La domanda di robot è cresciuta costantemente negli ultimi anni. In classifica brilla Italia, con incrementi superiori alla media. Nella foto di apertura: Domenico Appendino, Presidente di SIRI, Associazione Italiana di Robotica e Automazione.
Da anni Domenico Appendino, Presidente di SIRI, Associazione dei produttori italiani di robot, sottolinea nei suoi interventi il ruolo preminente dell’Italia nel settore e i suoi livelli di crescita, superiori alla media europea.
di Andrea Pagani
Cresce la diffusione di robot a livello mondiale, Italia inclusa: lo certificano le statistiche elaborate da SIRI, associazione che nasce nel 1975 per approfondire i temi relativi alla robotica, che vedono l’Italia nelle posizioni di vertice per quanto riguarda le nuove installazioni.
Anche globalmente i dati diffusi da IFR, International Federation of Robotics, l’organismo che collega le Associazioni di Robotica dei Paesi più industrializzati del quale SIRI è membro, hanno mostrato un balzo in avanti nel 2022. Un dato che non stupisce, poiché è l’automazione flessibile – di cui la robotica è la massima espressione – a rendere le aziende più sostenibili e produttive. Sono queste alcune delle tematiche che abbiamo toccato insieme al Presidente di SIRI, Ing. Domenico Appendino.
Come già avviene in altri settori manifatturieri, anche nell’uso dei robot l’Italia si distingue nel panorama mondiale. Tra i dati raccolti da SIRI e IFR, quali sono quelli più significativi?
Se analizziamo i più recenti dati elaborati dalla International Federation of Robotics (IFR), il primo numero che balza agli occhi sono i quattro milioni di robot operativi nel 2023. Un valore decisamente importante, soprattutto se consideriamo che nel 2020 erano solo tre milioni.
Nel frattempo, abbiamo convissuto con una pandemia globale e purtroppo con delle tensioni geopolitiche sfociate in guerre che hanno scosso tutti i mercati. In questo complesso panorama l’Italia esce a testa alta: consolida la propria posizione al sesto posto globale per numero di robot installati e cresce in termini percentuali più di Paesi come la Germania, unica in Europa a occupare un posto più alto nella graduatoria.
Anche ampliando il punto di vista, la crescita negli ultimi 5 anni ci vede protagonisti assoluti con una media dell’8% contro il 7% a livello globale e il 4% della Germania, quindi posso affermare che la situazione sia assolutamente positiva.
Tra gli ambiti applicativi in costante crescita per i robot, la saldatura occupa un posto di rilievo. Merito della maggiore qualità e produttività o “colpa” della ridotta disponibilità di manodopera qualificata?
Sicuramente è una combinazione di questi fattori. Innanzitutto, ricordiamo che la saldatura è la seconda applicazione nel mondo per la robotica dopo la manipolazione.
Inoltre, un robot di saldatura appartiene alla categoria dei robot di processo, i quali in genere hanno due funzioni: da un lato eseguire attività che l’uomo, per i motivi più disparati, non vuole o non può fare; dall’altro assicurare alle aziende un processo costante e una migliore qualità.
Non dimentichiamo inoltre il fattore flessibilità: un robot è in grado di rispondere con grande velocità ai cambiamenti di mercato, può essere riprogrammato e riutilizzato o modificato per svolgere altri compiti. Nella saldatura questo è un vantaggio particolarmente apprezzato e risponde anche alla scarsa disponibilità di professionisti del settore.
La saldatura robotizzata offre grande qualità e produttività e risponde alla scarsità di manodopera qualificata.
L’elettronica guida ormai per numero di installazioni, avendo superato da tempo l’automotive. Pensa che la mobilità elettrica possa mescolare ulteriormente le carte?
In questo caso è più una questione di classificazione che di effettivo impiego dei robot. Ormai da decenni parliamo di elettronica, automotive, metalmeccanica, plastica o food&beverage, tutti settori nei quali la robotica è cresciuta costantemente.
Oggi accertare se una scheda elettronica sia destinata a una vettura elettrica o se una batteria al litio debba alimentare un’auto o un sistema di accumulo domestico è davvero complesso. Una cosa è certa: nel 2020 c’è stato nel mondo il sorpasso delle vendite per applicazioni legate all’elettronica rispetto all’automotive. Il motivo è da cercare nel boom del primo rispetto alla maturità del secondo, ma in definitiva ci si riduce a un puro esercizio statistico: è innegabile che la crescita dell’installato sia costante, con alti e bassi ma pur sempre con un segno “più”.
Anche i robot, al pari di altre macchine, sono soggetti a potenziali rischi legati alla sicurezza informatica?
La flessibilità deriva anche dalla capacità di una macchina di dialogare con altri sistemi. Ovvio che ovunque ci sia comunicazione ci siano anche delle “porte aperte” che possono essere sfruttate da malintenzionati.
La cybersecurity è dunque una disciplina che merita di essere considerata con attenzione: penso che un minimo livello di rischio esista, ma è sufficiente seguire le indicazioni dei costruttori di robot o degli integratori per mantenersi in una condizione di ragionevole tranquillità.
Anche perché l’alternativa è un netto passo indietro: stiamo apprezzando il valore aggiunto di Industria 4.0, che fa della connettività il “motore” di questa quarta rivoluzione industriale, e non sfruttarne le possibilità al giorno d’oggi è decisamente anacronistico.
Confermo quindi che sia importante gestire al meglio la sicurezza informatica dei propri impianti connessi, robot inclusi, perché il vantaggio che se ne ottiene è esponenziale.
“Dalla crisi post-Covid”, dice Appendino, “l’Italia esce a testa alta: consolida la propria posizione al sesto posto nel mondo, facendo registrare, nell’ultimo quinquennio, una crescita media delle installazioni dell’8%, superiore al 7% globale”.
Oggi i riflettori sono puntati sui cobot, ma al momento sono ancora i robot industriali a trainare il settore. Valuta che sia plausibile un’inversione di tendenza nel breve-medio periodo?
Quello dei cobot è un settore molto giovane e tuttora in fase di sviluppo ed evoluzione, ma si tratta pur sempre di una sottofamiglia dei robot industriali.
Diciamo che forse il maggior pregio dei cobot è quello di riuscire a fare breccia nelle piccole e medie imprese grazie a un cambio di paradigma: la flessibilità è ora al primo posto grazie a dispositivi facilmente riprogrammabili, riposizionabili e convertibili, mentre le grandi imprese con le celle robotizzate hanno puntato su velocità e produttività.
Anche per una questione di maggiore disponibilità economica si sono diffuse prima queste ultime, ma è indubbio che la domanda delle PMI sia in crescita. Indicativamente, dei 500.000 robot venduti nel 2022 circa il 10% è di tipo collaborativo: una quota minoritaria ma non trascurabile, e che probabilmente tenderà a crescere nei prossimi anni.
L’elettronica guida la classifica in termini di numero di installazioni dopo aver superato da qualche anno l’automotive.
In occasione della 34.BI-MU tornerà anche l’area espositiva RobotHeart dedicata alla robotica: cosa avete “raccolto” dalla prima edizione e quali novità ci aspettano quest’anno?
RobotHeart è stata l’iniziativa all’interno di BIMU 2022 che ha riscosso maggiore successo. E non poteva che essere altrimenti, visti i numeri di cui abbiamo parlato.
Nelle aziende c’è interesse, curiosità, voglia di capire come utilizzare i robot e l’automazione flessibile per fare di più e meglio. Per BIMU 2024 l’area RobotHearth sarà dunque confermata nella forma e nella sostanza, con momenti di condivisione tecnica e occasioni di incontro tra domanda e offerta. Per dare un’idea dell’importanza dell’evento, per la prima volta IFR terrà la propria assemblea proprio in Italia in occasione di RobotHearth.
Ma non saranno solo i robot a essere protagonisti: tra espositori e visitatori, ci saranno costruttori, integratori, università, centri di ricerca e startup.
All’interno di un impianto robotizzato, infatti, i robot rappresentano circa un terzo dell’investimento economico e delle tecnologie presenti. Il resto è progettazione, sviluppo, attrezzature, altre macchine, software ... Per questo è importante concentrarsi sempre più sui sistemi in cui i robot operano e non solo sui robot come singoli dispositivi. Ed è bene ribadire ancora una volta che le aziende italiane che si occupano di integrazione sono tra le migliori e il loro lavoro viene apprezzato ovunque nel mondo.
Se da un lato possiamo definire la robotica un “settore”, dall’altro sono convinto che abbia moltissime sfaccettature. Anche per questo partecipare a RobotHearth in occasione della 34.BI-MU, dal 9 al 12 ottobre 2024, sarà fondamentale per chiunque si occupi di robot o necessiti di soluzioni per l’automazione flessibile. ©TECN’È
“Quello dei cobot è un settore molto giovane e tuttora in fase di sviluppo ed evoluzione”, afferma Domenico Appendino.