TouchDiver, dispositivo sviluppato dalla spinoff WeArt, si usa in abbinata a un visore di realtà virtuale.
Le chiamano “wearable technologies” e la loro storia commerciale è iniziata con gli smartwatch e i braccialetti fitness che controllano le pulsazioni e contano i passi. Ma la loro nascita è precedente, ed è avvenuta nei laboratori di robotica.
di Riccardo Oldani
Abiti che cambiano di colore in base alle emozioni o regolano la temperatura su quella di chi li indossa. Magliette che monitorano i parametri fisici degli atleti e fascette elastiche che controllano le funzioni vitali dei neonati senza bisogno di cavi e connessioni alle macchine. In un mondo in cui tutto è “intelligente” non potevano mancare gli “smart textiles”, i tessuti smart. Fino a poco tempo fa una curiosità confinata ai laboratori di ricerca, oggi iniziano a diffondersi nel mondo reale grazie allo sviluppo di filati dotati di sensori miniaturizzati o capaci di condurre calore ed elettricità.
Addetto alla manutenzione di una turbina eolica che indossa un airbag WorkAir sviluppato dal D-Air Lab, startup creata dal gruppo Dainese.
PARTITI DALLE PROTESI
Le aziende della moda stanno ragionando su possibili utilizzi e cominciano a proporre qualche creazione. Ma è soprattutto nell’abbigliamento professionale che si vedono interessanti novità, spinte da istituti di ricerca impegnati sul fronte delle tecnologie indossabili, un settore molto vicino alla robotica.
In Italia l’attività in questo ambito è intensa. La Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Istituto Italiano di Tecnologia, pionieri della biorobotica, lavorano da oltre quindici anni allo sviluppo di protesi di mano e braccio capaci di captare e convertire in comandi i deboli segnali elettrici generati dai muscoli quando si contraggono. Studi che si sono tradotti in prodotti veri e propri grazie alla collaborazione con il Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio, in provincia di Bologna, centro di eccellenza del settore.
L’infografica mostra due casi di utilizzo dell’airbag WorkAir, che si attiva automaticamente sia in caso di caduta al suolo, sia anche nell’eventualità che un soggetto imbragato sbatta contro una parete o una superficie verticale.
UNA MAGLIETTA PER CHI LAVORA
Le tecnologie di sensoristica sviluppate per le protesi possono essere utilizzate anche in indumenti per prevenire gli infortuni sul lavoro, strada che Inail ha iniziato a perseguire da qualche anno e che ha portato allo sviluppo di speciali magliette sensorizzate pensate per segnalare a chi lavora eventuali situazioni di pericolo.
Da un bando Inail del 2018 è nato un progetto di ricerca, conclusosi nell’autunno del 2021, che ha portato alla nascita di questo speciale indumento da lavoro, pensato per la prevenzione degli infortuni. Il progetto in questione si chiama Sense Risc, è stato coordinato da un gruppo di ricerca dell’Università La Sapienza di Roma, e ha dato vita a una tee-shirt che ora Inail intende introdurre sul mercato. “Si tratta”, ci spiega Mara Stefanelli del Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici dell’istituto, “di un indumento realizzato in un tessuto, lavorato con una speciale tecnica serigrafica, che integra sensori per rilevare parametri come la sudorazione, la respirazione e la frequenza cardiaca. Un dispositivo grande come una moneta da due cent rileva la presenza di stirene, una sostanza tossica che può liberarsi in impianti di produzione come i cantieri navali”.
Tutti i sensori sono connessi in wireless e possono inviare i dati al cloud, dove un algoritmo di intelligenza artificiale li analizza in continuo per verificare le condizioni di lavoro. Se viene individuata una possibile situazione di rischio, il lavoratore viene avvertito sul suo smartphone per invitarlo a una pausa o a fare attenzione. “Abbiamo pensato anche agli aspetti pratici”, dice Stefanelli, “sviluppando un prodotto robusto, lavabile, riutilizzabile e con un costo inferiore ai 100 euro che potrebbe scendere con elevati volumi di produzione”. Il tutto con il massimo rispetto della privacy dei lavoratori. “L’obiettivo del nostro lavoro”, conclude Stefanelli, “è produrre dati e informazioni destinati al lavoratore per la sua sicurezza, e non al suo datore di lavoro per controllarlo”.
Capi della collezione autunno-inverno di Dior sviluppati con il contributo di D-Air Lab, che vi ha incorporato airbag o “smart textiles” in grado di illuminarsi.
DALLA MODA ALLA SALUTE
In un ambito simile opera anche Dainese, celebre per le sue tute da motociclismo, che nel 2015 ha creato una startup innovativa, D-Air Lab, già approdata a interessanti risultati. Tra questi WorkAir, un airbag per la protezione dei lavoratori testato da Enel, la tuta Antarctica per regolare la temperatura anche in ambienti fino a -80 °C, speciali giubbetti con airbag per motociclisti e ciclisti che si attivano in pochi millesimi di secondo quando la posizione del corpo è compatibile con quella di una caduta. Il laboratorio di Dainese ha collaborato anche con la maison Dior nella creazione di capi high-tech per la prossima collezione autunno-inverno.
Sempre sui tessuti intelligenti lavora un’altra azienda italiana, la Comftech. Si trova a Monza e tra i suoi partner c’è anche la squadra di calcio della città, appena promossa in Serie A e tra i protagonisti del calciomercato. Gli atleti del Monza usano infatti speciali canotte collegate a un dispositivo che raccoglie e invia sul cloud i loro parametri sotto sforzo, in modo da consentire ai tecnici di valutarne il livello di preparazione. Comftech, che li produce, è una delle prime aziende italiane ad avere intuito le potenzialità dei tessuti intelligenti.
Il sistema iFeel messo a punto da IIT consente di trasferire a un robot i movimenti di chi lo indossa
TUTE DA LAVORO ED ESOSCHELETRI
Il monitoraggio istantaneo dei parametri fisici e la loro elaborazione sono sempre più ipotizzati anche negli ambienti di lavoro. Uno dei progetti precursori in questo ambito è ancora di IIT. Denominato AnDy ha portato allo sviluppo di una tuta sensorizzata in grado di rilevare situazioni di stress misurando valori come il livello di sudorazione, il battito cardiaco e la pressione sanguigna. Il progetto ha poi portato alla nascita di tecnologie per migliorare l’ergonomia nel rapporto tra uomini e robot, riducendo al minimo stress fisico e cognitivo. Ha anche generato nuove idee, come quella della tuta iFeel, che grazie a sensori e telecamere traccia i movimenti corporei di chi la indossa per trasferirli a un robot che opera a distanza.
IIT è attiva anche nella messa a punto di un’altra tecnologia indossabile che sta prendendo piede negli ambienti di lavoro, quella degli esoscheletri per uso industriale, strutture pensate per alleviare gli sforzi sulle spalle, sulle braccia e sulle gambe di chi è costretto a posizioni o movimenti faticosi. Esistono già sul mercato diversi esoscheletri, prodotti da aziende come Comau, Ottobock, dalla francese Japet e da alcuni gruppi giapponesi. L’Istituto Italiano di Tecnologia, anche in questo caso in collaborazione con Inail, sta lavorando a tre prototipi, denominati XoTrunk, XoShoulder e XoElbow, pensati per ridurre fino al 40% lo sforzo di operatrici e operatori in ambito industriale, manifatturiero, logistico e delle costruzioni. Secondo Inail le patologie a carico del sistema muscolo-scheletrico costituiscono il 68% di tutte le malattie professionali denunciate all’istituto (dati 2020) e i tre dispositivi in fase di sviluppo hanno lo scopo di mitigarne le cause.
Il modello in fase più avanzata di sviluppo è XoTrunk, un robot indossabile in alluminio e speciali plastiche per uso aerospaziale che alleggerisce carichi fino a 20 kg. Risultato ottenuto grazie all’impiego di due motori elettrici e di algoritmi di intelligenza artificiale che regolano l’assistenza sulla base dei movimenti di chi lo indossa. Il dispositivo è in fase di test in aziende partner, in particolare un’officina di riparazioni auto, dove molte lavorazioni richiedono agli addetti di tenere le braccia sollevate sopra la testa a lungo, una posizione particolarmente scomoda.
Per la commercializzazione di questo dispositivo è stata creata una startup di IIT, chiamata Proteso. ©WE ROBOTS
L’esoscheletro XoTrunk è stato provato anche da addetti aeroportuali che segnalano le manovre di rullaggio ai piloti.