Veduta dall’alto del Green Data Center di ENI. Il centro di supercalcolo si trova a Ferrera Erbognone, in provincia di Pavia.
Il Green Data Center di ENI a Ferrera Erbognone, in provincia di Pavia, è una struttura unica, dove l’impresa dell’energia ha installato due supercomputer tra i più potenti al mondo, con eccezionali capacità computazionali.
di Riccardo Oldani
I parallelepipedi grigi e gialli si ergono sulla campagna, simili a enormi mattoni di Lego. Sono sei, organizzati in due gruppi speculari da tre, il Trifoglio Nord e il Trifoglio Sud. Dalla guardiola d’accesso, vicino al parcheggio, si percorrono a piedi almeno 200 m prima di entrare in uno degli edifici e avere così la certezza, incontrando persone in carne e ossa, di trovarsi sul Pianeta Terra e non in un film di fantascienza. Eppure, varcando la soglia d’ingresso, è forte la sensazione di entrare nel futuro.
Siamo in provincia di Pavia, a Ferrera Erbognone, nel perimetro della centrale elettrica ENI da oltre 1 GW di potenza, entrata in funzione nel 2004. Non siamo qui, però, a visitare questo impianto, ma a scoprire l’ENI Green Data Center, costruito in questo sito a partire dal 2011 e inaugurato nel 2013. Al suo interno si trova il centro di elaborazione dati di ENI che svolge un ruolo centrale nel percorso di digitalizzazione dell’azienda. Qui risiedono le applicazioni utilizzate a livello globale da tutti i dipartimenti e vengono gestiti postazioni di lavoro e traffico e-mail degli oltre 32.000 dipendenti sparsi per il mondo, anche quelli che lavorano sulle piattaforme offshore, negli headquarters direzionali, nelle centrali di generazione elettrica, nei centri delle energie rinnovabili o nei siti di estrazione più remoti del pianeta. Ma soprattutto, qui si trova il sistema di supercalcolo di ENI, uno tra i più potenti al mondo, grazie al contributo dei due supercomputer HPC4 e HPC5.
AI VERTICI MONDIALI
Parliamo di macchine dalle capacità di calcolo impressionanti. La prima è posizionata al numero 15 tra i supercomputer più potenti del mondo secondo la classifica Top500, elaborata ogni semestre a partire dal 1993 da un gruppo di esperti che raccolgono e organizzano dati su queste strutture di calcolo provenienti da tutto il mondo. HPC4 è attualmente posizionato al numero 53 della graduatoria, il cui ultimo aggiornamento risale a giugno 2023 e in cui si distinguono anche altre realtà italiane, tra cui Leonardo dell’EuroHPC/Cineca, il quarto supercomputer del mondo, e Marconi 100, anch’esso al Cineca di Bologna, al posto 26 della classifica.
HPC5, in particolare, è composto da 669.760 core e può raggiungere una velocità di elaborazione di picco di 51,72 Petaflop al secondo. Se si pensa che un Petaflop equivale a un milione di miliardi di operazioni al secondo si può avere un’idea della straordinaria potenza che questo supercomputer può mettere a disposizione di ENI.
Veduta notturna dei sei edifici che costituiscono il Green Data Center, realizzati secondo principi di architettura sostenibile. Grazie alla sapiente progettazione, la struttura vanta un indice di efficienza energetica PUE di 1,234, tra i migliori del mondo.
DALL’ENERGIA DI OGGI A QUELLA DEL FUTURO
Ma perché ENI ha deciso di dotarsi di strumenti di questo tipo? Ne parliamo con Gabriele Provana, Responsabile Digital & IT Governance & Strategy. “A livello strategico”, ci dice, “il supercalcolo serve a ENI sia negli ambiti dell’energia tradizionale di oggi sia in quelli dell’energia del futuro. Oggi lo usiamo per le indagini di geoscienze, per le analisi del sottosuolo o di modellazione dei processi e dei giacimenti. La competenza delle nostre persone insieme con la potenza di calcolo e la capacità di sviluppare software ci consentono di ottenere il meglio da questa struttura”.
In effetti non bastano i supercomputer da soli per risolvere un problema. Occorre innanzitutto sapere come utilizzarli. E per questo serve la capacità di sviluppare il software adatto. “La capacità di produrre codice proprietario per questa tecnologia di computazione, la potenza di calcolo e le profonde competenze in ambito geominerario sono i tre pilastri della nostra capacità di essere competitivi”, spiega Provana. “Al centro di tutto si trovano i nostri specialisti e le nostre persone, sia quelle che si occupano di geoscienze sia quelle che si occupano di tecnologia, parti fondamentali di un connubio virtuoso che funziona molto bene e ci sta dando buoni frutti. La nostra idea, però, è usare il supercomputing sempre di più anche in ambiti di sviluppo delle nuove tecnologie dell’energia e a supporto della transizione energetica e della decarbonizzazione, che sono obiettivi a breve termine. E poi, in prospettiva ancora più futura, i nostri supercomputer potranno darci un grande supporto nella complessa modellazione di alcuni componenti necessari per la ricerca sulla fusione nucleare a confinamento magnetico, tema su cui siamo molto impegnati”.
Le strutture che contengono il supercomputer HPC5 all’interno del Green Data Center. Al quindicesimo posto nel mondo per potenza di calcolo, è composto da 669.760 core e può raggiungere una velocità di elaborazione di picco di 51,72 Petaflop al secondo.
VERSO IL COMPUTER QUANTISTICO
Guardando ancora più in là, nella scala dei decenni, ENI sta anche sviluppando un forte interesse verso la computazione quantistica, o quantum computing, che si annuncia come la nuova frontiera del supercalcolo. Occorre una modellazione matematica molto complessa per simulare il funzionamento e le performance dei computer quantistici, ma anche per capire in che modo, a livello di business, si può trarre il massimo vantaggio dal loro utilizzo, e in questo HPC5 e HPC4 possono fornire un importante contributo. “Il computer quantistico”, osserva Provana, “può essere applicato a ogni tipo d’indagine, da quella sul genoma umano allo sviluppo di nuovi materiali, alla modellazione fluidodinamica complessa. Stiamo quindi studiando i campi di applicazione che potrebbero darci un vantaggio competitivo nei prossimi decenni nel settore dell’energia”. ENI già dal 2021 ha investito nella scaleup PASQAL, che lavora alla realizzazione di computer quantistici. Per l’azienda entrare nello sviluppo di questa tecnologia ha un valore strategico. Dice Provana: “Il computer quantistico nel breve periodo potrebbe affiancare la computazione ad alte prestazioni (HPC, High Performance Computing), fungendo da acceleratore per il supercomputing per alcuni calcoli intensivi specifici. Ma ancora più in prospettiva nel medio-lungo periodo potrebbe abilitare nuovi ambiti di computazione per la risoluzione di modellazioni complesse, quando saranno maturi lo sviluppo di codici, il software e gli ambienti dedicati al quantum computing, che potranno rappresentare anche una nuova frontiera di sviluppo per diversi business”.
Ricercatori al lavoro al MIT di Boston sul più grande magnete superconduttore del mondo per la fusione a confinamento magnetico. ENI investe in questa tecnologia e ha messo a disposizione i supercomputer del suo Green Data Center per il suo sviluppo. Foto ©Gretchen Ertl, CFS/MIT-PSFC
ECOSISTEMI DIGITALI
Il Green Data Center è anche uno strumento che consente di unire tra loro competenze interfunzionali, tecnologie, processi e diversi settori di business per aprire nuovi scenari. Un esempio, che illustra quanto il suo apporto possa essere utile anche per la collettività, è il suo ruolo in Exscalate4CoV, un progetto di ricerca europeo coordinato dalla Fondazione Dompè, collegata all’omonima casa farmaceutica, e mirato a trovare una cura efficace contro il Covid19 nel momento più critico della diffusione dell’epidemia. “In quel periodo, quando tutti eravamo chiusi in lockdown”, ricorda Provana, “abbiamo messo a disposizione 500 nodi del nostro supercomputer HPC5 per selezionare circa 10.000 molecole di principi attivi potenzialmente utili per una cura per il virus, partendo da una biblioteca di circa 3 miliardi di molecole. In un weekend di computazione, con la nostra competenza di calcolo e le conoscenze dei ricercatori della Fondazione Dompè, la selezione è stata fatta con successo. Anche questo uso dei supercomputer, pur non riguardando l’ambito energetico, è un modo di fare ecosistema e di mettere un’importante risorsa di calcolo a fattor comune, insieme a competenze funzionali e codici di sviluppo software che richiedono un complesso percorso”. Insomma, grazie al supercalcolo possono nascere tra aziende clienti e fornitori dei veri e propri ecosistemi digitali, piattaforme di collaborazione e di riferimento in grado di cambiare il modo con cui si approcciano e si risolvono determinati problemi.
I rack del supercomputer HPC5 nel Green Data Center ENI. Un complesso sistema di ventilazione, climatizzazione e filtrazione naturale assicura le condizioni ottimali di temperatura e umidità per il suo esercizio.
UNA RISORSA PER LE PERSONE
Al di là delle collaborazioni e della ricerca proiettata sul futuro, il Green Data Center è quotidianamente utilizzato in modo estensivo da ENI per sviluppare funzionalità e sistemi IT di ambito più classico, che supportano tutti i business, dal trading alla finanza, dalle bioraffinerie alle energie rinnovabili fino alle attività più classiche dell’esplorazione geologica. “Le capacità di calcolo del centro”, osserva Provana, “sono utilizzate non soltanto ai livelli più alti degli headquarters e del management, ma anche a beneficio degli uffici, nel commerciale, nei negozi retail di Plenitude per le forniture domestiche di gas e luce. Operiamo anche in ambienti estremi, dalle piattaforme oceaniche e dagli ambienti antartici fino ai deserti africani. Il Green Data Center ha la funzione di servire tutti questi mondi, connetterli in modo affidabile, scambiando e tutelando i dati. Questo non solo per rendere possibili meeting virtuali di lavoro, ma anche per consentire alle nostre persone negli angoli più remoti del mondo di avere un contatto diretto, affidabile e di qualità con le loro famiglie”.
La tecnologia, insomma, diventa un potente abilitatore a beneficio delle persone. “Noi serviamo tutti i nostri business in questo modo”, continua il manager ENI, “con una strategia Hybrid Multicloud, composta quindi da una commistione di cloud pubblici e privati, di strutture on premises e di servizi messi a disposizione da provider esterni. Dopo un decennio di attività il nostro Green Data Center è divenuto così un asset centrale per l’azienda”.
MODELLO DI EFFICIENZA ENERGETICA
Un supporto che, tra l’altro, non si distingue soltanto per la potenza di calcolo, ma anche come modello di sostenibilità. Il suo indice PUE (Power Usage Effectiveness, che misura l’efficienza energetica di un data center) ha un valore, certificato per l’anno 2022, pari a 1,234, che lo pone tra i migliori del mondo. I data center sono strutture particolarmente esigenti dal punto di vista dei consumi energetici, perché oltre all’energia necessaria per far funzionare i computer devono assicurare una temperatura di esercizio costante per evitare surriscaldamenti, oltre a dover alimentare una serie di servizi accessori al puro calcolo. Il PUE esprime proprio il rapporto tra il totale dell’energia consumata dal Centro e quella destinata alle sole necessità di calcolo. Pertanto, più basso è tale valore e meno energia, in proporzione, è richiesta dai servizi accessori e di raffreddamento. Le performance di efficienza espresse dal basso PUE del Green Data Center di ENI sono state ottenute grazie a una sapiente progettazione architettonica, insieme all’uso di tecnologie e sistemi all’avanguardia. Le grandi strutture in cemento dei sei edifici che compongono il Trifoglio Nord e il Trifoglio Sud sono state concepite per realizzare una ventilazione naturale in grado di portare alle unità di calcolo aria a temperatura e umidità controllate, oltre che filtrata per evitare la diffusione di polveri o impurità. Visitando i supercomputer si percepisce l’elevata temperatura emessa dalle varie schede elettroniche, ma soltanto quando ci si trova molto vicino alla parte posteriore dei rack, da cui fuoriesce il calore. Basta però allontanarsi di pochi metri per non averne alcuna percezione, proprio per l’efficienza del sistema di climatizzazione delle strutture.
SICUREZZA AL TOP
Inoltre, per fare in modo che le prestazioni di calcolo e di climatizzazione siano assicurate sempre e in ogni caso, tutto è ridondato all’interno del Green Data Center ed è stato concepito per resistere a calamità naturali come alluvioni o terremoti. La vicinanza con la centrale termoelettrica di Ferrera Erbognone assicura infine una costante fornitura di energia elettrica, al riparo da qualsiasi blackout.
Non solo. “L’efficienza”, osserva Provana, “non riguarda soltanto le strutture fisiche, ma anche le infrastrutture IT di telecomunicazione, il trasporto dei dati sulle reti, la qualità e l’efficienza con cui vengono scritti i software, fino ad arrivare agli algoritmi che oggi, con l’utilizzo del machine learning e dell’intelligenza artificiale, possono diventare un ulteriore elemento di ottimizzazione anche dei fabbisogni energetici complessivi del Centro. Il Green Data Center è quindi un asset che viene mano a mano integrato nel network globale dell’impresa. Il tutto rientra in una strategia di evoluzione digitale e di continua innovazione articolata su filoni specifici: l’efficienza, la resilienza, la realizzazione di servizi sempre più specializzati per la clientela, la digitalizzazione degli asset industriali, la valorizzazione e la tutela dei dati, nuovi modi di lavorare nelle diverse funzioni aziendali, ma anche la realizzazione di una data governance e di data platform per i diversi settori di business. Per farlo usiamo le migliori tecnologie a nostra disposizione, compresa anche in questo caso l’intelligenza artificiale e il machine learning”.
Le strutture del Green Data Center si innalzano sulla campagna di Ferrera Erbognone. ENI utilizza intensamente il centro di calcolo per tutte le attività connesse alla digitalizzazione d’impresa.
MODELLI 3D DEL SOTTOSUOLO
L’impiego di queste nuove tecnologie consente a ENI di valorizzare ulteriormente l’incredibile mole di dati operativi di cui dispone, in particolare quelli geologici ricavati dall’attività di esplorazione o di gestione dei giacimenti. Apre per esempio alla possibilità di creare “oggetti digitali” per rendere più disponibili e più fruibili i dati raccolti e condividerli tra le varie funzioni della società.
Un esempio molto concreto sono i modelli virtuali dei giacimenti o dei “campi” di estrazione di gas o di idrocarburi, che ENI è in grado di realizzare in modo molto preciso attraverso i dati raccolti sia durante la fase di prospezione e d’indagine di un giacimento sia durante l’utilizzo operativo.
È così possibile costruire modelli in 3D in grado di fornire informazioni dettagliate sulla tipologia del giacimento, il volume complessivo, il suo valore, gli anni previsti di utilizzo. Non solo. Quando il giacimento è esaurito può essere utilizzato in teoria per lo stoccaggio e il sequestro dell’anidride carbonica, una strategia considerata essenziale per far fronte al riscaldamento globale in aggiunta alla riduzione delle emissioni climalteranti. ENI è molto impegnata nelle attività cosiddette di CCUS (Carbon Capture Utilization and Storage), con progetti importanti in sviluppo in Regno Unito per creare una filiera virtuosa in grado di catturare la CO2 prodotta dalle attività industriali e in parte riutilizzarla realizzando prodotti sintetici oppure stoccandola nei giacimenti esausti.
DAL SOFTWARE ALLE PERSONE
Grazie all’impiego di nuove tecnologie, alla capacità computazionale e allo sviluppo di nuovi software è quindi ora possibile per ENI valorizzare molto di più i dati che ha a disposizione. In particolare, ricorda Provana, “un’attività strategica per sfruttare al meglio la potenza è lo sviluppo di software adeguati e studiati ad hoc. Noi abbiamo costruito una grande competenza nella realizzazione di codici proprietari e anche nel loro utilizzo. Abbiamo esperti che lavorano per creare software specifici per le nostre esigenze e per i supercomputer, ma anche tecnici, come i nostri geologi, che imparano a utilizzarli al meglio per risolvere problemi complessi, come per esempio la modellazione dei giacimenti. La competenza delle persone è indispensabile non solo per interpretare le risposte fornite dai supercomputer, ma anche per indirizzare gli algoritmi e personalizzarli in modo da ottenere risultati corretti”.
FUSIONE, L’ENERGIA DEL FUTURO
ENI utilizza i suoi supercomputer HPC4 e HPC5 anche per un progetto che potrebbe un giorno contribuire a un pieno accesso all’energia per l’umanità. Si tratta dello sviluppo della tecnologia di fusione a confinamento magnetico. Il progetto è condotto in collaborazione con importanti centri di ricerca, università ed enti nazionali e internazionali.
La fusione è il processo che alimenta il Sole e le altre stelle, è la reazione fisica che si innesca quando due atomi di idrogeno si fondono tra loro, liberando un’enorme quantità di energia. La tecnologia a confinamento magnetico è oggi la più studiata per cercare di replicare sulla Terra questo processo; utilizza potentissimi campi magnetici per mantenere confinato il plasma in cui avviene la fusione.
In questo contesto ENI fin dal 2018 ha investito in CFS (Commonwealth Fusion Systems), spin-out del MIT (Massachusetts Institute of Technology), divenendone azionista strategico, con cui collabora attivamente per accelerare l’industrializzazione della tecnologia di fusione.
Nel 2021 CFS ha ottenuto un importante risultato testando con successo un magnete con tecnologia superconduttiva HTS, il più potente del genere al mondo. Il risultato raggiunto è un importante passo nell’impegno di CFS per la realizzazione di un futuro impianto dimostrativo, chiamato SPARC.
Per supportare il lavoro di progettazione dei magneti utilizzati nel processo e per simulare il comportamento del plasma, i supercomputer dell’ENI Green Data Center forniscono un importante contributo.
Il magnete superconduttore realizzato nel 2021 da CFS e dal Plasma Science and Fusion Center del MIT di Boston, tappa fondamentale nello sviluppo di un reattore di fusione a confinamento magnetico. Foto ©Gretchen Ertl, CFS/MIT-PSFC
UN’ALLEANZA PER IL COMPUTER QUANTISTICO
Nei laboratori i computer quantistici stanno dimostrando di funzionare e di avere grandi potenzialità da un punto di vista teorico. Sul mercato hanno già cominciato ad affacciarsi aziende che non solo lavorano al loro sviluppo commerciale, ma che stanno anche progettando sistemi operativi e ipotizzando applicazioni adatte a questi calcolatori dalle prestazioni eccezionali, che in un prossimo futuro potranno rispondere alle esigenze di imprese e istituzioni che intenderanno avvalersene. Fondata nel 2019, PASQAL è una di queste realtà, nata per iniziativa di un gruppo di studiosi ed esperti di informatica quantistica, tra cui il premio Nobel per la Fisica 2022 Alain Aspect, uno dei pionieri di questa disciplina.
PASQAL, che ha sede vicino a Parigi, ma anche uffici ad Amsterdam e in Canada, lavora allo sviluppo di computer quantistici ad atomi neutri, basati su una tecnologia di confinamento degli atomi che si sta rivelando molto promettente. Ha anche già venduto alcuni suoi computer quantistici a centri di supercalcolo in Europa.
La sua attività ha riscosso grande interesse da parte di investitori privati e pubblici, al punto che la società ha già raccolto 140 milioni di finanziamenti in equity. ENI ha investito in PASQAL nel 2021, attraverso il proprio veicolo di corporate venture capital ENI Next, e lo scorso anno ha avviato una collaborazione per lo sviluppo di soluzioni HPC d’informatica quantistica di ultima generazione per il settore energetico. Secondo il management di PASQAL già nel 2024 sarà possibile produrre un computer quantistico da 300 qubit, una dimensione in grado di superare gli attuali problemi di stabilità e di affidabilità e di permettere le prime applicazioni prototipali del suo hardware. ©WE ROBOTS
Prototipo di computer quantistico destinato alla commercializzazione sviluppato da PASQAL. Foto ©PASQAL