16 maggio 1960: il primo laser!
L’utensile laser è ormai da anni parte attiva della nostra vita quotidiana e non sembra affatto dimostrare la sua età, anche se nel 2020 celebra il suo sessantesimo compleanno. Era il 16 maggio 1960...
di Antonio Vendramini
Il 16 maggio 1960 Theodore Maiman, giovane ricercatore di fisica presso gli Hughes Research Laboratories in Malibu, in California, invece di godersi il panorama del Pacifico dalle finestre con ampia vista del suo nuovo ufficio sulle colline, uscì dalle chiuse stanze sotterranee per annunciare al mondo che aveva trovato la prima “scintilla” del laser.
Più tardi, il 7 luglio 1960, in una conferenza stampa svoltasi a New York, il Dr. Maiman disse: “Siamo qui per annunciare che è stato possibile raggiungere un obiettivo che gli scienziati hanno sognato da molti anni (ndr: dalla previsione di Einstein del 1917 sulla emissione stimolata): per la prima volta nella storia è stato possibile ottenere una luce ‘coerente’. In altre parole, possiamo dire che il ‘laser’ lungamente sognato non è più un inafferrabile sogno, ma un fatto concreto”.
Tra le mani del giovane Theodore Maiman i componenti del primo laser. Da sinistra: la struttura riflettente, la lampada flash e il cristallo di rubino, su un supporto. Siamo nel maggio 1960. Fonte Prof. Siegman
Come è stato possibile tutto questo? Occorre rileggere quanto raccontato dallo stesso scienziato: “Partendo da una lampada a spirale, utilizzata come flash per scopi fotografici, avente al proprio interno una barretta di cristallo di rubino, ponemmo questo insieme all’interno di una cavità con specchi cilindrici. Non più calcoli, non più esperimenti devianti. Questo era il momento della verità! Applicando una alimentazione di 500 V alla lampada, l’accendemmo e osservammo sull’oscilloscopio la traccia del decadimento nel rosso del rubino. Quando portammo invece l’alimentazione a 950 V tutto cambiò. La traccia sull’oscilloscopio mostrò un impulso di luce a 694,3 nm, subito seguito dal decadimento della luce fluorescente. Voilà: il laser era nato” (T.H.Maiman, “The Laser Odissey”, Laser Press, Washington, 2000, cap. 10).
Il mondo scientifico internazionale rimase incredulo di fronte alla notizia, almeno per due ragioni: la grande semplicità dei componenti utilizzati per la realizzazione dell’esperimento e la facilità con cui l’azione laser era stata ottenuta; la natura e le caratteristiche dell’elemento utilizzato (rubino) con cui appariva molto difficile ottenere l’azione laser.
Sempre nella conferenza stampa del 7 luglio 1960, Maiman preannunciava che, a suo avviso, “il laser avrebbe avuto cinque ampie classi di applicazioni: come luce concentrata per l’industria, la chimica e la medicina; nella ricerca; nelle comunicazioni terrestri a larga banda; come amplificatore di luce; nelle comunicazioni interspaziali”.
Come si vede, si era ben lontani da quanto poi è stato realizzato.
Laboratorio laser al Politecnico di Milano alla fine degli anni Sessanta. Al centro, senza camice, il Prof. Orazio Svelto. Fonte Prof. Svelto
GLI ANNI DELLE SCOPERTE
Va tenuto presente che in quegli anni numerosi erano i laboratori sia privati, in prevalenza, sia pubblici, come le Università, che avevano intravisto le grandi possibilità che potevano essere offerte da questo “raggio di luce coerente”. Queste possibilità erano focalizzate prevalentemente al settore delle telecomunicazioni – da cui il grande interesse di società come Bell Telephone, Hughes, IBM, attive nel comparto –, ma anche alla spettroscopia e all’ambito militare – eravamo nel pieno della guerra fredda e molte ricerche erano finanziate dai governi –.
A contribuire al clima d’incertezza sull’importanza della scoperta contribuì anche la confusione creatasi attorno al laser stesso, poiché la sua configurazione venne prefigurata negli stessi anni da un giovane e sveglio ricercatore della Columbia University, Gordon Gould, che stava indipendentemente pensando all’idea di un sistema laser eccitato otticamente mediante lampada e in cui il materiale attivo – nel caso di Maiman il rubino – fosse inserito tra due specchi piani e paralleli. Da notare che fu Gordon Gould a formulare il nome LASER per questo ipotetico dispositivo, che Theodore Maiman invece continuò a chiamare, ambiguamente, maser-ottico.
Il problema maggiore nacque dal deposito da parte di Mr. Gould di un brevetto USA già nel 1958, brevetto fondato su due note di poche pagine, senza alcun risultato sperimentale, ma solo idee, ma ben due anni prima dell’effettiva scoperta sperimentale di questo dispositivo. Questo fatto determinò un blocco allo sviluppo tecnologico dell’invenzione di Theodore Maiman, poiché il brevetto di Gordon Gould imponeva una royalties su tutto quanto uscisse dagli USA sull’argomento per un periodo di trent’anni.
Per tali motivi, fin da inizio anni Settanta, i laboratori degli Enti di ricerca dedicarono gran parte della loro attività allo sviluppo di nuove sorgenti laser, alla ricerca della “sorgente del futuro” in termini di: funzionamento continuo, potenza e lunghezza d’onda di emissione; per inciso, in questa affannosa ricerca fu coinvolto anche il nostro paese. Citando alcune date, va sottolineato che: nel 1961 venne sviluppata la prima sorgente in fibra, nel 1963 il laser a CO2 e, nel 1970 gli attuali laser a diodi, basati su giunzioni etero-strutturali.
Occorre evidenziare, a questo punto, che, per i laser in fibra, dopo le prime importanti applicazioni nel campo delle telecomunicazioni, è stata necessaria l’intuizione di Mr. Valentin Gapontsev, oltre quarant’anni dopo, per il loro utilizzo nelle lavorazioni meccaniche, mentre per i laser a CO2 fu necessario attendere circa cinque anni per vedere le prime applicazioni d’incisione di substrati ceramici e ben quindici anni per le prime applicazioni industriali di taglio delle lamiere ferrose con assistenza di ossigeno.
In quegli anni, il laser era considerato: “una brillante soluzione in cerca di problemi” anche perché le sorgenti sviluppate non risultavano applicabili, per la loro limitata potenza e per le caratteristiche prototipali intrinseche, alle lavorazioni meccaniche pensate allora principalmente per il comparto automobilistico, prevalentemente saldatura e tempra.
Schematizzazione del riporto laser convenzionale LMD (a sinistra) e quello ad alta velocità EHLA. Fonte Fraunhofer ILT
L’ATTUALE SITUAZIONE
Come oggi tutti possono constatare, il laser, precedentemente descritto come “una brillante soluzione in cerca di un problema”, va considerato “una brillante soluzione per molteplici problemi sia in campo scientifico sia industriale”. Una riprova di quanto detto è il Premio Nobel per la Fisica 2018 conferito al Prof. francese Gérard Mourou per invenzioni rivoluzionarie nel campo della fisica dei laser, con molteplici risvolti applicativi sia scientifici sia industriali, come lo smaltimento delle centrali nucleari.
Il cambiamento è avvenuto verso fine anni Settanta quando gli addetti ai lavori si sono accorti che non era più utile la rincorsa verso nuove, ipotetiche sorgenti. Dopo la presentazione dei primi impianti laser per la lavorazione della lamiera alla EMO di Milano del 1979, questa tipologia di applicazione copre oggi oltre il 50% dell’intero fatturato industriale delle lavorazioni meccaniche con fasci laser.
Tenendo conto dell’interesse dei nostri lettori verso le applicazioni meccaniche cosiddette pesanti, presentiamo, come esempio, in estrema sintesi, alcuni dei recenti sviluppi di questi impieghi, sperando che possano essere da stimolo per le imprese dei comparti industriali coinvolti.
Riporto di polvere su un pistone idraulico con la tecnica EHLA ad alta velocità. Fonte Fraunhofer ILT
RIPORTI SU SUPERFICI METALLICHE
Il deposito di strati più o meno spessi in base all’applicazione di materiali resistenti a usura e corrosione su superfici ferrose, per migliorarne le caratteristiche, è una tecnologia impiegata da tempo. All’inizio degli anni Ottanta, quando fu chiaro che l’uso del laser nella tempra era difficile dal punto di vista applicativo per la scarsa potenza assorbita dal materiale, venne sperimentata la tecnica del riporto diretto di polveri metalliche tramite fasci laser, denominata LMD, Laser Metal Deposition. Questa tecnologia risultò vincente rispetto a quelle tradizionali – cromatura galvanica, deposito ad arco – per il migliore legame metallurgico tra strato depositato e materiale, ma economicamente applicabile prevalentemente solo su aree estremamente contenute.
La situazione è cambiata dopo la recente regolamentazione europea che pone limitazioni sull’uso di tecniche di deposito con materiali contenenti polveri metalliche in cui si ha la presenza diretta o indiretta di cromo esavalente, in quanto potenzialmente cancerogeno. Per ovviare a questa limitazione, i ricercatori dell’Istituto Fraunhofer ILT di Aachen, in Germania, hanno sviluppato una tecnica di deposito laser di materiali ad alta velocità, denominata EHLA, acronimo tedesco da High Speed Laser Material Deposition. Le polveri spruzzate vengono fuse dal fascio laser prima di giungere sul bagno fuso su cui, quindi, cade del materiale liquido e non solido. In tal modo, oltre a ridurre l’energia ceduta al materiale, viene evitata la vaporizzazione di parte delle polveri e, conseguentemente, rispettata la Direttiva UE. La tecnica EHLA consente quindi di rivestire superfici, anche sensibili al calore, a velocità di deposizione elevate: da 100 a 250 volte maggiori rispetto al metodo convenzionale LMD. È così possibile rivestire anche superfici estese in tempi rapidi: un nuovo interessante settore applicativo per il laser.
Schematizzazione della saldatura laser con molte passate a gap stretto con l’impiego di un laser a 1 µm. Fonte Fraunhofer IWS
SALDATURE DI ELEVATI SPESSORI
Convenzionalmente, è risaputo che anche con la saldatura profonda e le attuali sorgenti industriali è difficile saldare strutture metalliche con spessori superiori ai 15-20 mm e che per valori superiori è necessario ricorrere a tecniche MIG o ad arco sommerso in cui, però, oltre a tempi lunghi di lavorazione va previsto un grande consumo di materiale d’apporto e forti distorsioni termiche.
Al fine di superare queste limitazioni e allargare il campo di applicazione della saldatura laser, l’Istituto Fraunhofer IWS di Dresda, in Germania, ha sviluppato la tecnica laser-multi-passate-gap-stretto MPNG, Laser-Multi-Pass-Narrow-Gap, focalizzata particolarmente su pareti molto spesse. Questa metodologia trova applicazione su classici acciai strutturali, acciai resistenti al calore, materiali a base nichel e leghe speciali di alluminio, materiali che trovano ampio impiego nel comparto energetico. Operativamente, partendo da circa 3-5 mm dal fondo occorre realizzare una scanalatura tra le superfici da saldare, con un angolo che può essere anche di 3° se vengono utilizzate sorgenti a 1 µm come quelle a fibra o a disco, altamente focalizzabili. Con il laser si salda direttamente – senza filo d’apporto – la radice di 3-5 mm. Utilizzando il filo d’apporto vengono poi eseguiti tanti cordoni di saldatura fino a riempire la scanalatura. In questo modo, con potenze laser di soli 3-4 kW, è possibile eseguire saldature per spessori da 15 a 50 mm, garantendo: ridotta energia termica entrante, cordone privo di criccature e mancanze di fusione, distorsioni trascurabili. In sostanza: un metodo efficiente e a basso costo. ©TECNeLaB
Microsezioni del cordone ottenuto saldando alluminio con tecnica MPNG utilizzando un laser in fibra da 4 kW. Fonte Fraunhofer IWS