I dati della ricerca “L’utilizzo degli incentivi di super e iperammortamento da parte delle imprese italiane”, realizzata da Fondazione UCIMU (www.ucimu.it), con il supporto di Eumetra (www.eumetra.com), sono stati recentemente presentati in un incontro a cui sono intervenuti Massimo Carboniero, Presidente di UCIMU-Sistemi per Produrre, Marco Calabrò, dirigente Ministero Sviluppo Economico, Vito Marraffa, Tax Director Studio Tributario e Societario Deloitte, Renato Mannheimer per conto di Eumetra. In collegamento telefonico, Dario Galli, Viceministro del Ministero dello Sviluppo Economico.
L’indagine è stata condotta su un campione rappresentativo di 200 imprese del settore metalmeccanico, individuate per dimensione fatturato, area geografica di appartenenza, tipologia di produzione. Il 90% degli intervistati, tutte figure di vertice delle imprese ha dichiarato di essere a conoscenza dei provvedimenti per il rinnovo del parco macchine e la trasformazione digitale della fabbrica.
Il 46,5% delle imprese afferma di aver usufruito degli incentivi. In particolare, è il settore automotive ad aver acquisito più macchinari e ad aver sostenuto gli investimenti più cospicui. Con riferimento alle macroaree geografiche, è il Nord Ovest, seguito dal Nord Est, ad aver utilizzato maggiormente i provvedimenti di super e iperammortamento.
Buona parte di chi ha scelto di fare investimenti in regime di iperammortamento ha abbinato anche un investimento in superammortamento (18%). Ciò dimostra che l’investimento in tecnologie digitali (iper) abilita una serie di aggiornamenti ulteriori e trasformazioni della fabbrica, finalità per cui lo stesso provvedimento era stato pensato.
Rispetto alla motivazione sottesa all’acquisto di nuove tecnologie, quasi la metà degli intervistati ha dichiarato che obiettivo era l’aumento della capacità produttiva, Tra le ragioni dell’investimento, molto sentita è risultata anche l’esigenza di migliorare la competitività della propria offerta. Meno di un terzo ha invece indicato nella necessità di sostituzione di macchinari non più funzionanti la motivazione.
Riguardo alla propensione agli investimenti, più della metà delle imprese intervistate dichiara di avere intenzione di fare acquisti in futuro. Nelle intenzioni di acquisto future è preminente la scelta di investimenti in chiave digitale (iper). Rispetto alla ripartizione geografica, sarà il Nord Est a investire maggiormente in futuro.
Il 75% degli intervistati è consapevole della trasformazione che l’organizzazione aziendale subirà a seguito dell’introduzione delle tecnologie digitali. Il 24% si è già attivato, il 51% lo farà a breve. Il restante 25% è avverso o non a conoscenza di ciò. Attualmente l’aumento dell’occupazione non è considerato prioritario. È possibile invece affermare che la diffusione delle tecnologie digitali si abbina al tema del consolidamento dell’occupazione attuale.
D’altro canto, rispetto al campione intervistato, più della metà delle imprese metalmeccaniche italiane pare non essere stata lambita dall’opportunità di rinnovamento del parco macchine e trasformazione degli stabilimenti in chiave digitale.
A essere escluse da questo processo sono anzitutto le microimprese (con fatturato fino a 2 milioni di euro) e, in generale, le aziende del Sud e Isole. Le ragioni sottese ai mancati investimenti sono per lo più riconducibili alla non necessità di acquisire nuovi macchinari e all’assenza di una programmazione di nuovi investimenti. Riguardo alla propensione futura, il 38% di quanti non hanno investito in passato non ha intenzione di investire in futuro.
Due le considerazioni conclusive che emergono dall’indagine: la prima è che esiste una sacca decisamente ampia, che possiamo quantificare nella metà della popolazione di aziende, che non è stata lambita dalla “quarta rivoluzione industriale”; la seconda è che le imprese che hanno fatto (o faranno) investimenti in questo biennio hanno preferito acquisire macchine dotate di tecnologie digitali.
Buona parte delle imprese che ha fatto investimenti in nuove tecnologie prevede di fare nuovi investimenti anche in futuro. Di contro, la ricerca ci dice che buona parte di chi non ha investito in passato non intende farlo in futuro.
È evidente che la combinazione di questi due approcci di segno opposto produrrà effetti potenzialmente molto pericolosi, spingendo verso una ancor maggiore polarizzazione del sistema manifatturiero, diviso tra imprese innovative, che miglioreranno ulteriormente le proprie performance, e imprese lumaca che, ferme al palo, arrancheranno ancor più.
Il rischio è quello di un allargamento del “digital divide” all’interno del manifatturiero del Paese: pochi campioni sempre più forti e molte aziende ferme sulle posizioni del passato, destinate a uscire dal mercato, con conseguente perdita di occupazione.
È per tale ragione che le organizzazioni come UCIMU-Sistemi per Produrre “devono continuare a lavorare per informare e formare le imprese, perché la disponibilità dell’imprenditore a investire in nuove tecnologie e, di conseguenza, in formazione del personale, dipende anzitutto dalla consapevolezza dell’esigenza di innovare: molto spesso, le imprese non sanno di dover innovare”, ha commentato Carboniero.
Sarebbe auspicabile che “nel lungo periodo, il superammortamento diventasse strutturale, al fine di accompagnare le imprese italiane di tutte le dimensioni, ma prevalentemente le micro, che sono quelle meno strutturate in termini di 4.0, in un processo di aggiornamento costante e cadenzato nel tempo”. Il tutto “favorendo l’aggiornamento del personale impiegato attualmente nelle imprese italiane. Senza l’aggiornamento necessario, le maestranze non saranno più adeguate alle esigenze delle imprese del futuro”, ha aggiunto Carboniero.