a penetrare in nuovi mercati e automatizzare nuovi task o nuove funzioni. Mi riferisco a una situazione globale, non particolare di un singolo Paese o di un singolo mercato, in cui riscontriamo che il principale obiettivo degli investimenti in automazione riguarda la manipolazione di oggetti o materiali oppure il packaging attraverso sistemi pick & place.
L’automazione di altri tipi di processi, invece, per esempio in settori come il food & beverage, sta procedendo a un passo relativamente lento. Ci sono pertanto molte aziende che, per questo atteggiamento prudente, non colgono ancora appieno le opportunità della robotizzazione e di quanto abbiamo loro da offrire.
I prodotti di OnRobot sono studiati per tutti i principali produttori di robot collaborativi, con cui l’azienda danese lavora a stretto contatto.
Come pensate allora di dimostrare a questi nuovi comparti quanto potrebbero essere utili i cobot alla loro organizzazione produttiva?
Penso che il prossimo passo per noi sia riuscire a dimostrare loro che il robot da solo non è in grado di produrre valore. E che neppure il sistema di presa o l’utensile montato sul robot possono farlo. È invece l’insieme del braccio robotico, del sistema di presa e del sistema di visione che ci consente di realizzare davvero qualcosa in grado di svolgere funzioni in modo autonomo e innovativo. Quindi il nocciolo della questione è prendere in considerazione l’intera soluzione robotica, nel suo complesso, e renderla collaborativa. Soltanto così possiamo creare un valore per le aziende e per tutto il manifatturiero. Con soluzioni di questo genere possiamo aiutare i nostri clienti a risparmiare molto tempo, molto denaro e molto spazio all’interno dei loro stabilimenti. Quest’ultimo aspetto diventa sempre più importante anche alla luce del Covid-19, perché è fondamentale assicurare nei siti produttivi il distanziamento sociale e non si possono più avere concentrazioni di lavoratori uno vicino all’altro come era normale in passato.
Come avete pensato di procedere quindi, lungo questo percorso?
L’idea di OnRobot è di prendere in considerazione tutti gli utensili possibili e immaginabili che possono essere utili in una fabbrica – frese, avvitatori, sistemi di presa, accessori per la pulizia o per il cambio utensili – e renderli disponibili alle aziende da un unico produttore e fornitore, con tutto il software necessario per la programmazione o per il risk assessment. Prima di OnRobot, per un’applicazione completa di robotica collaborativa era necessario acquisire il sistema di presa da un’azienda X, il sistema di visione da un’azienda Y e qualche altro accessorio o complemento dall’azienda Z. Ma tutti questi prodotti non erano progettati per lavorare insieme e quindi la loro integrazione richiedeva molto tempo ed era complessa. Da OnRobot, invece, un’azienda trova tutti i prodotti di cui ha bisogno da un unico fornitore. Tutti basati sulla stessa tecnologia, progettati per lavorare insieme e riconoscersi tra loro. Quindi il tempo necessario all’utilizzatore finale per settarli e per programmarli si riduce moltissimo. Questo significa che un integratore può completare molti più progetti con lo stesso personale e la stessa quantità di ore-lavoro. Secondo noi, grazie alle nostre soluzioni si può arrivare a decuplicare il numero di applicazioni progettate e realizzate dallo stesso team. Un orizzonte estremamente promettente per un mercato come quello della robotizzazione, che sta avanzando moltissimo, a un ritmo molto accelerato, e che si prevede possa crescere di almeno 10 volte nel prossimo triennio.
Una soluzione OnRobot che comprende un sistema di presa a ventosa e un sistema di visione artificiale. Entrambi si integrano con il robot collaborativo, i cui movimenti possono essere anche impostati a mano.
Prevedete un boom di richieste di cobot, quindi. In che modo i system integrator potranno strutturarsi per fronteggiarlo?
Tutti i system integrator avranno problemi nel far fronte a questa crescita della richiesta, perché sarà molto difficile per loro trovare gli ingegneri in grado di sviluppare i sistemi richiesti. Questo nodo potrebbe portare a un rallentamento del mercato, per la loro incapacità di far fronte alla domanda. È proprio pensando a questa eventualità che noi di OnRobot abbiamo immaginato un modello di business che ci consente di supportare con la nostra tecnologia i system integrator, affinché queste aziende possano seguire le richieste del mercato e trarne i vantaggi.
Dal mio punto di vista OnRobot è, quindi, un abilitatore del mercato. Siamo una società che mira a rendere la tecnologia disponibile in un modo semplice ed economico, non soltanto ai grandi gruppi industriali, ma anche alle tantissime aziende di piccole e medie dimensioni che avete qui in Italia, ma che sono anche così diffuse in tutta Europa. E credo che il nostro ruolo sarà sempre più importante, perché in questa fase di crescita un system integrator non può perdere il treno. Se arriva tardi o si struttura tardi a rispondere alla domanda rischia di restare tagliato fuori dal mercato.
Lavorate soltanto con i system integrator?
Queste aziende, insieme con i distributori che lavorano nell’industria dell’automazione e della robotica, sono i nostri clienti. Ma abbiamo collaborazioni molto strette anche con i produttori di cobot. Si tratta di rapporti fondamentali per raggiungere l’integrazione ottimale tra i loro prodotti e i nostri e anche per assicurarci che, quando queste aziende lanciano nuovi robot o nuovi software con particolari caratteristiche, noi ne siamo informati in anticipo e possiamo così assicurarci che i nostri prodotti siano immediatamente compatibili all’uscita delle nuove versioni. Siamo anche molto focalizzati sugli utenti finali, ma l’obiettivo principale è creare valore per i system integrator.
Altra immagine della soluzione OnRobot che comprende un sistema di presa a ventosa e un sistema di visione artificiale.
Spesso i cobot vengono usati come robot tradizionali, forse perché non c’è abbastanza creatività per immaginare nuove applicazioni. Qual è la vostra opinione al riguardo?
Non so in effetti se ci sia spazio per molte nuove applicazioni. Sono convinto che i cobot verranno sempre più utilizzati nella manipolazione di oggetti e materiali in fabbrica. Crescerà anche sempre di più l’abitudine a un utilizzo “collaborativo” dei robot, con un’interazione sempre più spinta tra uomini e macchine. Ci sono comunque alcuni aspetti legati alla sicurezza su cui, in generale, tutti i produttori devono ragionare ulteriormente e su cui noi di OnRobot stiamo lavorando. Ad esempio, per rendere sempre più immediata ed efficace la capacità di un’applicazione robotica di avvertire la presenza di un addetto nel suo raggio d’azione. Ma penso che le tecnologie ci siano già tutte per affrontare questi aspetti e che il problema risieda soprattutto nell’accettazione dei cobot da parte delle persone e nel definire percorsi precisi per certificarne la sicurezza.
C’è un problema di sicurezza, quindi, legato all’uso dei robot in modo collaborativo?
Oggi come oggi le applicazioni robotiche, per qualche particolare motivo, sono considerate più pericolose rispetto alle macchine automatizzate. Spesso vediamo che nelle aziende si accetta silenziosamente il fatto di usare macchinari in modo non corretto o pericoloso, cosa che invece, quando si tratta di cobot, non si vuole nemmeno prendere in considerazione. Con i robot il livello di accettazione del rischio diventa molto più basso, come se gli operatori destinati a lavorare con loro fossero infinitamente più stupidi o incapaci di farlo in sicurezza. Insomma, l’aspettativa rispetto ai cobot è che non debbano procurare neppure il minimo incidente, anche nelle situazioni più assurde. Questo atteggiamento pone una sfida in più per noi e rende più complesso trarre il massimo beneficio dall’utilizzo di queste macchine.
Quello che intendiamo fare, a questo riguardo, è muoverci sempre di più nel campo delle applicazioni di processo. Il nostro obiettivo non è semplicemente dotare il robot di un utensile, che sia una fresa, un avvitatore o un sistema di presa. Vogliamo pensare a come automatizzare specifici task tipici delle attività industriali. Non soltanto movimentazione di materiali, ma anche lavorazioni, come per esempio la lucidatura di un pezzo, la sbavatura, la foratura. Alcuni di questi task sono relativamente semplici da eseguire con un cobot, altri potranno ancora richiedere il contributo di terze parti per la progettazione o per l’adozione di particolari soluzioni di sicurezza. Ma il nostro obiettivo è rendere automatizzabili con i cobot almeno l’80% delle normali operazioni che avvengono quotidianamente in uno stabilimento, indipendentemente dal tipo di produzione e al di sotto di un payload di 20/25 kg. Questo è l’orizzonte in cui ci stiamo muovendo in questo momento.
Un sistema di presa doppio sviluppato da OnRobot.
Ma se l’80% delle operazioni potrà essere automatizzato, che cosa faranno gli operai?
I lavoratori, come ormai dicono tutti, devono cambiare il loro modo di pensare, il loro “mindset”. Ma questo ormai succede abitualmente da almeno 150 anni a questa parte e forse da sempre. Ogni volta che una nuova tecnologia si affaccia all’orizzonte ci troviamo di fronte all’obiezione che tanta gente perderà il proprio lavoro. La realtà dei fatti, però, è che mai come oggi la popolazione mondiale è stata così numerosa e mai come oggi tante persone hanno un’occupazione e una fonte di reddito e un modo per sostentarsi. Non è vero, quindi, che oggi le persone stanno perdendo il lavoro o la loro fonte di reddito a causa dei robot. Sta solo succedendo qualcosa di diverso: che sempre di più usiamo il cervello invece delle nostre braccia per garantirci un futuro.
Tutto il lavoro pesante, che nei decenni scorsi ha contribuito a ridurre le aspettative di vita di tante persone, oggi sempre di più viene eseguito in modo automatizzato. Per questo vivremo più a lungo e meglio in futuro, e credo che questa non sia poi una prospettiva così terribile.
Forse il timore di alcuni è che si perda quella capacità dell’uomo di fare le cose con le mani, quel sapere tipico dell’artigiano su cui poi si fonda anche il know-how di tante aziende italiane. Non pensa che possa esserci questo rischio?
Vorrei chiarire meglio il mio pensiero. Io non credo affatto che i robot arriveranno a fare tutto quello che oggi produciamo con le nostre mani. Non penso a una società in cui tutti staremo in spiaggia e i robot svolgeranno tutti i lavori manuali. Ci sono e ci saranno sempre cose che l’uomo saprà fare molto meglio dei robot. E ci vorranno molti, ma molti anni prima che l’intelligenza artificiale possa arrivare a competere con il pensiero umano in molti campi. Anzi, forse a questo traguardo non arriveremo mai.
E poi c’è un altro aspetto. Sono convinto che in quanto esseri umani noi abbiamo un grande bisogno di sentirci utili in qualche maniera. Abbiamo la necessità di avere uno scopo, e non credo che stare sdraiati in spiaggia 365 giorni l’anno sia l’obiettivo che la maggior parte di noi si pone. Ci saranno sempre molte cose da fare, molto lavoro manuale da svolgere. La differenza è che non dovremo farlo per la nostra sopravvivenza o per rendere le nostre case più confortevoli, perché a queste funzioni di base penseranno i robot. La nostra capacità di usare le mani, di produrre oggetti, di essere artigiani sarà probabilmente sempre più rivolta al nostro tempo libero, per divertirci nel creare nuove cose, nello sviluppare nuove tecnologie o nello sviluppare l’arte o l’artigianato.
Il sistema di presa doppio sviluppato da OnRobot della foto precedente consente al robot collaborativo di eseguire due diversi compiti.
Ha parlato di intelligenza artificiale. Voi la state introducendo nei vostri prodotti?
Secondo me il termine “intelligenza artificiale” non è una buona definizione, per lo meno nell’accezione con cui è più usato oggi. Tutto quanto oggi viene descritto come intelligenza artificiale al momento sono semplici algoritmi, che non hanno niente a che fare con la vera intelligenza. Né credo che vedremo presto una “vera” intelligenza artificiale. Oggi è soltanto una definizione che va di moda, più marketing che sostanza. Entrare nel campo della vera intelligenza artificiale, cioè in una dimensione che vada oltre l’apprendimento automatico delle macchine per arrivare a qualcosa capace di simulare veramente il cervello umano è e sarà estremamente complicato. Non stiamo quindi introducendo intelligenza artificiale nei nostri prodotti, ma algoritmi e soluzioni di machine learning, molto avanzate, di cui abbiamo bisogno per utilizzare al meglio tutti i dati che ricaviamo dai nostri prodotti durante la loro vita operativa.
Anche per voi, quindi, i dati sono centrali. Come pensate di utilizzarli?
L’obiettivo nell’utilizzo dei dati che raccogliamo dai nostri prodotti è, naturalmente, offrire soluzioni di manutenzione predittiva agli utilizzatori finali. Ma pensiamo anche di servirci dei dati raccolti sul campo per rendere sempre più rapidi e semplici la programmazione e il settaggio dei nostri sistemi. Oggi programmare un cobot non è un compito molto divertente: è un lavoro piuttosto noioso. Attraverso i dati che raccogliamo possiamo renderlo sempre più facile e realizzabile da chiunque. Credo che stiamo facendo grandi progressi da questo punto di vista. Lo riscontriamo anche nell’atteggiamento di molte aziende nostre clienti, anche italiane, che apprezzano molto il fatto che l’automazione non sia più soltanto un dominio di competenza di ingegneri superspecializzati, ma che possa essere capita e messa in pratica in modo semplice.
Un sistema di presa di OnRobot montato su un robot collaborativo Doosan in un’applicazione di asservimento a una macchina per la lavorazione di pezzi metallici.
Focus 1. Chi è Enrico Krog Iversen
Oggi è CEO di OnRobot, azienda che ha contribuito anche a fondare, ma Enrico Krog Iversen ha una lunga storia di imprenditore nel campo della robotica. Dal 2008 al 2016 è stato CEO di Universal Robots ed è quindi considerato un padre della robotica collaborativa. Quando gli si chiede se i robot siano la sua passione lui però risponde così: “Quello che mi piace innanzi tutto, quello che mi spinge nella mia attività, è costruire aziende che possano avere un’attività e un successo globale. È questo ciò che veramente mi piace. Il fatto che mi occupi di robot ne è una conseguenza. Personalmente ho avuto molte esperienze professionali in aziende con un approccio globale ed estremamente innovative dal punto di vista dei prodotti. Una di queste è stata certamente Universal Robots, dove ho iniziato un viaggio di cui l’esperienza in OnRobot è la continuazione naturale. Universal Robots mi ha dato all’epoca l’opportunità di comprendere appieno il mondo della robotica collaborativa e dell’automazione”.
Prima di quell’esperienza, ricorda Iversen, “ho lavorato in molti altri settori, come quello della moda per bambini, dei trasporti internazionali, dei caminetti, ma sempre attratto da attività che potessero essere scalabili su un livello globale”.
Il sistema di presa della foto precedente mentre scalza il pezzo dal centro di lavoro dopo la lavorazione. Molte applicazioni di OnRobot sono state sviluppate per l’industria di lavorazione dei metalli.
Focus 2. OnRobot in Italia: risultati e obiettivi
In crescita in tutto il mondo, OnRobot è una realtà dinamica anche in Italia, dove opera con un team guidato da Enrico Rigotti, giovane e brillante Area Sales Manager per il nostro Paese. A lui abbiamo chiesto un bilancio del biennio 2020/2021. “Abbiamo ottenuto risultati molto positivi”, ci dice, “con una crescita annua del 92%, che è un risultato ragguardevole, alla luce anche dell’impatto che la pandemia ha avuto sull’Italia e sulla sua economia. Ma pensiamo che questo sia solo l’inizio. L’obiettivo è creare qualcosa che possa durare nel tempo, qui in Italia”.
I clienti sono i distributori e system integrator specializzati in robotica collaborativa e impegnati in tutti i settori. “In Italia”, osserva Rigotti, “circa il 70% delle applicazioni robotiche riguardano l’handling di materiali, in buona parte nell’industria della lavorazione dei metalli. Ma noi puntiamo ad allargarci anche ad altri settori, come food & beverage e farmaceutico, che negli ultimi anni abbiamo visto aprirsi sempre di più all’impiego dei cobot. Il punto è che le aziende di questi comparti sono sempre state molto legate a tecnologie industriali e a processi manuali e solo di recente hanno cominciato a capire i vantaggi dei robot collaborativi. Ma ora vediamo una forte crescita di attenzione anche da parte loro”.
Di che cosa hanno bisogno le aziende italiane? “Stanno chiedendo sempre maggiore flessibilità”, risponde Rigotti “che per loro, però, è spesso un bisogno latente, non esplicitato. Da parte nostra, quindi, cerchiamo, anche insieme con i system integrator con cui lavoriamo, di condurre queste aziende a focalizzare meglio questa loro necessità per aiutarle a trovare le soluzioni più appropriate e utili alla loro produzione. Stiamo assistendo al passaggio da una produzione ad alti volumi con mix limitato a una a bassi volumi e mix elevato, spinta soprattutto dal reshoring di molte attività, che sta avvenendo in tutto il mondo e non soltanto a livello nazionale. In Italia lo vediamo anche con aziende storiche con cui lavoriamo, che hanno ridotto i volumi di produzione, in termini assoluti, ma che sono chiamate a una customizzazione sempre più spinta dei loro prodotti”.
Una transizione delicata che, spiega Rigotti, “porta più business e maggiori profitti, ma richiede necessariamente l’adozione di soluzioni più flessibili. Naturalmente per compiere un passo di questo genere, le aziende devono trovare un interlocutore di cui fidarsi, di cui conoscono e apprezzano la tecnologia. Nel 2020 e nel 2021 abbiamo fatto grandi passi in avanti per creare questo genere di fiducia nei nostri clienti e per rafforzare la solidità del nostro marchio, per cui credo che ora siamo pronti a rispondere a tutte le sfide del mercato”. ©WE ROBOTS
Enrico Rigotti, Area Sales Manager di OnRobot per l’Italia.