Sono sempre più numerosi i cittadini che vedrebbero di buon occhio un governo del proprio Paese gestito dall’intelligenza artificiale.
Le elezioni politiche hanno riportato in auge un dilemma ricorrente: e se invece dei politici fosse l’intelligenza artificiale a governarci? Più di un sondaggio in passato ha evidenziato che gli italiani non sarebbero poi così contrari a una simile eventualità.
di Riccardo Oldani
Ogni volta che dobbiamo andare a votare, e in Italia per un motivo o per l’altro succede di frequente, si ripropone una sorta di tormentone evidenziato da sondaggi di varia natura: non sarebbe meglio affidare il potere all’intelligenza artificiale piuttosto che ai politici? A riproporre il quesito è stato, tra gli ultimi in ordine di tempo, il quotidiano La Repubblica lo scorso 23 dicembre, in un articolo firmato da Lorenzo Sangermano che ha ripreso i risultati di un sondaggio condotto in realtà nel 2021. La ricerca, che ha coinvolto più di tremila cittadini di 9 Paesi europei, oltre a cinesi e statunitensi, è stata condotta dalla spagnola IE University e vede i nostri connazionali tra i più entusiasti all’idea di mandare in pensione i parlamentari e sostituirli con gli algoritmi: il 29% si dichiara fortemente a favore di un’eventualità del genere, mentre il 30% è comunque d’accordo. Solo gli spagnoli dimostrano una sfiducia superiore verso i loro politici.
I risultati del sondaggio condotto dalla IE University nel 2021 sul gradimento all’idea di sostituire i parlamentari con algoritmi di intelligenza artificiale nei parlamenti dei rispettivi Paesi.
IL PARTITO SINTETICO
La questione però non riguarda solo i popoli latini. Lo scorso novembre si sono tenute in Danimarca le elezioni governative, cui si è iscritto anche il Partito Sintetico, guidato da un chatbot di nome Lars. Un leader virtuale guidato da un sistema di intelligenza artificiale e tarato, hanno spiegato i suoi ideatori, per rappresentare le istanze dei partiti più marginali della scena politica danese, ma comunque in grado, secondo loro, di raccogliere i voti di quel 20% di danesi talmente sfiduciato da non recarsi più ai seggi da molto tempo. Va detto che il Partito Sintetico non ha potuto essere rappresentato sulle schede elettorali, e che il chatbot Lars non ha poi raccolto molte interazioni sulla pagina online creata ad hoc. Ma l’iniziativa è sintomatica di una corrente di pensiero sempre più diffusa.
L’ANALISI DEI TESTI POLITICI
Davvero quindi potremmo farci governare in futuro da una rete neurale o da un sistema di deep learning? Ne abbiamo parlato in una coinvolgente chiacchierata con Paola Bonesu, imprenditrice giovane e dinamica ma con una corposa esperienza nell’applicazione di sistemi di intelligenza artificiale e di analisi dei dati in campo politico. Laureata in comunicazione pubblica e d’impresa ha alle sue spalle esperienze legate all’analisi di elezioni politiche locali, non solo in Italia ma anche in Regno Unito. “È abituale”, ci dice, “utilizzare tool per l’analisi automatica di testi come report, resoconti di riunioni, assemblee o interrogazioni, sia nel parlamento italiano che in quello europeo. In queste istituzioni si produce moltissimo testo, che gli analisti non hanno la possibilità di leggere e studiare nella loro totalità. Le tecnologie di analisi dei dati applicate in questo ambito hanno quindi la funzione di fornire sintesi di questi testi per individuare il tema affrontato e le tesi espresse dalle varie parti politiche. L’obiettivo è individuare chi si stia occupando di una determinata tematica ed è attivo su un tema di specifico interesse per chi commissiona la ricerca”.
Paola Bonesu, imprenditrice, fondatrice dell’azienda Elif Lab che sviluppa soluzioni di intelligenza artificiale per vari settori, ha una profonda esperienza nell’uso di algoritmi e sistemi di analisi dei dati in ambito politico.
EFFICACIA DI PERSONAGGI E TEMI
Quando si lavora alle campagne elettorali, invece, ci dice l’esperta, “l’analisi dei testi serve soprattutto per studiare i commenti online su alcune tematiche o per mettere a fuoco l’immagine del candidato e capire quanto sia efficace la sua strategia digitale, quale impatto abbiano i suoi post e quali tematiche interessino di più il pubblico già fidelizzato”. Sui social media questo lavoro è utile anche per capire chi siano gli influencer più seguiti su determinate nicchie tematiche.
Un altro tema è poi quello dell’analisi temporale, che mira cioè a individuare quando una determinata tematica, con le parole chiave specifiche a cui è collegata, comincia a emergere nel dibattito politico e in quello parlamentare. “Grazie a questo tipo di analisi”, dice Bonesu, “si riesce per esempio a individuare il momento storico in cui un argomento è diventato di attualità nel dibattito politico e come sia stato introdotto”.
ANALISI DELLA PROPAGANDA
Indagini di questo tipo, basate su strumenti di intelligenza artificiale, sono state condotte, per esempio negli Stati Uniti, per verificare come determinati temi propagandistici, proposti da gruppi di complottisti e cospiratori come QAnon, siano stati introdotti sui social media e abbiano iniziato a fare presa sul pubblico. Si è scoperto così l’uso di tecniche sofisticate, basate sul seguito creato da gruppi di ispirazione religiosa, e quindi apparentemente non politici, che poi però hanno iniziato a diffondere messaggi fortemente propagandistici. L’intelligenza artificiale può allora anche favorire la diffusione delle fake news e condizionare la nostra opinione? “A mio modo di vedere”, ci dice Paola Bonesu, “la comunicazione politica è per sua natura propaganda, perché mira sempre a disseminare informazioni e idee che possiamo considerare ‘di parte’, visto che sono utili a indurre atteggiamenti o azioni a favore di chi comunica. Certo, con i social abbiamo riscontrato anche un forte impiego di bot per spammare i messaggi, che si aggiunge all’utilizzo di reti di contatti reali. Gli strumenti di intelligenza artificiale aiutano anche a capire in che modo queste catene di informazione si originano o i meccanismi con cui alcune campagne o alcuni temi si coagulano, mettendo in comune anche gruppi in apparenza diversi e non interessati alla politica, ma che poi si rivelano strettamente imparentati tra loro. Le tecnologie di data analysis si sono quindi rivelate utili in questo tipo di ricerca, ma l’introduzione di norme più stringenti sulla tutela della privacy, soprattutto in Europa, le rende meno efficaci rispetto a qualche anno fa”.
Sistemi di data analysis e di intelligenza artificiale sono utilizzati in modo estensivo per esaminare i testi prodotti a livello parlamentare ed estrapolare i temi chiave dibattuti e i politici più attivi nel proporli.
LE PREFERENZE ELETTORALI
Non che questo sia un male, secondo Bonesu, perché l’utilità di questo tipo di ricerca è tutto da verificare. “In realtà, i meccanismi che determinano le preferenze di voto”, ci dice, “non sono così facili da determinare e individuare, nemmeno con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. La propaganda diffusa sui social può senz’altro avere il suo peso, ma non è un fatto nuovo e, comunque, subisce sempre forti influenze da parte dei media tradizionali, che vengono continuamente ripresi su piattaforme come Facebook o Twitter e viceversa. Non è così scontato, insomma, misurare quanto i social media abbiano un’influenza diretta nel determinare gli orientamenti di voto perché i diversi flussi comunicativi online e offline sono difficilmente separabili l’uno dall’altro”.
ALGORITMI PER CENSURARE?
La polemica su questi temi ha anche spinto parti politiche a chiedere l’impiego degli algoritmi per censurare certi tipi di messaggi o bloccare alcuni profili, come è successo per esempio su Twitter con il bando all’ex presidente degli USA Donald Trump e a molti altri profili, considerati “cospiratori”. Bando poi rimosso da Elon Musk quando è diventato proprietario della piattaforma. “Censurare certe voci, anche con l’aiuto degli algoritmi”, osserva Bonesu, “introduce il rischio di esercitare un controllo sui contenuti, bloccandone alcuni invece di altri. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale per esercitare un controllo sull’informazione può implicare, quindi, anche il fatto che si possano accendere o spegnere le attività sociali delle persone. Il tema è delicato, perché introdurrebbe il principio che è giusto stabilire chi abbia il diritto di parola e chi no e quali idee possano circolare e quali no. Soprattutto diventa molto complesso stabilire chi abbia il diritto di introdurre questo tipo di selezione o di censura”.
L’IA è anche attivamente utilizzata sia per diffondere propaganda attraverso i social media sia per studiare i meccanismi della diffusione di fake news e disinformazione.
SPAZI PRIVATI O PUBBLICI?
In realtà questo sta già avvenendo, il caso citato di Twitter è sotto gli occhi di tutti. “Sì, il tema è complesso”, aggiunge Bonesu, “anche perché diventa difficile stabilire se un social media sia uno spazio privato, in quanto proprietà di un’azienda, oppure sia uno spazio pubblico, dal momento che può svolgere un ruolo centrale nella definizione dell’opinione pubblica o della vita sociale di un Paese. È anche vero che siamo molto attenti a questo tema in Occidente, ma introdurre eccezioni al principio di libertà di espressione può velocemente portarci a vivere situazioni come quelle che vediamo oggi in altri Paesi, come la Cina e la Russia, in cui purtroppo si dà quasi per scontato che lo stato stesso o il governo possano arrogarsi il diritto di accendere o spegnere la conversazione tra le persone”.
FIGLI DEL PREGIUDIZIO
E comunque i sistemi di intelligenza artificiale o gli algoritmi rispecchiano sempre i bias, le convinzioni personali, dei loro sviluppatori o delle aziende che li commissionano. Non applicano mai punti di vista universali, ma particolari. “È molto fuorviante infatti”, osserva ancora Paola Bonesu, “il modo con cui gli algoritmi vengono presentati, descritti cioè come strumenti neutri perché “tecnologici”. È un approccio, spinto anche dal marketing, che ha i suoi rischi. Pensiamo per esempio al tema dei rider e delle loro condizioni di lavoro. Sappiamo tutti che le loro corse sono gestite da algoritmi. Ma il problema risiede in questi strumenti di IA o piuttosto nella visione del lavoro che hanno le aziende che li sviluppano e li utilizzano? L’algoritmo è sempre figlio dei dati che analizza, ma anche della decisione di dare importanza, quando viene costruito, ad alcune variabili piuttosto che ad altre. E quale sia l’importanza delle variabili è spesso una scelta politica. Se quindi, per assurdo, volessimo estendere l’uso degli algoritmi al governo di un intero Paese, dietro alla loro azione non potrebbe non esserci una scelta e un orientamento di tipo politico”. Ecco perché l’idea che ci possa governare un’intelligenza artificiale giusta e asettica è basata su principi destinati a essere disattesi.
POTENZA DEL MARKETING
Eppure, se si arriva a pensare che una qualche intelligenza artificiale possa governarci è anche perché molte persone si sono convinte che questa tecnologia possa realizzare in autonomia cose che in realtà non è in grado di fare. “Una persona con un’esperienza consolidata in un lavoro specialistico”, dice ancora Bonesu, “sinceramente non dovrebbe temere che un sistema di intelligenza artificiale possa portargli via il lavoro da un giorno all’altro. Se questa paura si insinua nelle persone è proprio per effetto di un marketing così diffuso, e promosso da colossi così importanti, da creare problemi anche a noi, che lavoriamo in questo settore, e che con la nostra piccola azienda ci confrontiamo quotidianamente con i nostri clienti. Il nostro approccio è di mettere a punto soluzioni di intelligenza artificiale non basate solo su reti neurali ma sempre pensate per funzionare con l’apporto degli utenti esperti e in affiancamento a chi le utilizza. Non puntiamo quindi su un enorme potenza di calcolo che richiederebbe serie estese di dati da analizzare, impossibili da trovare per la maggior parte dei problemi di carattere politico e, spesso, anche aziendale. Non esistono infatti quasi mai dataset in grado di descrivere un problema reale con un numero sufficiente di esempi per fare training al sistema. A volte i problemi possono essere analizzati in una fase preliminare “usando la testa”, per scomporli in quesiti più circoscritti e semplici da analizzare, con il risultato anche di non dover usare sistemi di calcolo ultrapotenti, ma anche molto costosi”. Il fascino però esercitato da soluzioni di questo tipo è forte, alimentato anche da grandi gruppi come Google o Microsoft che hanno a disposizione capacità di calcolo pressoché illimitate e tutto l’interesse a proporle alla loro clientela.
Titoli dei quotidiani britannici dopo l’esito del referendum sulla Brexit nel 2016.
A SUPPORTO DEL GOVERNO
Finora abbiamo visto possibili utilizzi dell’intelligenza artificiale nel creare il consenso. Ma questa tecnologia potrebbe rivelarsi utile anche per orientare l’azione di governo? Potremmo per esempio utilizzare algoritmi per analizzare i dati sul dissesto idrogeologico in Italia e farci indicare dove e come intervenire? “L’analisi dei dati in realtà viene già ampiamente utilizzata per scopi di questo tipo ed è sicuramente un valore”, osserva Paola Bonesu. “Vanno però considerati due aspetti. Il primo è che comunque, come abbiamo già visto anche in precedenza, le risposte non saranno mai neutre e asettiche, ma condizionate dai dati scelti e, quindi, in ultima istanza, da una sensibilità politica. Il secondo è che non c’è bisogno dell’intelligenza artificiale per utilizzare in modo intelligente i dati a supporto delle scelte di governo. Un esempio è il caso del ponte di Genova, di cui si possedevano tutte le informazioni necessarie per evitare il disastro. Ma a valle dell’analisi dei dati ci sono valutazioni politiche, come quelle che riguardano l’allocazione delle risorse e il loro corretto utilizzo. A volte, quindi, la soluzione di un problema non dipende dai dati ma da altri fattori che rallentano le decisioni e le scelte rispetto ai bisogni della società. C’è sempre un momento di scontro con la burocrazia e con il mondo reale, in cui nulla è fluido come invece ci si aspetterebbe”. Una sfera su cui anche l’intelligenza artificiale non può intervenire.
ARRIVERÀ AL POTERE?
Potrà arrivare un giorno in cui sarà l’intelligenza artificiale a governarci? “Il fatto è”, conclude Bonesu, “che nel momento in cui si cerca di risolvere un problema con un sistema di intelligenza artificiale, dovremmo idealmente sottoporgli tutte le variabili in gioco e, quindi, non soltanto i dati nudi e crudi, ma anche tutti gli interessi che possono essere toccati da una determinata scelta. Occorrerebbe dare un peso a ciascuno di questi interessi e questo può succedere soltanto dopo un’analisi politica e, quindi, di parte. Insomma, non esiste una verità unica che possa essere data in pasto a un sistema di analisi perfetto per ottenere sempre e ogni volta la risposta migliore possibile. Mi pare un’ipotesi irrealistica, anche se è ancora molto forte un approccio tecnocratico in base al quale i tecnici avrebbero una competenza “salvifica”, tale da aiutarci a trovare sempre la soluzione più logica ai problemi”. Ma tutti sappiamo che non è così. Vediamo tutti i giorni come possa esserci disparità di vedute tra esperti anche di valore che operano nello stesso settore, come economisti, virologi, scienziati. L’utopia del buon governo sarà sempre attuale. Ma che a realizzarla possa essere l’intelligenza artificiale è davvero molto improbabile.
Donald Trump durante un comizio elettorale per le elezioni presidenziali del 2016 negli Stati Uniti. In seguito all’assalto al Campidoglio a Washington del 6 gennaio 2021 il suo profilo Twitter è stato bloccato, aprendo un dibattito sulla liceità della censura sui social media.
CHI È PAOLA BONESU
Laureata in Scienze politiche e specializzata in Comunicazione Politica, Paola Bonesu dopo la laura ha lavorato per una società di consulenza, Agenzia Elettorale, con la quale ha seguito alcune campagne elettorali a livello locale. Si è poi interessata anche ad altri campi, come il digitale e l’analisi dei dati. “Ho quindi lavorato per un certo periodo”, ci racconta, “per una startup di Milano che ha sviluppato un software per la raccolta e l’analisi dei dati parlamentari. Un’esperienza che mi ha avvicinata alle tecnologie di intelligenza artificiale per l’analisi dei testi e delle relazioni tra le persone, in particolare per individuare influencer o fare “prediction” dei voti in Parlamento e per un serie di applicazioni che fino a quel momento non avevo visto così da vicino”.
Durante quell’esperienza Paola Bonesu ha conosciuto Gabriele Lami, con cui ha fondato nel 2016 Elif Lab, un’azienda con sede a Monza che realizza soluzioni di intelligenza artificiale e di data science per settori molto diversi, che vanno dalla politica alla robotica, dall’agritech al legal. “Il nostro core tecnologico consolidato”, dice, “trova applicazione per esigenze e applicazioni molto diverse. All’inizio lavoravamo soprattutto sull’analisi dei testi, ambito in cui avevamo generato una maggiore esperienza, e poi ci siamo spostati ad analisi video, immagini e automazione completa. Ci occupiamo di fare design e sviluppo dell’algoritmo.
In ambito politico abbiamo continuato negli anni a seguire alcune campagne elettorali, soprattutto per l’analisi dei dati elettorali e parlamentari, a supporto di società che operano nel campo delle relazioni istituzionali e public affairs”.
IL CASO DI CAMBRIDGE ANALYTICA
Un esempio del fascino esercitato da un certo tipo di intelligenza artificiale e applicato alla politica è quello di Cambridge Analytica, la società britannica di consulenza politica, spesso interpellata da attori politici conservatori e poi caduta in disgrazia per il famoso scandalo scoppiato agli inizi del 2018. L’azienda aveva condotto profilazioni degli elettori statunitensi nelle elezioni presidenziali del 2016 e di quelli britannici in occasione del referendum sulla Brexit, utilizzando dati prelevati da Facebook senza il consenso degli interessati. “Si è trattato di un caso”, osserva Bonesu, “che ha fatto scalpore, ma i cui reali impatti sono difficilmente misurabili. All’epoca sicuramente recuperare dati da Facebook era molto più semplice di ora. Ma una volta realizzata la profilazione non è comunque così semplice ideare un messaggio politico su misura per ogni tipo di profilo e orientare a piacimento le intenzioni di voto. Negli Stati Uniti operazioni di questo tipo sono forse più semplici, non solo perché i budget a disposizione delle campagne elettorali sono decisamente superiori, ma anche perché la data delle elezioni presidenziali è sempre certa e l’agone politico è sostanzialmente polarizzato su due possibili alternative”. In Italia, con una pluralità di partiti e di opinioni, elezioni possibili in ogni momento e un sistema di governo che nasce da coalizioni anche estemporanee, i risultati di un intervento dell’intelligenza artificiale nell’indirizzare il voto sarebbero invece assolutamente imprevedibili. ©WE ROBOTS
È possibile ipotizzare che, un giorno, il governo di un Paese venga gestito da un supercomputer attraverso l’intelligenza artificiale? Se anche succedesse, il sistema non sarebbe impostato in modo neutrale, ma comunque sulla base di scelte politiche.